Non profit

La ricostruzione dei comitati

Sono tanti, giovani e spontanei. E della new town non sanno che farsene

di Lorenzo Alvaro

«L’Italia è un Paese vecchio». È una litania ormai. Tutti in tv, sui giornali parlano di un Paese con le rughe, anziano. L’Aquila è in controtendenza. Dopo il sisma è stato il fermento giovanile, la voglia dei ragazzi, a prendere per mano genitori, zii, nonni e a trascinarli fuori dall’incubo, a superare lo shock e ricominciare. Un secondo terremoto ha scosso la città. «Dire quanti siano i comitati non posso proprio farlo, e neanche quante persone vi siano impegnate. So solo che siamo parecchi», spiega Elisa Cerasoli, che si occupa dell’ufficio stampa di Collettivo 99, uno dei comitati, e che prova a fare da guida dantesca in questo turbinio di realtà. Ogni comitato ha il suo scopo e il suo perché. Ognuno si occupa di un particolare e tutti del bene dell’Aquila e degli aquilani. Il Collettivo, che in realtà non c’entra nulla con le realtà studentesche di sinistra, «un nome disgraziato purtroppo», ride Elisa, si occupa della ricostruzione dal punto di vista tecnico. Tutti quelli che ne fanno parte, circa 70 trentenni, sono ingegneri, architetti o geologi e propongono soluzioni alternative di ricostruzione che integrino o sostituiscano i progetti statali. «La Protezione civile non sta ricostruendo L’Aquila ma sta costruendo altro, la famosa New Town che con noi non c’entra» spiega Marco Morante, architetto e referente per il comitato, «la nostra non è un’alternativa, ma, a quanto pare, l’unica proposta. Vogliamo una riconversione dell’Aquila che rispetti il motto “Dov’era ma non com’era”. In modo che sia sostenibile, energeticamente autosufficiente e a basso impatto ambientale».
Il concetto alla base di tutto è però «il processo». Una ricostruzione cioè per fasi che risulti vivibile sin da subito. «La città deve tornare viva fin dalla prossima primavera. Strutture e attrezzature che rendano la città fruibile, anche durante la fase di cantiere, e che permettano l’incontro». Riapertura di bar, associazioni, sedi di partito e oratori. Per tutti la dimensione sociale è uno degli obiettivi. Anche per 3e32 – dall’ora del terremoto -, un comitato della prima ora «nato spontaneamente dall’incontro con un po’ di amici nel giardino di uno di noi», rivela Sara Vegni. 3e32 si occupa della protesta in senso stretto. E i risultati sono importanti, tutti conoscono slogan come «Yes, we camp!» o «Last Ladies» che si sono, per la loro semplicità e ironia, guadagnati le prime pagine di tutti i giornali nazionali. «Ogni giorno proponiamo un’iniziativa diversa per fare in modo che l’attenzione non scemi», spiega Sara.

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