Formazione

La sanatoria lumbard bastona il non profit

Immigrazione: a Milano circolare contestata dalla Caritas.

di Antonietta Nembri

“Hanno respinto 262 domande di regolarizzazione per la mancanza di requisiti formali”. Parla velocemente il direttore della Caritas ambrosiana, don Virginio Colmegna, mentre denuncia i problemi che complicano a Milano l?applicazione della Bossi-Fini (15mila permessi di soggiorno rilasciati, altrettanti in fase di convocazione).
Lentamente le pratiche sulla regolarizzazione degli immigrati vanno avanti. E si iniziano a scoprire le conseguenze delle circolari esplicative che la Direzione regionale del lavoro lombarda ha dato alla legge. “Onlus, liberi professionisti, ong, fondazioni, parrocchie e anche condomini non possono regolarizzare i lavoratori stranieri perché non svolgono attività imprenditoriali”, spiega don Colmegna. In pratica, in Lombardia una parrocchia che ha deciso di regolarizzare il sacrestano extracomunitario, o un condominio che vuole mettere in regola il custode, non può farlo perché “non esercita un?attività imprenditoriale”.
“È un?interpretazione restrittiva dell?articolo 1 della legge, contro il quale stiamo predisponendo il ricorso al Tar”, spiega l?avvocato Monica Mantovani, che si sta occupando della situazione. “Il problema è anche che questa circolare interna è arrivata quando molti avevano già iniziato a presentare le domande”. Insomma, si sono modificate le regole del gioco a partita già iniziata. “Vorremmo che di questo si occupasse anche l?Authority del Terzo settore”, afferma don Virginio Colmegna, che non si capacita di come il ministero del Welfare possa considerare in maniera così restrittiva il concetto di imprenditorialità. E non tace neppure di altri nodi, come le interpretazioni restrittive sui tre mesi precedenti l?entrata in vigore della legge (il 10 settembre) e poi ancora la definizione delle procedure per il subentro, che secondo il sacerdote “non funziona”. “La prefettura di Milano ha ricevuto da pochi giorni il supporto informativo. Ma se il ministero ha impiegato più di un mese a prepararlo, i lavoratori in attesa di soggiorno e che hanno perso il primo lavoro che fanno? Tornano a lavorare in nero?”.
Domande che attendono risposta, anche se a guardare i dati dell?Osservatorio diocesano, che ha condotto una ricerca sugli stranieri che si sono rivolti ai centri di ascolto Caritas, salta all?occhio come a essere irregolari siano ancora oltre la metà degli extracomunitari (54%). “Su 700 immigrati seguiti dai nostri servizi nei primi quattro mesi dell?anno”, constata il direttore della Caritas, “il 17% erano irregolari di recente immigrazione. È la dimostrazione che il tasso di irregolarità diventa stabile: non si strutturano i flussi. Per non parlare del lavoro in nero, che si sta incentivando”.

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