Non profit

La ruota degli innocenti gira in farmacia

Fa discutere la versione moderna di uno strumento antico

di Benedetta Verrini

A Roma muove i primi passi una rete di culle termiche pubbliche. Fallimento del welfare o baluardo in difesa
della vita? Le associazioni si dividono Monumento pietoso, istituzione medievale, la “ruota degli innocenti” torna alla ribalta. Si moltiplica in diverse città italiane. E accende il dibattito politico e all’interno delle associazioni: la “ruota” – oggi una stanzetta con una culla termica per lasciare in anonimato un bambino – segna il fallimento del welfare o rappresenta un baluardo in difesa della vita? Sono di segno opposto le valutazioni di due importanti realtà in difesa dell’infanzia, Anfaa – Associazione nazionale Famiglie adottive e affidatarie e Movimento per la Vita. Quest’ultimo ha salutato «con viva soddisfazione» la notizia dell’apertura di una culla termica presso una farmacia comunale romana, nel quartiere Prenestino, che dovrebbe rappresentare la prima di altrettante “culle” nelle 42 farmacie comunali della città. Si tratta, di fatto, della prima iniziativa pubblica (dopo la sperimentazione presso l’ospedale romano del Casilino, due anni fa) messa a disposizione delle madri in difficoltà. Tutte le altre culle esistenti sono state allestite in 34 diverse città italiane dal Movimento per la Vita.
Ed è proprio la “paternità” pubblica delle ruote romane a preoccupare Anfaa, che teme un sostrato pilatesco, una deresponsabilizzazione da parte delle istituzioni nei confronti delle madri che abbandonano i loro bambini e che sono evidentemente in grave difficoltà. «Ci appare come una proposta alternativa alle prestazioni obbligatorie assegnate al settore pubblico dalla legge n. 2838/1928, richiamata dalla legge n.328/2000», sottolinea la presidente Anfaa, Donata Micucci. Che ricorda come la ruota degli innocenti abbia un difetto all’origine: «Parte dalla considerazione che le gestanti con gravi difficoltà personali non hanno alcuna esigenza dal momento della gestazione fino al parto». Invece, sottolinea la presidente Anfaa, «esse ed i nascituri devono, come tutte le altre gestanti, essere seguite sotto il profilo sanitario; inoltre devono essere prese in carico ed accompagnate dai servizi sociali, per poter decidere responsabilmente se riconoscere o non riconoscere i loro nati».
«Siamo d’accordo sul fatto che le culle non devono rappresentare una deresponsabilizzazione delle istituzioni, ma la loro esistenza non esclude affatto, anzi dovrebbe ulteriormente sollecitare la società intera a prendersi carico di una madre in difficoltà», sottolinea Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita. «La culla è davvero un monumento, forse per alcuni ingombrante, che sta a ricordarci che i bambini non possono essere buttati via. È la società che deve farsene carico e accoglierli, se le madri non ce la fanno». Casini ricorda gli oltre 100mila bambini nati grazie all’accompagnamento che gli oltre 300 Centri di aiuto alla vita sparsi in tutta Italia hanno garantito alle mamme. «Se noi, con il volontariato e con così pochi mezzi, abbiamo potuto fare tanto, cosa potrebbe fare la società intera, nell’ambito di un sistema organizzato?», si chiede Casini. «Per questo ritengo che le culle siano uno strumento in grado di illuminare anche la fase precedente, il percorso di accompagnamento della donna nella scelta della vita».

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