Salute

La scure della crisi sui fondi anti Aids

Giù i finanziamenti a Pepfar, Global fund e UnitAid. Programmi che tengono in vita 5,2 milioni di persone. Colpa della recessione, ma anche di un cambio di strategia dei donatori

di Emanuela Citterio

Nell’occhio del ciclone questa volta sono finiti i donatori virtuosi. Quelli che finora sono stati in testa alla corsa per vincere l’Aids. Se oggi i farmaci antiretrovirali tengono in vita 5,2 milioni di persone, il merito è soprattutto di fondi come il Pepfar, il piano di emergenza per l’Aids della presidenza degli Stati Uniti, il Global fund e UnitAid, meccanismi di finanziamento internazionali creati ad hoc per combattere il virus nei Paesi più poveri. Ma i budget approvati per i prossimi cinque anni dicono che questi grandi donatori hanno deciso di tagliare, ridurre o interrompere i loro finanziamenti per le cure e i farmaci antiretrovirali contro l’Hiv.
«Diminuiranno i fondi per l’acquisto delle medicine e cambierà anche il tipo di supporto fornito ai Paesi africani che stanno affrontando l’enorme emergenza dell’Aids» è la previsione di Mit Philips, analista delle politiche sulla salute per Medici senza frontiere. L’organizzazione umanitaria, che distribuisce i farmaci anti Aids a oltre 162mila persone in 25 Paesi, ha pubblicato due rapporti sul rallentamento dei grandi finanziatori della lotta all’Aids. Il Pepfar, afferma Msf, ha ridotto il suo budget per l’acquisto di farmaci antiretrovirali nel 2009 e 2010. Dietro i dati c’è anche un cambio di strategia: nel 2009 Obama ha deciso che non sarà più un piano di emergenza, ma di sviluppo, e lo ha inserito nella più ampia Global Health Initiative. I fondi sono passati da 48 miliardi su cinque anni dell’era Bush a 63 miliardi di dollari in sei anni (dal 2009 al 2014) dell’era Obama, ma quelli destinati alla lotta all’Aids saranno 51, visto che i restanti 12 serviranno a curare altre malattie. Altri donatori, come UnitAid e Banca mondiale, hanno annunciato riduzioni negli investimenti dei prossimi anni per i farmaci antiretrovirali in Malawi, Zimbabwe, Mozambico, Uganda e Repubblica Democratica del Congo. E anche il Fondo globale per l’Hiv, tubercolosi e malaria – la più grande istituzione finanziaria per la lotta all’Hiv – sta fronteggiando un calo dei finanziamenti. Stati Uniti, Olanda e Irlanda hanno già annunciato che diminuiranno le loro quote contributive annuali. L’Italia è in arretrato con il pagamento 2009. Tra il 2009 e il 2010, gli stanziamenti già approvati si sono ridotti dell’8-12%.
«I grandi donatori stanno spostando l’ago della bilancia dall’aiuto diretto all’assistenza ai governi locali», conferma Philips. «Il problema è che in Africa ci sono Paesi in grado di farsi carico di alcuni aspetti della lotta all’Aids, altri che invece non hanno risorse e capacità sufficienti». In Mozambico il 90% dei fondi per affrontare l’emergenza Aids proviene da donatori internazionali, ma anche nel vicino e ben più ricco Sudafrica il governo dipende per il 70% da aiuti esterni. Lo snodo critico sono i fondi: «Va benissimo aiutare i Paesi poveri con iniziative di capacity building e assistenza tecnica», afferma Philips. «Il problema è che lo si fa con i soldi che prima si usavano per comprare le medicine e pagare il personale sanitario».
Secondo un altro rapporto di Unaids, il programma Onu, la crisi economica ha inciso sulle decisioni dei governi: nel 2009 l’investimento dei Paesi del G8 nella lotta al virus è sceso a 7,6 miliardi di dollari rispetto ai 7,7 del 2008. Una data critica sarà il 5 ottobre, quando si radunerà il board del Fondo globale e i Paesi donatori dovranno rimpinguarne le casse. Secondo Michel Kazatchkine, direttore del Global Fund, per mantenere il ritmo e rafforzare i risultati servirebbero 20 miliardi di dollari per il triennio 2011-2013.

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