Welfare
La sfida del lavoro sostenibile
Affrontare la sostenibilità del lavoro significa mettere sul tavolo le sfide più delicate che aziende e persone hanno davanti nel prossimo futuro: dalla formazione continua, alla flessibilità, alla digital trasformation. Ne abbiamo parlato con Francesco Baroni, country manager di GiGroup per l’Italia
“Vivere il lavoro. Un impegno condiviso per il lavoro sostenibile”. È il titolo della giornata di studio e di confronto promossa da GiGroup e prevista per domani 8 giugno. GiGroup è un soggetto protagonista del mercato del lavoro in Italia e non solo: oggi è la sesta agenzia per il lavoro in Europa. A fine 2020 ha raggiunto il record di 35mila lavoratori effettivi attivi. Affrontare la sostenibilità del lavoro significa mettere sul tavolo le sfide più delicate che aziende e persone hanno davanti nel prossimo futuro: dalla formazione continua, alla flessibilità, alla digital trasformation. Ne abbiamo parlato con Francesco Baroni, country manager del gruppo per l’Italia.
Cosa si intende con il concetto di “lavoro sostenibile”?
Come sottolineato nel 2015 da Eurofound, «lavorare in modo sostenibile significa, innanzitutto, creare le condizioni affinché le persone possano sviluppare la propria professionalità e rimanere attive durante tutta la loro vita in un’ottica di costante occupabilità, eliminando i fattori che scoraggiano od ostacolano l’ingresso, la permanenza e la crescita nel mondo del lavoro».
Per quanto un po’ datata, questa definizione esprime un concetto che riteniamo fondamentale: sviluppare una propria professionalità per rimanere attivi durante tutta la propria vita. In altre parole poter sviluppare e mantenere competenze utili in modo da poterle utilizzare per rimanere attivi il più a lungo possibile.
Il valore non sta nella durata del posto di lavoro, la sicurezza non è legata al posto di lavoro ma piuttosto alle competenze di ogni individuo e ad un mercato capace di creare, sostenere e dare il giusto valore al lavoro. Occupabilità non vuol dire più posto fisso o impiego “sicuro” nell’accezione tradizionale. Quando si parla di mercato si parla di un sistema fatto da persone, aziende e istituzioni che, insieme, devono creare le condizioni perché ci sia lavoro e perché il lavoro sia di valore e capace di generare valore in un contesto sempre più difficile di competizione globale. Fra l’altro anche il “caring”, nella sua accezione più ampia, è lavoro, lavoro che produce valore e che spesso non viene nemmeno considerato come tale.
È per questo che abbiamo provato a costruire un framework che prova a declinare quali debbano essere i fattori capaci di rendere il lavoro sostenibile a partire dagli stakeholders di riferimento: persone, organizzazioni, istituzioni, con l’obiettivo di iniziare a tratteggiare una fisionomia del concetto, senza la presunzione di essere esaustivi o, peggio ancora, definitivi.
Può fare qualche esempio?
Iniziamo dalle persone, per le quali crediamo che il lavoro diventi sostenibile quando è possibile coglierne il senso e il valore, quando è in grado di garantire un adeguato benessere psico-fisico, quando è capace di consentire lo sviluppo di competenze che siano spendibili sul mercato, quando permette di veder riconosciuti i propri sforzi in un’ottica di sviluppo professionale.
C’è poi il mondo delle aziende, per le quali il lavoro è sostenibile quando permette la generazione e distribuzione di valore, quando è in grado di rispondere in modo veloce ed efficace al cambiamento e alle sfide del mercato, sviluppando nell’organizzazione innovazione, agilità ma anche resilienza e, quando, attraverso la formazione continua e sviluppo professionale, consente di mantenere l’occupabilità delle persone. Non da ultimo il lavoro è sostenibile quando i policy maker attuano politiche industriali che creano un ambiente favorevole alle aziende, sostengono l’inclusione con specifici servizi di welfare, definiscono impianti regolatori di flexsecurity, promuovono la formazione professionale e, ultimo ma non meno importante, quando, in logica di sussidiarietà attivano collaborazioni pubblico / privato per implementare efficaci politiche attive capaci di mitigare i problemi legati alle transizioni lavorative che saranno sempre più frequenti.
Per ciascun fattore vogliamo impegnarci a trovare le modalità perché possa essere attuato. E’ innanzitutto una sfida per noi, per la nostra azienda, per i nostri servizi ma pensiamo che valga la pena condividerla anche con gli altri stakeholder.
Nella presentazione della giornata che dedicate al lavoro sostenibile parlate di “un ecosistema profondamente mutato”. In che termini è cambiato?
Stiamo attraversando un tempo di profondo e veloce cambiamento in cui svolte tecnologiche, mutata composizione demografica mondiale, scarsità di risorse, spostamento del potere economico verso i Paesi in via di sviluppo, nuove attitudini e preferenze individuali nonché nuove norme e regole del lavoro richiedono a persone, aziende e istituzioni di ripensare e rivedere il loro ruolo all’interno della realtà sociale ed economica. Tale esigenza è stata acuita e resa ancora più urgente dalla grave situazione di crisi sanitaria ed economico-sociale generata dal Covid-19. All’interno di questo contesto, il lavoro deve assumere centralità e deve essere reso, appunto, sostenibile per le persone, le organizzazioni e la società avviando, con coraggio e scevri da ideologie le necessarie riforme. Poiché attraverso i nostri servizi vogliamo contribuire, da protagonisti e a livello globale, all’evoluzione del mercato del lavoro e all’educazione al valore personale e sociale del lavoro, abbiamo ritenuto urgente iniziare a confrontarci con imprese, parti sociali e istituzioni per meglio definire il concetto di «lavoro sostenibile» identificando le condizioni che possono favorirne l’attuazione.
La flessibilità è una delle condizioni che caratterizzano questi ecosistema. Quali strumenti vanno mesi in campo perché non entri in conflitto con la sostenibilità?
Diventa sempre più urgente dare vita a un mercato del lavoro in cui l’incontro fra domanda e offerta sia più dinamico. Tale dinamicità può essere favorita da una maggior trasparenza rispetto ai dati del mercato (per area geografica, genere, età, tipologia contrattuale, livello di istruzione, livello di reddito; secondo standard uniformi e condivisi, continuamente aggiornati e accessibili) e da una maggior semplicità di accesso e utilizzo di forme contrattuali che permettano un veloce e flessibile adattamento della forza lavoro o delle ore di lavoro ai volumi produttivi e alle caratteristiche della domanda di mercato garantendo contestualmente alle persone una piena tutela di diritti e di trattamento e supportando in modo efficace le persone nelle transizioni di lavoro (da scuola a lavoro e da lavoro a lavoro). In particolare, guardando al lavoro somministrato tramite Agenzia, che offre maggior possibilità di continuità lavorativa ai lavoratori, appare urgente eliminare le limitazioni introdotte dagli ultimi interventi normativi introdotti con il decreto dignità.
Per garantire una Flessibilità “sostenibile” sia per le persone che per le aziende è poi necessario capire come rendere veramente “smartworking” il lavoro da remoto a cui siamo stati obbligati nei mesi passati.
Quali strumenti GiGroup mette in campo in direzione del “lavoro sostenibile?
Siamo partiti 20 anni fa con 4 filiali in Italia; oggi siamo in oltre 29 paesi nel mondo con più di 600 filiali e 5500 dipendenti. Uno sviluppo importante che, per essere sostenibile nel tempo, deve generare continuamente valore per candidati, aziende e dipendenti. Una traiettoria evolutiva che ci ha visto partire come semplici intermediari per poi diventare operatori capaci di rispondere a bisogni sempre più complessi sia in termini di soluzioni che di specializzazione e un operatore con responsabilità sempre più importanti nel confronto di candidati e lavoratori. In tema di lavoro sostenibile stiamo cercando di attuare misure specifiche misurabili quali ad esempio: orientamento e promozione di opportunità di lavoro per giovani e donne, percorsi formativi capaci di assicurare l’accesso al lavoro, potenziamento delle opportunità di part-time, ecc. Il nostro impegno, dunque, non è solo culturale.
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