È disarmante la semplicità con la quale papa Francesco stravolge i vecchi poteri incarogniti tra gli anfratti del regno pontificio. Non voglio fare pensieri cattivi, ma non posso non aspettare la mossa seguente, legata ad una “logica cardinal-francescana”.
Da prete strano sarei tentato di chiamarli nuovi “scardinali”, perché di scardina(la)mento trattasi. Tempo fa, parlando di se, il papa accennava ad una sana furbizia evangelica. Con queste due parole ha detto quello che avrebbe fatto, senza pronunciar parola, eleggendo il centenario Loris Capovilla. Continuo il mio piccolo e malizioso ragionamento spiegando cosa mi aspetto per il dodici febbraio. Una cerimonia fraterna, essenziale, spoglia di prosopopee, senza ermellini, ori e cerimoniali principeschi.
Non credo che lo Spirito Santo, con le sue lingue di fuoco, abbia aspettato che gli ex dodici, andassero dai sarti del sinedrio per bardarsi adeguatamente.
È questo l’avverbio che avanzano alcuni eminenti vecchiotti per giustificare quanto di più sfacciato (rispetto alla povertà) esibiscono. Trattasi di dignità.
Cristo con la tunica inconsutile fatta da sua madre avrebbe perso dignità, buona educazione e rispetto per il prossimo.
Leggendo un po’ di storia di Israele, ho capito che il sommo sacerdote indossava pianete e casule più o meno simili a quelle chi i nostri indossano.
Reza Aslan, nel “Gesù il ribelle” descrive così i paramenti di allora, “La lunga veste senza maniche color porpora (tinta regale) frangiata di fini nappe con campanellini d’oro cuciti nell’orlo; il pesante pettorale ornato di dodici pietre preziose; l’immacolato turbante che gli poggia sul capo come una tiara con una placca d’oro sul davanti, su cui è inciso l’ineffabile nome di Dio…”. E poi, ancora più drammatico, ma purtroppo altrettanto attuale: “Le guardie del santuario lo circondano, gli creano intorno una barriera di purezza perché la folla non lo contamini…”. L’era di Francesco aldilà delle grandi rivoluzioni che troppi attendono sarà capace di portare i Pastori tra la gente affinchè vengano contaminati? E semplificare tutto quello che nel nome del Signore, abbiamo complicato, isolato, pietrificato? Isaia canta: “Confidate nel Signore sempre, perché è una roccia eterna, egli ha abbattuto coloro che abitavano in alto, ha rovesciato la città eccelsa, e l’ha rovesciata fino a terra…
I piedi la calpestano, sono i piedi degli oppressi, i passi dei poveri… Svegliatevi ed esultate voi che giacete nella polvere… La tua rugiada è rugiada luminosa, la terra darà alla luce le ombre…”. Lo Spirito si sta librando nuovamente e allo Spirito basta poco, non ama i cataclismi e i terremoti… Lo spirito è carezza, brezza, incendio, pentecoste.
E come dice Papa Francesco: “Lo spirito è tenerezza”.
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