Economia

La rinascita del Birrificio Messina

Grazie al sostegno della Fondazione di Comunità, che ha coinvolto investitori e finanza specializzata, potrà presto ripartire una storica produzione locale che era stata chiusa. La storia di un piccolo successo che conferma la validità del modello cooperativo

di Marina Moioli

Ricominciano da tre gli operai dello storico Birrificio Messina. Tre saranno infatti le prime etichette (la classica, la cruda e la linea ad altissima qualità) dello storico marchio che rinasce grazie a una campagna pubblica lanciata dalla Fondazione di Comunità di Messina.

«Per far ripartire una produzione tradizionale della città, oggi incarnata dalla cooperativa Birrificio Messina, che ha 15 soci fondatori, negli ultimi due anni abbiamo lanciato una campagna finalizzata all’attivazione della domanda locale e al fund raising, abbiamo predisposto il piano industriale insieme ai soci della cooperativa e attratto capitali per oltre due milioni di euro», dice Sergio Conti Nibali, presidente della Fondazione messinese, nata con l’obiettivo di promuovere giustizia sociale e sviluppo economico e umano in un territorio in continuo declino.

L’annuncio del salvataggio del Birrificio Messina è stato dato a Expo nel corso di una conferenza stampa. Il Birrificio Messina comincerà a produrre in autunno e ancora prima di partire ha già un portafoglio ordini per oltre 50mila ettolitri di birra.

La produzione della Birra Messina risale al 1923, avviata con un certo successo dalla famiglia Lo Presti-Faranda. A fine anni ’80 l’azienda viene acquistata dalla Dreher a sua volta poi acquisita dall’Heineken che fa di quello di Messina uno degli stabilimenti di punta in Europa (80 dipendenti nel periodo di massimo fulgore) con quote di produzione che superavano i 600mila ettolitri l’anno. In quel periodo lo stabilimento messinese vince per cinque anni di seguito il premio per la migliore produttività di Heineken Europa. A fine anni ’90 Heineken decide di ingrandire lo stabilimento, ma rimane impantanata in pastoie burocratico-amministrative e decide di trasferire a Messafra in Puglia il grosso della produzione, continuando però a imbottigliare in parte a Messina. Quando però nel gennaio 2007 arriva l’annuncio che lo stabilimento di Messina avrebbe cessato l’attività produttiva gli eredi della famiglia Faranda, già originaria proprietaria della birreria si candidano ad acquistarla e nasce così una nuova società, la Triscele srl, che non potendo più utilizzare il marchio Birra Messina lancia la Birra del Sole e la Patruni e Sutta. Da un certo momento in poi però i proprietari cominciarono a sostenere che per tenere il passo serve un ammodernamento degli impianti e che occorre destinare un altro luogo, chiedendo e ottenendo il cambio di destinazione d’uso del vecchio stabilimento situato a ridosso del centro della città, destinato ad area residenziale.

Gli operai capiscono le reali intenzioni della proprietà solo dopo aver ricevuto le lettere di licenziamento e avviano un presidio permanente durato un anno e mezzo davanti allo stabilimento, nel corso del quale riescono ad ottenere che la Regione Sicilia ponga il vincolo di interesse storico ed etnoantropologico sull’intera area. In questo modo si blocca l’operazione di abbattimento del vecchio stabilimento, ma non le procedure di licenziamento collettivo dei birrai, collocati nelle liste di mobilità.

Il nuovo inizio, invece, ha un’altra storia, che risale ad appena due anni fa. E la storia dei 15 ex dipendenti della Triscele Srl che scelgono di ripartire tornando alla loro professionalità in forma di cooperativa. E nell’estate 2013 fondano il Birrificio Messina. Sin dall’inizio di questo nuovo percorso, la Fondazione di Comunità di Messina è al loro fianco. Insieme, Fondazione e cooperativa, realizzano una pianificazione economico-finanziaria del nuovo Birrificio rigorosa e credibile, tanto che la Fondazione riesce a coinvolgere investitori e finanza specializzata attraendo per il Birrificio più di due milioni di euro. Cifra necessaria per integrare il capitale dei 15 lavoratori che destinano alla cooperativa il proprio Tfr e la rimanente parte dei fondi relativi all’indennità di mobilità. In tutto, le risorse ammontano a circa tre milioni di euro, e coprono il fabbisogno della nuova start-up (capannoni, attrezzature, materie prime).

La lunga battaglia dei birrai messinesi ora sta per concludersi. Nell’autunno 2015 i primi mezzi ritireranno nei capannoni la nuova birra da distribuire. E le prospettive sono già molto buone, al di sopra delle previsioni, visto a produzione non ancora avviata, sono già arrivati ordini per oltre 50mila ettolitri. Un risultato che nel piano d’impresa era previsto a regime, solo dal quarto anno di attività. Le richieste non arrivano solo dall’area dello Stretto, ma anche dall’Australia, dal Sud America dove vivono comunità di emigrati affezionate al prodotto della loro terra di origine.

Trailer del documentario "i Quindici" prodotto da Space Donkeys, per la regia di Alessandro Turchi

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