Non profit

La sfida di Zamagni: «Caro terzo settore ora esci dal ghetto»

Il presidente dell'Agenzia ospite in redazione

di Redazione

Stefano Zamagni, presidente della Agenzia per il terzo settore, incontrando le associazioni del comitato editoriale di Vita lo scorso Primo luglio, ha lanciato parecchie provocazioni. Eccole.

La giustizia sociale
Grazie alla battaglia per la sussidiarietà, per vent’anni il terzo settore è stato la punta di avanguardia del Paese. Ma ora che la sussidiarietà è un concetto assodato, ha bisogno di una nuova idea forte. Questa idea è la giustizia sociale: «Tutti gli indicatori dicono che in Italia aumentano le disuaglianze. Come si può star zitti di fronte allo scandalo di una forbice che continua ad allargarsi e accontentarsi di fare un po’ di redistribuzione?».

Gli assessori-lievito
Zamagni cita il paradosso di Böckenförde, secondo cui il mercato vive di presupposti che consuma ma che non è in grado di darsi: fiducia, simpatia e reciprocità. Chi deve allora generare e rigenerare continuamente questi presupposti? «Il terzo settore deve essere emergentista, cioè un settore che va a contaminare le logiche di azione degli altri soggetti». Ben vengano, in questo senso, assessori locali provenienti dal non profit, a patto che «siano lievito».

Settore produttivo
Il secondo livello di welfare, ovvero delle prestazioni che vanno oltre i Lea e i Lep, sono un ambito che Zamagni vorrebbe in gestione al terzo settore: «Bisogna rilanciare il terzo settore produttivo, un terzo settore redistributivo non basta». Come? «Per esempio con le obbligazioni di impatto sociale che gli inglesi hanno e noi no. E sapete perchèé? Perché da noi qualcuno ha interesse che il non profit sia elemosiniere».

I due cavalli di Platone
Il professore mette però in guardia da una deriva uguale e contraria a quella efficientista che ha generato ingiustizie sociali così ampie: «Platone nel Fedro scrive che il solco sarà dritto e il raccolto abbondante se i due cavalli marciano alla stessa velocità: l’efficienza è uno dei due cavalli, ma non può correre da solo, l’altro deve essere la solidarietà/giustizia sociale. Mettere in antitesi la giustizia sociale e l’efficienza è il massimo dell’ignoranza».

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