La scuola che cambia

La scuola che non innova? È già bocciata

Per i ragazzi (e le famiglie) è tempo di scegliere l'istituto a cui iscriversi. Come si sta attrezzando la scuola italiana per preparare i ragazzi ad essere cittadini del futuro? Fra le tante sperimentazioni in atto, quali sono mode e quali impattano davvero? Con Cristina Grieco, presidente di Indire, parte il viaggio di VITA nelle buone pratiche dell'innovazione didattica e delle sperimentazioni

di Rossana Certini

Il sistema di istruzione e formazione italiano sta vivendo una fase di profonda trasformazione, data dalla consapevolezza del ruolo fondamentale che la scuola ha nel formare i cittadini della società del futuro sempre più orientata all’innovazione. Non è dunque pensabile offrire agli studenti di oggi metodologie didattiche ancorate al passato. È necessario superare gli schemi consolidati, motivare i docenti e appassionare gli studenti con nuovi progetti e approcci pedagogici all’avanguardia.

Ma come sarà la scuola del futuro? A rispondere è Cristina Grieco, presidente dell’Istituto nazionale documentazione innovazione ricerca educazione – Indire e componente del gruppo di lavoro della Commissione nazionale Unesco per la riforma del sistema educativo-formativo e di quello del Ministero dell’istruzione e del merito sui servizi per l’inclusione sociale, l’accompagnamento educativo e all’autonomia di preadolescenti e adolescenti. Proprio Indire ha promosso dal 2014 il Movimento Avanguardie Educative, con l’obiettivo di “mettere a sistema” l’innovazione scolastica.

«La scuola del futuro dovrà essere sicuramente in grado di formare cittadini capaci di gestire la complessità della nostra società. È importante che sappia trasmettere alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi la capacità di comprendere, di avere consapevolezza e di raggiungere competenze per affrontare un mondo futuro che noi oggi non sappiamo come sarà. È evidente che il modello della scuola deve cambiare. Il primo passo è quello di usare le discipline in modo trasversale per arrivare a fornire agli studenti competenze, a partire da quelle di base, che consentano loro di comprendere testi, linguaggio matematico ma, anche, di avere consapevolezza nell’utilizzo delle tecnologie. È questa una sfida complessa che coinvolge tutti i sistemi educativi. Dobbiamo innovare il nostro modello di scuola per far raggiungere ai ragazzi, come ci viene richiesto a livello internazionale, le quattro C delle competenze fondamentali: comunicazione, collaborazione, pensiero critico e creativo».

Dobbiamo innovare la scuola per far raggiungere ai ragazzi le “quattro C” delle competenze fondamentali: comunicazione, collaborazione, pensiero critico e creativo

Cristina Grieco, presidente di Indire

La mappa delle sperimentazioni

Le sperimentazioni nelle scuole italiane sono possibili grazie al Decreto del Presidente della Repubblica 275 del 1999 che regolamenta le autonomia delle istituzioni scolastiche. Ce lo spiega Maria Rosa Silvestro, dirigente del ministero dell’Istruzione e del Merito, in servizio presso la direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione e l’internazionalizzazione del sistema nazionale di istruzione. «L’art. 11 del DPR 275 prevede la possibilità per il ministero, per le singole scuole o per una rete di scuole di effettuare delle sperimentazioni, ovvero delle proposte di innovazione didattica-metodologica testandole per un certo numero di anni a conclusione dei quali questi nuovi metodi possono essere portati a ordinamento. Un esempio è la sperimentazione dei percorsi quadriennali di istruzione secondaria di secondo grado che è stata avviata dal ministero dell’Istruzione. Gli esiti della sperimentazione, frutto di un monitoraggio effettuato da un comitato nazionale, potrebbero fornire risultati tali da aprire la strada per portare a ordinamento i percorsi quadriennali. Mentre la sperimentazione del metodo Montessori alla secondaria di primo grado è stata proposta da una rete di istituti, sempre nell’ambito dell’art. 11 del decreto per le autonomie scolastiche e dunque è una sperimentazione per valutare se il metodo ha i requisiti per essere messo a ordinamento»

Studenti di una scuola secondaria di primo grado che sta sperimentando il metodo Montessori (foto: Milena Piscozzo, dirigente scolastico dell’IC Riccardo Massa di Milano)

Secondo i dati forniti dal ministero, a oggi in Italia, sono sette le sperimentazioni avviate secondo l’art. 11 del Dpr 275 da reti di scuole di primo e secondo ciclo. C’è la sperimentazione del metodo Montessori in corso in 26 istituti comprensivi distribuiti tra Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Sardegna. Sempre per le scuole del primo ciclo di istruzione c’è anche la sperimentazione del progetto “Wiki School” portato avanti da una rete di tre istituti distribuiti tra Lombardia, Toscana e Liguria. Per quanto riguarda il secondo ciclo di istruzione, tra le sperimentazioni proposte da reti di scuole, il Ministero segnala quella avviata da quattro istituzioni scolastiche tra Campania, Emilia-Romagna, Sicilia e Lombardia per un Liceo artistico indirizzo teatrale.

Sull’intero territorio nazionale ci sono, poi, tre sperimentazioni: quella che coinvolge 34 licei statali classici europei e licei a opzione internazionale (a partire dal 1993/94) di cui 16 con sperimentazione rinnovata per il Liceo Classico Europeo 2020 dall’ anno scolastico 2021/2022; quella di due Licei paritari Classici europei e a opzione Internazionale; quella di 16 Licei linguistici europei paritari (indirizzi linguistico-moderno/giuridico-economico). Ci sono poi 30 istituzioni scolastiche tra Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Puglia, Sicilia, Sardegna e Veneto che stanno sperimentando un percorso integrato per la conduzione di apparati e impianti marittimi.

A queste si aggiungono undici sperimentazioni avviate da singole istituzioni scolastiche come il Liceo digitale nel Lazio, il Quarto Anno di Rondine in Toscana, il Liceo Imprenditoriale artigianale del Design di Cometa in Lombardia o il Liceo sportivo per gli sport invernali in Emilia Romagna.

Alle sperimentazioni monitorate dal ministero si affiancano quelle che avviate dalle singole scuole in base all’art 6 del Dpr 275. Ma in questo caso non c’è un decreto che autorizza e monitora la sperimentazione

Maria Rosa Silvestro, dirigente del ministero dell’Istruzione e del Merito

«Alle sperimentazioni monitorate dal Ministero», prosegue Maria Rosa Silvestro, «si affiancano quelle che si avviano come da art 6 del Dpr 275 che consente alle scuole di attuare delle modalità organizzative diverse. Ma in questo caso non c’è un decreto del Ministero che autorizza e monitora la sperimentazione. Sono gli organi collegiali della singola scuola che prendono in carico le attività innovative e le esplicitano nel Piano dell’offerta formativa della scuola». È questo il caso in cui si sperimentano modelli come quello finlandese, la “scuola senza voti” o le Didattiche per ambienti di apprendimento-Dada.

Non c’è innovazione senza alleanza con il territorio

«La complessità nella quale oggi la scuola è inserita», prosegue Grieco, «comporta che la scuola non può essere più concepita come uno spazio chiuso. I patti educativi di comunità, per esempio, sono uno strumento di cui la scuola si può dotare per costruire reti, alleanze, scambi e metodi di apprendimento reciproci utili a innovare i programmi del curriculo e i modelli educativi grazie alla collaborazione e al coinvolgimento di amministrazioni e altri soggetti terzi. È importante che ci sia una progettazione dell’offerta formativa con il territorio proprio perché la scuola deve essere capace di passare dall’aula chiusa a quella aperta al suo territorio. Lì dove questo accade, e dunque enti locali, terzo settore e associazionismo sono attivi all’interno della scuola, che però mantiene la titolarità dell’azione educativa, si riesce a dare alle famiglie un’offerta didattica più completa. La scuola non può più pensarsi come un’isola ma deve essere un organismo all’interno di un ecosistema».

Secondo i dati del rapporto Strade d’innovazione. Percorrendo la trasformazione dell’educazione in Italia, realizzato da vari partner tra cui Ashoka Italia e Indire e presentato il 14 dicembre alla Camera dei deputati, ad «affiancare la scuola nello sfidante compito di formare le nuove generazioni, si fanno spazio con sempre maggiore vigore realtà profit (circa il 3%) e non profit del Terzo settore (circa il 11%)». Per esempio Imprendiviti, un’organizzazione di volontari coordinata da Alessandro Rossi, associato dell’Università di Trento, che ha lo scopo di diffondere nelle scuole italiane, di ogni ordine e grado, la cultura dell’imprenditività e dell’alfabetizzazione economico-finanziaria, la progettualità di Imprenditivi fonda le sue radici in una didattica laboratoriale, orientata al digitale, esperienziale, ludica e inclusiva con format dedicati a docenti e alunni e alunne in vista di un arricchimento del curricolo di cittadinanza nelle scuole.

Cristina Grieco, presidente Indire

Lo studio Ashoka Italia e Indire fa emergere come in Italia il 49% delle sperimentazioni scolastiche si registra al Nord (Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Emilia-Romagna, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia); il 22% al Centro (Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo), il 23% al Sud (Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria) e il 5% nelle Isole (Sardegna e Sicilia).

L’innovazione che viene dai ragazzi stessi

Interessante per Grieco è notare come siano in atto non solo sperimentazioni didattiche formalizzate all’interno dei Piani dell’offerta formativa delle scuole italiane ma anche numerose esperienze d’innovazione attivate dagli stessi studenti, intenzionati a rendere l’esperienza scolastica parte di un percorso generativo e rilevante per i propri coetanei. Il report racconta del caso di Matteo Spreafico, fondatore della startup “School Innovation Lab”, «un progetto», si legge, «che ha rivoluzionato le assemblee di istituto promuovendo un modello di formazione interattivo, innovativo e studentecentrico, creando valore per l’intera comunità educante». E ancora, il lavoro di Aurora Caporossi, «la quale ha trasformato l’approccio ai disturbi del comportamento alimentare promuovendo, attraverso la costituzione dell’associazione Animenta, la consapevolezza, l’inclusione e il supporto attraverso spazi online, incontri formativi nelle scuole e iniziative innovative». C’è anche l’app “Finanz”, ideata da Lorenzo Perrotta per spiegare la finanza in modo facile e divertente alle nuove generazioni. Infine, il progetto torinese “Break the Silence” nato dall’intraprendenza di Mariachiara Cataldo che ha l’obiettivo di sensibilizzare sul tema della violenza di genere attivando un luogo di confronto e dialogo per condividere le proprie esperienze e cercare sostegno reciproco.

Valutazione e voti

«In questo percorso di innovazione del sistema scolastico va ripensata anche la valutazione formativa», spiega la presidente di Indire. «È importante valorizzare la sua funzione formativa e orientativa, che da una parte serve al docente per misurare il percorso dello studente, non tanto sull’acquisizione di contenuti quanto sulla sua crescita complessiva, dall’altra ha l’importante funzione di orientamento e di auto valutazione. Infatti, una valutazione ben fatta aiuta lo studente a riconoscere i propri punti di forza e quelli su cui lavorare per migliorarsi. Dobbiamo però sempre più impegnarci affinché la nostra scuola non si trasformi in una gara, una classifica competitiva ma sia un luogo collaborativo dove attraverso la valutazione si esplicitano i risultati raggiunti».

Nella scelta della scuola è importante prendere in considerazione non solo la proposta disciplinare ma anche la capacità della scuola di seguire l’evoluzione degli studenti a tutto tondo

Cristina Grieco

Ma allora quale scuola scegliere per i nostri ragazzi? «È una domanda complessa questa», conclude Cristina Grieco. «Nella scelta della scuola è importante prendere in considerazione non solo la proposta disciplinare ma anche la capacità della scuola di seguire l’evoluzione degli studenti a tutto tondo. È utile confrontare i piani formativi delle scuole per verificare la capacità della didattica offerta di programmare in maniera trasversale e multidisciplinare. Il sistema di istruzione e di formazione italiano sta vivendo una fase di profondo cambiamento data dalla consapevolezza del ruolo fondamentale che ha nel formare i cittadini di una società sempre più orientata all’innovazione. Non è più pensabile offrire agli studenti di oggi metodologie didattiche ancorate al passato. È necessario superare gli schemi consolidati, motivare i docenti e appassionare gli studenti con nuovi progetti e approcci pedagogici all’avanguardia. È fondamentale investire nell’istruzione e uso questo termine non a casa. Credo, infatti, che i dati che abbiamo, per esempio, sulla dispersione scolastica o sul basso numero di laureati nel nostro paese ci devono far capire che i soldi che “mettiamo” nella nostra scuola non sono una voce di spesa ma di investimento. Il Pnnr oggi ci offre delle risorse importanti ma temporanee, dobbiamo usarle bene. Nel 2026 non avremo più questi fondi. È dunque essenziale portare il nostro Paese quanto meno al livello della media europea in quanto a investimento nell’istruzione, anche per ridurre i divari».

Nella foto di apertura studenti di una scuola che segue il Modello finlandese (foto di Antonella Accili, dirigente scolastica)

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