Sostenibilità

La road map per la foresta

speciale Amazzonia Siamo in tempo per salvare la più importante area naturale della Terra?

di Redazione

Il bacino amazzonico, con le sue uniche ed enormi risorse naturali, continua ad essere sotto assedio. Sotto assedio per minacce provocate ovviamente dagli uomini, sostanzialmente dalla voglia di aumentare il nostro tenore di consumo. Se ci pensate bene, il collegamento è proprio il “consumo” e le richieste dei mercati mondiali che influiscono sulle «undici bestie dell’Apocalisse», come le descrive Joao Meirelles Filho in Amazzonia, (Corbaccio):

l’allevamento bovino estensivo
la soia
il carbone vegetale
lo sfruttamento incontrollato del legname
il modello fondiario
il narcotraffico e la guerriglia
il traffico di animali e piante
la caccia predatoria
le grandi opere (centrali idroelettriche, idrovie e strade)
le miniere d’oro
la pesca predatoria.

Foresta in dissolvenza
Il tasso di deforestazione è il più elevato del mondo ed è la causa non solo di un’enorme perdita di biodiversità ma è anche fattore scatenante del grave deterioramento delle condizioni di vita delle popolazioni che vivono nella regione. La perdita delle foreste ha conseguenze devastanti, a livello locale e globale, per la scomparsa di rare specie di piante che potrebbero avere un ruolo importante in medicina e nella ricerca scientifica, nel minacciare gli habitat di animali rari ed in pericolo, nell’impoverire le comunità locali che sono legate alla foresta per i mezzi di sussistenza, nel rilascio di grandi quantità di carbonio nell’atmosfera, e nel diminuire gradualmente le funzioni ecologiche dell’Amazzonia quali la regolazione delle piogge e del clima.
Il Brasile, entro i cui confini nazionali si trova il 70% della regione amazzonica, è al quinto posto per le emissioni di gas serra, derivanti dalla deforestazione. L’attuale disboscamento delle aree tropicali contribuisce nella misura del 20% al totale delle emissioni di gas serra e, secondo alcune proiezioni di mercato, questo contributo potrebbe arrivare fino al 50%.
I bisogni che spingono alla deforestazione sono la richiesta di legname d’opera da parte delle grandi città del Sud-Est del Brasile, la ricerca di legnami pregiati ad opera dei taglialegna non autorizzati, la corsa verso nuovi terreni fertili per pascoli e piantagioni. Nel futuro prossimo si prevede che la pressione possa aumentare per la crescente richiesta di terreni per la coltivazione della soia e per ospitare allevamenti destinati alla produzione di carne, i due beni di consumo più importanti per le esportazioni del Brasile, ai quali potrebbe poi aggiungersi la produzione di carburanti da biomasse vegetali.
Uno studio dell’Imazon rivela che se la stessa area destinata all’allevamento fosse sfruttata per il legno in forma sostenibile, la rendita aumenterebbe da 307 milioni a 1,44 miliardi di dollari (cinque volte maggiore). Il numero di posti di lavoro raddoppierebbe da 118 a 230mila. I contributi fiscali sarebbero nove volte di più. Per l’imprenditore il tasso di ritorno sul capitale sarebbe maggiore del 33%.
Sono evidenti le grandi contraddizioni in risposta alle sfide globali emerse durante i recenti incontri internazionali, il Summit UE-America Latina e la Conferenza di alto livello in Fao su agricoltura, cambiamenti climatici e biocombustibili.
Oggettivamente i dati presentati dagli studiosi di sicurezza alimentare indicano che sottrarre la produzione agricola all’alimentazione umana a favore di animali e produzione energetica (biocarburanti) è una scelta disastrosa. Dove entra la soia, il reddito e le terre si concentrano in poche mani, e diminuisce la produzione di alimenti destinati ai più poveri della società. Così come l’apertura di nuove infrastrutture per la ricerca di gas o petrolio, la creazione di strade e dighe minacciano l’equilibrio ecologico e la cultura dell’Amazzonia.

Obiettivo coinvolgimento
L’unica strada è coinvolgere i principali attori per cambiare il modo di concepire i progetti di sviluppo. Salvaguardare la più importante area naturale della Terra può essere ancora possibile perché ampie e remote zone rimangono intatte e ciò costituisce un’opportunità unica e importante. Bisogna puntare a preservare l’80% dell’Amazzonia (400 milioni di ettari), sostenendo le popolazioni locali attraverso i servizi e i beni prodotti dalla foresta, con un sistema di aree a tutela composte da territori indigeni (23%), aree protette a gestione integrale (12%), foreste a gestione pubblica (12%) e foreste gestite all’interno di aree protette (21%).
Un sistema basato sul sostegno alla creazione, istituzione e consolidamento di aree protette; sul sostegno sostenibile delle risorse naturali; sulla comprensione e messa in campo di provvedimenti per contrastare le cause del degrado; sul rafforzamento delle organizzazioni non governative locali e delle associazioni di base; sulle campagne di informazione per la pubblica opinione e per il settore privato e pubblico. Un sistema possibile se sono rispettati i diritti delle comunità locali, i tempi e le diversità socio-culturali e, come in natura, il loro patrimonio biologico e i valori di base; un sistema possibile se si costruiscono delle partnership di lunga durata, se si formano competenze per uno sviluppo sostenibile basato su valori etici, di partecipazione e su negoziazioni concertate con le popolazioni locali. È quindi fondamentale sviluppare strategie in rete con i soggetti pubblici che si occupano della gestione delle foreste, della pesca, dei bacini idrici, dell’acqua e delle aree protette, dei mutamenti climatici e dei servizi ambientali, delle grandi opere infrastrutturali e dello sviluppo agricolo su larga scala. Il cuore è il modello di economia sostenibile e la riduzione dell’impatto ambientale dei progetti di sviluppo delle infrastrutture.


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