Mondo
La rivoluzione in maglione di Alpaca. Perché prendere sul serio Evo Morales
Dove sta andando la nuova America Latina
U n presidente contadino cocalero, un indigeno aymara che raggiunge il potere per vie democratiche e con una campagna elettorale fatta per le strade – senza grandi investimenti – è forse la notizia più rivoluzionaria vista nei passati trent?anni in America Latina. Secondo il neo eletto presidente della Bolivia, Evo Morales è la fine di un?era, durata 180 anni, caratterizzata dalla dominazione ?straniera? cioè del potere bianco alleato dell?imperialismo nordamericano.
«La mappa dell?America Latina sta cambiando», ha dichiarato Fidel Castro ricevendo Evo Morales a Cuba, e per una volta ha sbagliato per difetto. In realtà la mappa politica è già cambiata, forse per sempre o per lo meno per un lungo periodo. Castro ormai non è più il solo a portare avanti politiche di sinistra. Piuttosto è l?unico a farlo senza farsi eleggere dalla maggioranza. La sinistra governa infatti in sei paesi, le cui economie sono una parte importante del continente e per la maggior parte sono economie forti e in forte crescita: Venezuela, Argentina, Brasile, Uruguay, Cile, cui ora si è aggiunto uno dei paesi poveri, la Bolivia. E ci sono altri otto elezioni presidenziali previste in America Latina nel 2006. Manuel Lòpez Obrador potrebbe guidare la prima vittoria della sinistra in Messico. Daniel Ortega ha buone probabilità di essere rieletto in Nicaragua. La riscossa indigena iniziata dal voto boliviano, potrebbe continuare in Perù, dove il candidato indigeno Ollanta Humala migliora ogni settimana i risultati nei sondaggi pre elettorali, e potrebbe esserci qualche sorpresa anche in Ecuador.
Nuove vie al socialismo
Ma la vera svolta non sta nel numero di governi di sinistra. Quindici anni dopo il ?consenso di Washington? ispirato dal Fondo monetario, il vero cambio della direzione di marcia sembra piuttosto l?enorme peso che ha raggiunto la voglia di liberazione della povertà, la questione economico-sociale, la voglia di partecipazione delle periferie urbane, dei diseredati e dei senza voce, che non sono più disposti a stare a guardare. Perfino nei paesi dove i conservatori o la destra hanno una solida maggioranza, la disuguaglianza, i diritti alla salute, all?educazione alla casa e al lavoro sono al centro del dibattito. E sono le promesse di giustizia o di occupazione ad orientare il voto perfino tra chi continua a credere nel libero mercato e nel capitalismo come matrici principali della crescita economica e del benessere.
Forse è per questo che tutti i nuovi governi di sinistra sono così diversi e anche se tutti guardano a Fidel Castro con simpatia, nessuno accetta quello cubano né un altro leader di sinistra come guida. L?antipatia per l?ideologia neocon di George W. Bush, sembra essere l?unico carattere comune del nuovo potere latinoamericano. Ma vanno tutti molto più in là del dire no a Bush e lo fanno ognuno a modo suo. Le nuove vie al socialismo sono tutte genuine, autonome, davvero indigene in ogni paese. Basta analizzare i discorsi della campagna di Evo Morales e le sue forme esterne, gli slogan, le priorità di governo già espresse. Il presidente Lula ha pagato due anni in anticipo 15.500 milioni di dollari di debito del Brasile con il Fondo monetario. Lo stesso ha fatto in Argentina Néstor Kirchner sborsando 9.800 milioni. Non solo hanno risparmiato così quasi un miliardo di dollari di interessi, che potranno reinvestire in politiche sociali, ma hanno anche mostrato di rispettare le regole del mercato, condizione essenziale per dare fiducia agli investitori.
Principi indigeni e universali
Evo Morales per ora non ha espresso alcuna voglia di seguire l?esempio moderato delle sinistre del Sud. Punta invece a una nazionalizzazione delle fonti di energia e vuole legalizzare la coca. Non potrà neppure seguire l?esempio di Hugo Chavez in Venezuela. Soprattutto perché Evo è il risultato finale di centinaia di processi di partecipazione democratica nella gestione dell?acqua, delle foreste, del gas. Lo ha votato gente che pensa sì controcorrente e in modo un po? estremista, ma certo lo fa con la propria testa e dunque non tollererebbe neanche un giorno un nuovo ?caudillo? con la faccia indigena a La Paz. C?è poco da imitare per Evo anche a Santiago del Cile. Michelle Bachelet è una socialdemocratica genuina, che assomiglia molto più a Zapatero, ed è il risultato di una grande soddisfazione popolare con i precedenti governi di sinistra, non un voto ?rivoluzionario? come in Bolivia.
Evo Morales fa sfoggio abbondante della sua diversità con simboli evidenti come i suoi poncho aperti e corone di coca in Bolivia, i suoi maglioni di lana di alpaca all?estero. Ma il bello ha ancora da venire.Evo infatti promette una assemblea costituente nel prossimo agosto, dove tre principi originari aymara diventeranno principi costituzionali: ama sua (non rubare), ama quella (non essere pigro) e ama hulla (non dire il falso). Parole diverse ma concetti comuni a molti principi costituzionali dagli Usa all?Europa. Ma se i nuovi arrivati facessero sul serio?
di Sandro Calvani dirigente delle Nazioni Unite.
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