Responsabilità sociale

La scalata delle società benefit

Sale a circa 4.600 il numero di aziende italiane che hanno scelto di inserire nel proprio statuto, accanto al profitto, degli obiettivi di natura sociale e ambientale. Con l’impegno a rendicontare gli impatti generati. Aumentano occupati e fatturato. Non basta certo una forma giuridica a creare sviluppo, ma sostenibilità e trasparenza aiutano a crescere

di Nicola Varcasia

Le società benefit in Italia arrivano a sfiorare le 4.600 unità. La cifra (per l’esattezza 4.593) mostra una crescita del 27% rispetto al 2023. Rappresentano perciò l’1,57 per mille delle società registrate, dato che sale al 2% se si considerano le aziende di più grandi dimensioni. Nel complesso, gli addetti sono oltre 217mila, per un valore della produzione di circa 62 miliardi di euro.

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I numeri presentati da Assobenefit mostrano una crescita del fenomeno, che si accompagna ad altri indicatori di segno positivo rispetto alle performance. Ad attestarlo, i risultati della ricerca che ha abbracciato il biennio 2021-23 e alla quale hanno collaborato realtà come Nativa, il Research department di Intesa Sanpaolo, Infocamere, l’Università di Padova, la Camera di commercio di Brindisi-Taranto.

Il campione

Questo studio ha paragonato un gruppo di società benefit operanti in Italia con un campione omogeneo di società non benefit. Ne è emersa una crescita superiore in termini di fatturato, con un incremento del 26% e un divario netto rispetto al campione di confronto delle non-benefit, in cui la crescita si attesta invece al +15,4%.

Chi investe di più?

Secondo la ricerca, le benefit sono inoltre caratterizzate da un maggior grado di investimenti su importanti leve strategiche come innovazione, internazionalizzazione, attenzione alla sostenibilità e investimento in energia rinnovabile. Anche il sostegno all’occupazione risulta maggiore rispetto alle non-benefit, con il 62% di benefit che ha incrementato il numero di addetti rispetto al campione di confronto che si ferma al 43%.

Dare lavoro

Nel periodo preso in considerazione le benefit hanno registrato una crescita del valore aggiunto del 26,1%, superiore rispetto al 16,3% delle imprese tradizionali. L’aumento del costo del lavoro del 25,9%, quasi il doppio rispetto al 12,5% delle non-benefit, dimostra la tendenza a redistribuire maggior valore alle persone, valorizzandole e sostenendole in un periodo caratterizzato da forti spinte inflazionistiche.

Parità di genere

Le società benefit si distinguono anche per una maggiore attenzione alla parità di genere e alla presenza di giovani nei board. Le donne trovano maggiore spazio nei consigli di amministrazione, con il 48% delle benefit che presenta almeno una presenza femminile, rispetto al 38% delle aziende non-benefit. Nelle grandi imprese, questa quota sale al 62%, con un distacco di quattordici punti percentuali rispetto alle realtà di pari dimensioni non orientate al modello benefit.

E i giovani?

Anche i giovani under 40 sono più presenti nei board delle benefit, con una quota del 27,9%, che sale al 30,4% nel Mezzogiorno. La leadership giovanile si traduce in maggiore dinamismo e innovazione: tra il 2021 e il 2023, le società benefit guidate da giovani hanno registrato una crescita mediana del fatturato del 30,6%, contro il 23,5% delle imprese con board tutto over 65.

Inoltre, queste imprese mostrano una maggiore propensione ad assumere (+20% vs +11%) e a riconoscere aumenti salariali più elevati (+34,5% vs + 23,2%), valorizzando il capitale umano e rafforzando la propria competitività.

Regioni diverse

L’analisi della distribuzione regionale mostra una concentrazione più elevata delle benefit nel nord, in particolare in Lombardia (1.500 aziende). L’alta incidenza nel territorio lombardo (2,74؉ sul totale delle imprese) è in parte dovuta alla forte presenza di grandi aziende che trainano il fenomeno; tuttavia, l’ampia diffusione in tutte le classi dimensionali suggerisce una propensione culturale più forte all’innovazione e all’adozione di questo modello. In termini assoluti, la seconda regione per numero di benefit è il Lazio (509), seguita dal Veneto (470) e dall’Emilia Romagna (402).

Le finalità

Dall’analisi delle finalità di beneficio comune indicate negli statuti societari delle società benefit emerge l’orientamento prevalente dell’impegno delle società benefit verso l’area sociale, seguita dall’area ambientale e di governance. Sembra dunque non fermarsi l’ascesa di questa speciale tipologia di società che inseriscono nel proprio statuto specifiche finalità sociali e ambientali con l’impegno a rendicontare in modo trasparente gli impatti generati.

Immediato futuro

Naturalmente, quella di diventare benefit è una scelta, di natura anche giuridica che non garantisce sugli esiti, né implica che chi non lo è non possa agire in maniera altrettanto virtuosa. Al tempo stesso, è una scelta di trasparenza che ha un significato preciso e che può contribuire a mostrare una volta in più che il profitto non è un ostacolo al bene comune, è come lo si realizza che può diventarlo. Sarà inoltre interessante osservare l’andamento in questo 2025 che si sta caratterizzando per un mutato approccio verso i temi ormai considerati acquisiti della sostenibilità, quali la diversità e l’inclusione. Così come l’attenzione per la comunità e il territorio in cui si opera.

In apertura, la foto cover della ricerca di Assobenefit

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