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La salvezza di Palmira passa per la conquista di Damasco…e non il contrario

L'indignazione non basta, anzi: non serve a nulla, se muove da una realtà mal compresa. Un importante ricercatore, Aurélien Pialou, da anni impegnato in ricerche sul campo in Siria e Iraq, va controcorrente e ci spiega che se vogliamo davvero "salvare Palmira" dobbiamo sapere che la città non è sotto assedio da oggi e le rovine dei suoi antichissimi templi sono state già prese di mira dell'esercito regolare di Assad. Chi distrugge uomini e culture è nero, da qualunque parte pretenda di schierarsi. Capire questo è necessario per agire

di Aurélien Pialou

Al contrario delle affermazioni riportate "a caldo" da certi canali televisivi,la "caduta"di Palmira non provocherà affatto un tempestivo attacco alla capitale siriana.

La strada è lunga tra queste due città e gli episodi recentemente accaduti intorno ad Aleppo ci hanno dimostrato che il gruppo che presiede l’Organizzazione per lo Stato Islamico non è in grado di avanzare rapidamente verso grandi centri urbani. Al contrario, questa élite del terrore ama il vuoto e i deserti, gli spazi di mimetizzazione e attesa più propizi alla sua sopravvivenza di qualunque “battaglia campale”.

L’ultima sequenza di guerra in Siria – le cui logiche sono particolari e da non confondere con le dinamiche irachene – è la battaglia d'Aïn al-Arab (Kobane) dove, dopo le incertezze iniziali, il risultato è stato un clamoroso fallimento per le forze di Daech [داعش o Daech è l'acronimo usato per indicare ciò che i giornali italiani chiamano Isis o Is, ndt].

Naturalmente, la minaccia della distruzione dell’incomparabile patrimonio storico-archeologico di Palmira fa temere il peggio. La perdita irrimediabile del tempio di Baal e del Tetraedro incute paura. Ma di fronte alla moltiplicazione delle lamentele e delle manifestazioni d’inquietudine, è necessario mantenere calma e serenità e riflettere concretamente sui mezzi con cui “Salvare Palmira” e non, ancora una volta, esprimere indignazione verso una realtà mal compresa.

Palmira è diventata da subito una delle roccaforti dell’opposizione al regime di Bachar – al Assad. Gran parte dei suoi abitanti è fuggita, in due ondate successive: la prima nel 2012; la seconda ondata, più importante, nel 2013, quando, per rispondere alla contestazione degli abitanti che avevano preso le armi per proteggersi, le forze armate del regime si sono installate all’interno della cittadella che sovrasta la città, con l’obiettivo di annientare i recalcitranti e proibire, ricorrendo alle armi pesanti, qualunque espressione di dissenso nella città bassa.

Questi bombardamenti hanno provocato molti danni. Ma le schegge delle granate che hanno raggiunto i templi non hanno attirato per lungo tempo l’attenzione e, a dispetto della potenza del fuoco massiccio delle forze regolari, gli sguardi si sono rapidamente distolti dagli attacchi al patrimonio. Nonostante tutto, il movimento di protesta è continuato.

Si è così costituito un gruppo di resistenti nell’oasi che circonda la città e le rovine. Il regime, non riuscendo a "estirparlo" malgrado l’uso del gas cloro, sul quale il presidente Obama continua ancora a domandarsi se si tratti o meno di un’arma chimica (poiché non appare, allo stesso modo del Zyklon B, nel catalogo dei prodotti internazionalmente proibit)i.

Asserragliato nella cittadella, che espone ai tiri di rappresaglia così come espone le rovine, l’esercito non avanza.

Ed ecco che all’improvviso, dopo aver conosciuto diversi rovesci in Siria, Daech/Isis minaccia Palmira!

L’Occidente e le organizzazioni internazionali sono terrorizzate daa questa prospettiva: il gruppo di Abou Bakr al-Baghdadi potrebbe fare in Siria ciò che ha recentemente fatto in Iraq e far esplodere vestigia antiche d’inestimabile valore. Circola sottotraccia, dunque – e ancora una volta – l’idea che solo il regime di Bachar al-Assad sarebbe in grado di opporsi allo Stato Islamico e ristabilire l’ordine.

In realtà, le cose stanno in tutt’altro modo. La serie di rovesci subiti dal potere a Nord, a Sud e ad Ovest della Siria, mostra da qualche mese che Assad non dispone più delle risorse necessarie per contrastare l’avanzata dei rivoluzionari e che i quattro anni di guerra che ha condotto contro la sua popolazione hanno finito per esaurire le risorse umane e materiali. Assad non è più in grado di fare nulla per Palmira, se non ritardare temporaneamente – e per quanto voglia e ne veda l’utilità – l’avanzata di Daech/Isis.

Al contrario, tra le forze impegnate contro il regime in maniera più o meno unita, sono numerosi i siriani che vogliono proteggere ciò che considerano da una parte come “loro patrimonio”, dall’altra come il “contributo del loro paese alla Storia dell’Umanità”. Purtroppo, questi siriani sono minoritari e poco ascoltati.

Mentre uno dei tesori della regione rischia oggi di essere travolto dall’onda di violenza e sangue che ricopre la Siria, c’è di meglio da fare che interrogarsi sulle disposizioni del regime riguardo il patrimonio architettonico e sull sua pretesa "cura delle rovine".

Al contrario, il regime si serve del patrimonio architettonico come di un oggetto di ricatto, avanzando o retrocedendo le sue truppe non per questioni tattiche come ama dire, ma per suscitare una potenziale distruzione legittimando da parte sua nuovi bombardamenti con barili Tnt. Bisogna dunque mobilizzare tutti i mezzi possibili per favorire al più presto la ripresa del controllo di Palmira da parte dei suoi abitanti e delle forze rivoluzionarie.

È soprattutto necessario riconoscere che la soluzione alla crisi siriana non dipende prioritariamente dalla risoluzione del problema rappresentato dallo Stato Islamico. La soluzione della crisi -e, quindi, la tutela di uomini e culture – passa per la conquista di Damasco e per la caduta di coloro che si aggrappano al potere, senza altro orizzonte che quello della propria sopravvivenza. Già ieri, le truppe rivoluzionarie del Qalamoun manifestavano la loro voglia di battersi per Palmira e per la sua protezione.

La salvaguardia del sito di Palmira passa per la conquista di Damasco …e non il contrario.

traduzione di Valentina Porcheddu

L'articolo è apparso su Le Monde e qui lo pubblichiamo con autorizzazione dell'autore e della testata francese, a cui vanno i ringraziamenti di Vita.it

Foto in copertina: l'area di Palmira e il Tempio di Baal, dopo i bombardamenti dell'esercito di Assad.

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