Cultura
La scoperta commossa di sé: da stasera alle 19 in streaming le Lettere a Olga di Václav Havel
Stasera alle 19 e sabato il Centro Culturale di Milano in collaborazione con Vita e con l'Istituto Havel, proporrà la lettura dei passaggi più belli delle lettere dal carcere di Havel. Speranza, responsabilità, fede: una lezione che insegna a toccare il cielo anche dalle nostre stanze
di Marco Dotti
Come si fa, da una stanza, a toccare il mondo? Con la parola, con la relazione. Václav Havel è stato un grande uomo della relazione e della parola. Lo è stato come dissidente nel gruppo di Charta 77, lo è stato come autore teatrale. Lo è stato come intellettuale europeo, presidente di un Paese uscito dalla dittatura e riattivato grazie alla forza della sua società civile.
Forse in nessun altro lavoro come nelle lettere inviate alla moglie Olga durante la sua detenzione nelle carceri comuniste, Havel tocca con forza la vita.
Per questo, stasera alle 19 e sabato n diretta sulla sua pagina Facebook (clicca QUI per raggiungere la pagina), il Centro Culturale di Milano, in collaborazione con Vita e con l'Istituto Havel, proporrà la lettura dei passaggi più belli di queste lettere.
Andrea Carabelli le leggerà per noi. Vita riprenderà le letture ogni giorno, sul suo sito, per chi non riuscisse a seguirle in diretta. Eccone un passaggio in anteprima:
Scritte tra il 4 giugno del 1979 e il 4 settember del 1982, queste lettere sono un dono. Soprattutto oggi, soprattutto ora. Le parole che ascolteremo aprire spazi, ci fanno toccare il mondo.
Opera di valore spirituale, ancor prima che letterario; etico, ancor prima che testimoniale le lettere di Havel ci parlano del presente. Delle nostre paure, della nostra speranza.
Havel parla della nostra comune responsabilità, del senso di impotenza che solo la speranza – e non l'ingenuo ottimismo – può aiutarci a superare. Come in una lettera composta tra il 2 e il 6 gennaio del 1981:
La responsabilità verso se stessi è come un coltello con cui scolpiamo il nostro profili irripetibile nel panorama dell’essere
Václav Havel
«La responsabilità umana, come abilità o determinazione, oppure dovere dell’uomo di tutelarsi una volta per tutte, è esattamente ciò con cui l’individuo definisce prima di ogni altra cosa se stesso, come uomo, rispetto all’universo, ossia un miracolo dell’essere, quale egli è.
Da un lato è solo così che evidenzia e colma di significato la sua dipendenza dal mondo, dall’altro è proprio così che si separa definitivamente se stesso dal mondo come essere indipendente e sovrano; è soltanto in questo modo che sta sulle proprie gambe come si usa dire. Aggiungerei che la responsabilità verso se stessi è come un coltello con cui scolpiamo il nostro profili irripetibile nel panorama dell’essere; è la penna con cui scriviamo nella storia dell’essere la storia della nuova creazione del mondo che sempre e di nuovo ogni esistenza umana rappresenta».
Non vorrei ritornare il vecchio ansioso dell'ultimo peridodo, ma piuttosto l'allegro ragazzo di un tempo. Ricostruire il mio io profondo, l'impegno principale che determina tutti gli altri
Václav Havel, Lettere a Olga
Ancora: «Quando parlo di fede e di speranza non ho in mente l’ottimismo nel senso convenzionale del termine con il quale di solito si esprime la convinzione che “tutto andrà bene”. Non condivido un simile principio, lo considero – se espresso in modo così generico – un’illusione pericolosa. Non so come “tutto” andrà e perciò devo accettare anche la possibilità che tutto, o perlomeno la maggior parte delle coase, vada male. La fede, tuttavia, non dipende da ciò e non è legata ad alcuna previsione sul futuro.
Una fede autentica è qualcosa di incomparabilmente più profondo e miisterioso di qualche emozione ottimistica (o pessimistica). Soltanto l’uomo di fede, nel senso pià profondo del termine, è in grado di vedere le cose per come sono veramente (in altre parole è aperto alla realtà, ossia ai fenomeni), e di non distorcele in un modo o nell’altro. (…) L’uomo privo di fede si preoccupa semplicemente di sopravvivere, per quanto possibile, comodomente e senza dolore ed è indifferente a tutto il resto»
Speranza che è fede. Fede che è vita. Fede, leggiamo ancora tra le lettere a Olga, «che è uno stato di apertura durevole e attiva, un incessante indagare, un bisogno costante e, per quanto possibile, diretto di “percepire il mondo” e cercarne il significato». Il cielo toccato da una stanza.
Appuntamento stasera alle 19!
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