Cronache russe

La Russia di Putin e le responsabilità dell’Occidente

Le attività di protesta in Russia continuano in sordina e con gesti individuali. L'assenza di manifestazioni pubbliche è percepita come un aumento del sostegno al regime e l'assenza in Russia di forze impegnate contro la guerra implica che tutti i cittadini russi sono colpevoli dell’aggressione. Ma è un errore, l'Occidente ha grandi responsabilità

di Alexander Bayanov

Ekaterina Duntsova

Il 2023 per la Russia si è concluso con attacchi aerei di massa da parte dell’esercito russo ad infrastrutture civili ucraine. Il mostruoso cinismo di Putin e dell’ex presidente Medvedev si è dimostrato ancora una volta nel fatto che quando l’esercito ucraino, in risposta agli attacchi, ha colpito Belgorod, hanno accusato l’Ucraina di azioni terroristiche (sic), sostenendo, nel mondo immaginario della propaganda, che gli attacchi russi erano stati contro obiettivi militari. La crudele logica della guerra implica purtroppo attacchi e contrattacchi, ma in questo caso è accompagnata da un continuo tentativo, da parte dell’aggressore, di legittimare le proprie azioni, come se il proprio attacco all’Ucraina che, ricordo, non era assolutamente preparata per questa guerra, avesse come scopo stabilire la pace!

In questo momento di stallo delle operazioni militari in Ucraina, diventa chiaro che in questa guerra il protagonista è Putin. Avendo avviato il conflitto con l’obiettivo di legittimare la sua prossima elezione (illegittima), diventa personalmente responsabile, ogni giorno di più, per questa sua decisione. Ed è evidente che tutta l’attenzione degli osservatori è ora concentrata su di lui. La ri-elezione nel marzo 2024 sarà uno spartiacque. A causa della paura, le attività di protesta in Russia continuano in sordina, ma possiamo evidenziare alcune azioni di resistenza.

È interessante il tentativo di promuovere la candidatura alle elezioni presidenziali di una giornalista della città di Rzhev, Ekaterina Duntsova (nella foto di cover). La Commissione elettorale centrale non ha registrato il gruppo che la sostiene. Resta la possibilità di candidarla con Jabloko ma finora non ci sono state dichiarazioni al riguardo. Questa candidatura è stata spontanea, non è stata concordata con l’amministrazione presidenziale per evitare la presenza di un unico candidato (Putin). Il rischio di un voto di protesta reale non è piaciuto ai dirigenti, che temono il ripetersi di quanto accaduto alle elezioni presidenziali in Bielorussia nel 2020 : l’eventualità di una “Tikhanovskaya russa” non è stata di loro gradimento.

Ci sono altri segni di resistenza: nella notte di Capodanno, sulla piazza di Ekaterinburg, la capitale degli Urali, durante la trasmissione del discorso augurale di Putin sono risuonate grida e insulti (“Vai a farti fottere”). Qualche giorno fa le proteste delle mogli dei soldati in Ucraina (nella foto).

Un rapporto indipendente

La resistenza russa, alcune famose figure dell’opposizione in esilio (il noto economista, Vladislav Inozemtsev, l’ex deputato indipendente alla Duma Dmitry Gudkov, l’ex direttore dei media Kommersant e Vedomosti Damian Kudryavtsev e diversi altri, tra cui esperti e istituzioni internazionali) hanno preparato un rapporto molto sostanziale (qui) sullo stato economico e politico della Russia, sulle conseguenze delle sanzioni introdotte dai paesi occidentali, sullo stato della società civile sia in Russia che in esilio.

Le principali conclusioni riguardanti le conseguenze delle sanzioni possono essere formulate come segue: l’economia russa ha sopportato le sanzioni occidentali relativamente bene, non tanto grazie ad un’importazione parallela o alla sostituzione delle importazioni con prodotti propri, ma principalmente perché alcuni Paesi, come la Cina, non hanno partecipato pienamente all’applicazione delle sanzioni. La crisi è invece praticamente inevitabile in relazione alle sanzioni per la fornitura di pezzi di ricambio per l’aviazione civile: il numero di incidenti aerei è raddoppiato rispetto al periodo antecedente la guerra. Il prezzo proibitivo per il petrolio, introdotto dai paesi occidentali, non ha funzionato. In generale, i proventi russi derivanti dalla vendita del petrolio sono stati ripristinati. Nell’agosto 2023, l’India e la Cina rappresentano l’80% delle esportazioni di petrolio grezzo dalla Russia. La crescita dei prezzi mondiali del petrolio e le astute tattiche della Russia hanno portato al fatto che l’India e la Cina hanno pagato petrolio russo al di sopra del livello massimo di 60 dollari al barile. Le sanzioni finanziarie introdotte dall’Occidente nei pagamenti e nelle operazioni bancarie non hanno provocato danni irreparabili, ma hanno reso l’economia molto vulnerabile agli shock esterni. L’efficacia delle sanzioni potrebbe essere aumentata se si verificasse la riduzione del prezzo del petrolio, il rafforzamento delle restrizioni sul commercio di petrolio in Russia o la caduta della domanda da parte dei partner commerciali chiave, come la Cina e l’India.

Come incoraggiare la protesta?

In merito ai rapporti della società civile russa (nel Paese e in esilio) con l’Occidente, gli autori del rapporto sottolineano diversi punti importanti: si ritiene che uno dei presunti obiettivi delle sanzioni e delle altre pressioni esterne sia di incitare alla protesta la società russa. Ciò si si potrebbe ottenere sia per il peggioramento della situazione economica (per indebolire il potenziale militare del Cremlino e il suo potere politico interno), sia attraverso il sostegno indiretto all’opposizione russa attraverso la delegittimazione pubblica dell’attuale potere presidenziale e parlamentare. In poche parole, l’idea è la seguente: “Se siete contrari alla guerra e a Putin, scendete in strada e manifestate”. Hanno poi cominciato a circolare alcuni ragionamenti nuovi: che non vi è alcuna differenza tra chi è contro la guerra e chi la sostiene, che chi si oppone alla dittatura è colpevole come chi la sostiene, dato che non è riuscito ad evitare né l’una né l’altra, che è indispensabile impedire che i russi, in particolare gli oppositori, lascino il paese, che è necessario costringere coloro che hanno lasciato il Paese a tornare, per partecipare nella lotta politica, magari ponendo ostacoli alla loro permanenza all’estero.

Tuttavia, questi argomenti non solo contraddicono le lezioni che l’Europa ha tratto dalla seconda guerra mondiale – poiché il “mai più” dovrebbe chiaramente riguardare non solo con i combattimenti o i tentativi di pacificare l’aggressore, ma anche l’idea che le potenziali vittime non dovrebbero essere catturate in una guerra aggressiva, ma contraddicono anche i principali valori dei paesi democratici. La graduale trasformazione del regime di Putin in una dittatura aggressiva ha disorientato i politici occidentali alla ricerca del corretto equilibrio tra il governo e l’opposizione. Questo non sorprende, dal momento che questo cambiamento graduale ha sorpreso la stessa società russa. La protesta del 2011-2012, sostenuta dall’opinione pubblica occidentale, e la sua successiva sconfitta ha costretto i leader occidentali a tornare alla normale interazione con le autorità russe. Nonostante il sostegno alla protesta nelle dichiarazioni ufficiali, i leader occidentali hanno riconosciuto la nuova presidenza di Putin e il governo da lui nominato. Pertanto, Vladimir Putin e il suo regime hanno raggiunto ciò cui mirano i dittatori quando sperimentano una carenza di legittimità all’interno del paese: la legittimazione attraverso le relazioni internazionali. Sono poi seguite le proteste contro la guerra del 2014 e del 2015. Il loro culmine può essere considerato il 15 marzo 2014, quando decine di migliaia di persone hanno protestato a Mosca contro la violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina e la potenziale guerra con essa, effettivamente poi iniziata il 24 febbraio 2022. Una classica guerra aggressiva, scatenata contro un paese vicino, ha trasformato il regime russo da un regime ibrido in una vera e propria dittatura del ventesimo secolo. Le speranze nelle proteste o un braccio di ferro tra le forze anti-Putin e il regime oggi non sono solo inutili, ma in un certo senso sono dannose, poiché spostano l’attenzione verso aspettative vuote e false valutazioni. L’assenza di manifestazioni pubbliche è percepita come un aumento del sostegno al regime e l’assenza in Russia di forze impegnate contro la guerra implica che tutti i cittadini russi sono colpevoli dell’aggressione. Il pragmatismo del sostegno a lungo termine di Putin da parte delle democrazie occidentali e la politica di non interferenza dimostrativa ha toccato il proprio opposto: il disconoscimento di tutte le forze politiche di origine russa, in particolare dell’opposizione con cui sarebbe possibile invece instaurare un dialogo e l’accusa di marginalità e debolezza contro coloro che per anni sono stati ignorati e umiliati. La Russia moderna in realtà non è come l’URSS: è dittatura di destra, con un’economia di mercato. Nelle loro relazioni con le dittature (nel contesto delle vecchie dittature della seconda metà del ventesimo secolo), i paesi democratici ritenevano che la partecipazione effettiva di civili disarmati nell’abbattimento del regime fosse possibile solo in determinate condizioni.

Non stigmatizzare l’intero popolo russo


Dal marzo 2022, la Russia ha leggi molto dure in relazione alla libertà di parola e alle attività di protesta, che diventano atti di eroismo individuale.

La delegittimazione e la stigmatizzazione dell’intera popolazione russa non consentono agli oppositori della guerra e della dittatura in Russia di diventare un soggetto in grado di svolgere un ruolo decisivo nel cambiamento del regime. E la propaganda interna si muove con lo stesso scopo: tagliare, isolare chi ha lasciato il Paese. Tuttavia, se i personaggi pubblici che hanno lasciato la Russia a causa della guerra saranno tagliati fuori dalla società in Russia, può accadere che i cambiamenti tocchino esclusivamente da coloro che sono rimasti nel Paese e che, con rare eccezioni, hanno vissuto sotto l’inevitabile giogo del silenzio e dei compromessi. L’interazione libera e la fiducia reciproca tra chi è rimasto e chi ha lasciato il Paese sono un fattore vitale per una trasformazione reale e genuina della Russia.

La vera Russia è in esilio

In merito alla situazione della società civile russa in esilio, il rapporto riporta le seguenti valutazioni: secondo di diverse opinioni, nel 2022 hanno lasciato la Russia fino a 1,3 milioni di persone. Secondo il deputato del parlamento europeo Bernar Getta “la nuova diaspora russa non morirà in terra straniera. A differenza della diaspora degli anni ’20, questa opposizione in esilio è la vera Russia, proprio come la ‘Francia libera’ era una volta la vera Francia. È certamente destinata a influenzare il destino della Federazione e forse anche a gestirlo”. Gli emigranti russi, di norma, sono indipendenti e intraprendenti, raramente fanno affidamento sul sostegno statale anche prima di partire. Nei loro nuovi paesi, di norma, sono auto-sufficienti ed economicamente attivi. Non molti richiedono benefici sociali, indipendentemente dal tipo di visto che hanno. L’impatto economico della loro presenza è stato rapidamente notato in diversi paesi. Ad esempio, nelle economie del Kazakistan, della Georgia e dell’Armenia nel 2022 si sono registrati rispettivamente tassi di crescita del 3,2%, 10,1%e 12,6%, che superano di gran lunga le previsioni iniziali.

Kadri Liik, una ricercatrice senior del Consiglio europeo sulle relazioni internazionali, sostiene che l’Unione europea e i Paesi che la costituiscono non hanno una struttura politica olistica per quanto riguarda la comunità degli esiliati. Dice: “Gli alti e bassi che costituiscono la vita quotidiana degli emigranti russi – a partire dall’emissione dei visti, il passaggio dei confini, la concessione dei permessi di soggiorno e fino alla decisione di concedere asilo – rimangono principalmente nella giurisdizione dei vari Ministeri degli interni, sfuggendo così alla regolamentazione dell’Unione europea.” Allo stesso tempo, Kadri Liik spiega che parte dell’opinione pubblica europea percepisce questi emigranti come guide vitali della società civile russa – un collettivo potenzialmente in grado di catalizzare le trasformazioni democratiche nella propria patria. Questa parte della società europea non solo è disponibile all’accoglienza, ma anche ad una cooperazione attiva e ad un sostegno materiale. Una parte di funzionari europei, in particolare quelli a cui sono affidati i problemi della sicurezza, si trincera tuttavia dietro la burocrazia.

Ecco dunque le conclusioni degli estensori del rapporto: le sanzioni hanno davvero peso quando sono applicate da tutti e godono del sostegno di tutti. Le sanzioni imposte da paesi o da blocchi isolati raramente raggiungono i loro obiettivi. L’attuale strategia sanzionatoria dimostra evidenti incoerenze e sono state conservate molte scappatoie, con motivi umanitari o di business. Le sanzioni hanno dei punti deboli, il che consente alla Russia di aggirarle facilmente. Un problema significativo è un approccio incoerente dei paesi terzi, che offrono alla Russia l’opportunità di eludere queste restrizioni.

La guerra ha poi cambiato in modo preoccupante il modo di percepire i russi, che ricorda pericolosamente il trattamento riservato ai tedeschi durante le guerre mondiali. Tornare al concetto di responsabilità collettiva ha portato alla discriminazione nei confronti dei russi in varie parti d’Europa.

“Speriamo che le democrazie occidentali abbiano la capacità di pensare e adattarsi. Per raggiungere gli obiettivi della comunità mondiale e dell’Ucraina, è necessario fare pressioni sul regime di Putin in modo intelligente. Dialoghi trasparenti tra esperti con la partecipazione di tutte le parti interessate dovrebbero sostituire le misure burocratiche obsolete adottate negli anni passati. Riteniamo che le nostre ricerche possano svolgere un ruolo nella ricostruzione”, hanno concluso gli autori del rapporto.

Tutto quanto sopra sottolinea che, sia nella Russia silenziosa che tra gli emigrati, esiste una chiara comprensione dei meccanismi della catastrofe in cui la Russia è sprofondata. È evidente che la resistenza contro il regime autoritario di Putin è possibile solo con il sostegno delle forze democratiche occidentali.

Un passo importante nella comprensione e nell’ulteriore azione sarà a marzo 2024: se Putin verrà rieletto, il risultato delle elezioni dovrà essere dichiarato illegittimo. E tutte le ulteriori azioni dovranno tener conto di una cosa fondamentale: che senza la trasformazione del regime autoritario nel Cremlino in un democratico è impossibile fermare l’attuale guerra in Europa.


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