Formazione

La scuola dove si vedono crescere gli alberi

A Como la nuova struttura Cometa-Oliver Twist

di Sara De Carli

Trecento alunni difficili e per ciascuno un percorso di studi personalizzato.
I prof della Oliver Twist ci riescono. Merito dei tutor e della stretta sinergia con le famiglie di Cometa.
Un progetto dove educazione fa rima con comunità e imprenditorialità.
Oltre che con bellezza
Il piano terra della scuola è tutta una vetrata. L’ha voluta così Erasmo Figini, in modo che i ragazzi potessero misurare il passare delle stagioni sulle foglie dei carpini. A un certo punto, per problemi tecnici, sembrava che in quella striscia stretta fra la scuola e la Madruzza i carpini non ci stessero più. «Spostate la scuola!», ha sbottato Erasmo. E non scherzava.
Erasmo Figini ha fondato Cometa nel 1987, dopo alcune esperienze di affido fatte con la moglie Marina, in cui ha contagiato anche il fratello Innocente. Oggi Cometa è una realtà che riunisce, in una grande casa alla periferia di Como, quattro coppie, quattordici figli naturali e una ventina in affido. Dal 19 settembre questa casa ha anche una scuola, che ospita 300 alunni fra i 14 e i 18 anni. È la Scuola Oliver Twist, nata dalla partnership con Fondazione Oliver Twist.

Una scuola dentro casa
«È una famiglia che continua ad allargarsi», spiega Alessandro Mele, direttore generale di Cometa. «Una famiglia accogliente che aiuta anche chi è in difficoltà, ma non siamo gli specialisti del disagio. Ci sono i ragazzi difficili, quelli che nella scuola non hanno trovato le risposte giuste, quelli che vogliono imparare un mestiere, in uno scambio continuo fra scuola e famiglie, in una integrazione che ricompone una socialità che diventa in sé ricostruttiva della persona». Ovvero la comunità è per sua essenza comunità della cura.
Cura qui vuol dire dettagli: i carpini, il portafiori scavato in ogni banco, gli arredi ecosostenibili (l’edificio è in classe A e ha la targa energetica della Regione Lombardia), ma soprattutto lo sguardo su ogni alunno. Un’idea bella, ma ambiziosa: guardare ogni alunno come un figlio. Pare però – l’edificio è nuovo, ma i corsi Cometa li tiene già da anni – che qui ci riescano davvero.
«Se parti con il programma al centro, poi devi far sì che i ragazzi corrispondano in maniera uniforme al programma», spiega Ezia Molinari, la preside alla guida del rodato team di 40 docenti. «Ma se metti al centro la persona, quella che sta dietro all’alunno, devi cercare nella personalizzazione della strada il percorso che gli è più congeniale. Non è un marchio, è il fatto che se io e lei andiamo a Roma, a me piace il treno e a lei l’aereo». Lo dicono tutti, lo fanno in pochi. A Cometa il segreto sono i tutor: uno per ogni classe, a tempo pieno, seguono i ragazzi lungo tutto il giorno. «Un costo enorme, ma se si fa scelta della personalizzazione è un prezzo che dobbiamo pagare».

Nel nome di Oliver
Questo sguardo personalizzato è stato l’elemento determinante perché Fondazione Oliver Twist sposasse in modo così massiccio il progetto, finanziando la scuola per il 40% dei costi e dandole addirittura il suo nome, a indicare un legame di filiazione che continuerà oltre il cantiere (altri finanziatori sono la Fondazione De Agostini e la Fondazione Cariplo). «Scuole ce ne sono tante, ma per questa gente non si tratta di un mestiere. Mai visto coniugare così cura del dettaglio, eccellenza, intraprendenza e capacità imprenditoriale», sottolienea Anna Venturino, direttore generale di Fondazione Oliver Twist. «È stato un progetto condiviso in tutto, al di là dei soldi, con il nostro know how e anche favorendo una partnership fra Cometa e Ark-Absolute Return for Kids, una charity inglese che gestisce per conto del governo scuole pubbliche particolarmente complesse. Con questo progetto abbiamo realizzato la nostra mission di prevenzione del disagio minorile: il punto non è dare a questi ragazzi un titolo scolastico, ma motivazione, passione, dignità per ciò che sono e ciò che fanno. Infatti i corsi per i ragazzi in dispersione scolastica si chiamano “Liceo del lavoro”».

Dai banchi all’impresa
Già, perché la scuola Oliver Twist offre tre percorsi formativi: il corso triennale nel tessile, quello nella ristorazione e il “Liceo del lavoro”, ovvero percorsi su misura dove ha un ruolo centrale lo stage in azienda. Il passaggio dall’assistenza alla nuova economia si misura qui, nel fatto che tutti questi percorsi professionali puntano all’eccellenza e a trasformare questi ragazzini ribelli in imprenditori d’alto livello.
«Puntiamo sui lavori artigianali in estinzione, snobbati dai giovani e antieconomici», spiega Mele. «L’idea è aprire una bottega-scuola, un sistema di produzione che crei prodotti di nicchia ad alto valore aggiunto, sforzo educativo incluso».

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