Combattere il cambiamento climatico, ridurre l’inquinamento e garantire, allo stesso tempo, sicurezza alimentare. Lo scenario non è così utopico, spiega Lim Li Ching, ricercatrice Fao e di Third World Network: la rivoluzione verde in Africa, passando però per l’agricoltura biologica. Le stime indicano che i piccoli produttori africani sono già 33 milioni, circa l’80% degli agricoltori dell’intero continente. In pratica, i produttori si stanno già adattando al sistema migliore, ma inconsapevolmente. La maggioranza degli agricoltori africani produce senza utilizzare pesticidi e fertilizzanti, puntando sulla produzione locale e adattandosi alle esigenze e alla biodiversità del luogo. Ma il tasto dolente rimane. L’Africa deve triplicare la produttività agricola entro il 2050 per far fronte all’aumento di popolazione, un peso che grava su tutto il continente. Hans Herren, codirettore dell’International Assessment of Agricultural Knowledge, Science and Technology for Development, un organismo internazionale che monitora efficienza e qualità delle politiche agricole, spiega che «l’agricoltura è responsabile del 32% delle emissioni, quindi dobbiamo passare all’agricoltura sostenibile e biologica». La “green revolution” in salsa africana però non può adottare schemi già testati altrove. Eustace Kiarii, ceo di Kaon – Kenya Organic Agriculture Network, è molto chiaro: «Dobbiamo cambiare il meccanismo basato sul commercio e l’esportazione, e sviluppare l’agricoltura locale, puntando su mercati nazionali e regionali, sviluppando tecnologie low cost che non richiedano un ulteriore investimento in termini economici e di risorse umane».
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