Famiglia

La ricerca delle origini non è un film

di Paola Crestani

Sono tanti, in quest’ultimo periodo, i richiami al tema della ricerca delle origini: il film Lion, uscito appena prima di Natale, la partenza del gruppo di famiglie CIAI per il viaggio di ritorno alle origini in Cambogia, la puntata del nuovo programma “Cacciatori” in cui Maskarem, una donna di origini etiopi, adottata nel 1983 in Italia, è andata alla ricerca della sua famiglia biologica, insomma…. non posso davvero non pensarci e non fare qualche considerazione.

La prima è ovviamente sull’importanza per tanti figli adottivi di scoprire “da dove vengono”. Sono sempre di più quelli che esprimono questa necessità e, anche grazie alle moderne tecnologie e all’aiuto della rete e dei social, si incamminano sulla strada della ricerca della propria famiglia biologica. Ad alcuni invece basta conoscere il Paese di provenienza, l’istituto, fare pace con quella parte di vita che ha preceduto l’adozione.

Ricordo ancora con grandissima emozione quando siamo tornati in India, nei luoghi da cui proveniva nostra figlia. Shanthi era allora ancora una bambina, siamo tornati che aveva solo 10 anni dietro sua grande insistenza e dopo una preparazione di quasi due anni che ha coinvolto tutta la famiglia.

Credo che non abbiamo mai fatto una cosa più utile per lei, per la sua crescita e la sua serenità.

Incontrare di nuovo, conoscere ed “annusare” la sua terra (era venuta in Italia che aveva solo due anni e mezzo), visitare il luogo in cui era vissuta e di cui non si ricordava, trovare le persone che erano state per lei i punti di riferimento durante i due anni passati in istituto, le ha permesso di fare pace con il suo passato, di darsi una ragione del suo abbandono e di sentirsi finalmente fiera delle sue origini.

Cosi fiera e cosi tranquilla che quando, dopo aver visto il film Lion, le ho chiesto se le avesse fatto venire il desiderio di conoscere qualcosa di più del suo passato e della sua famiglia biologica mi ha risposto serena: “io so tutto quello che c’è da sapere”.

Non tutti i figli adottivi sanno quello che c’è da sapere, non tutti sono sereni, non tutte le storie di ricerca dei genitori biologici sono a lieto fine come quella di Saroo e di Maskarem.

Ho sentito di tante storie di ricerca delle origini, ognuna ha la sua originalità, molte hanno un esito positivo ma purtroppo – ed è questa la seconda considerazione che volevo fare – sono tante le persone che non riescono a trovare risposte alle loro domande o che trovano le risposte che nessuno desidererebbe avere: genitori che non ne vogliono sapere dei figli abbandonati, che li rifiutano o, peggio ancora, che ne approfittano. E purtroppo conosco diversi casi in cui l’incontro con la famiglia biologica ha avuto delle conseguenze drammatiche sull’equilibrio psicologico di chi si era messo alla ricerca.

Credo quindi che sia importante far presente, a chiunque vuole mettersi alla ricerca della famiglia biologica, che le cose potrebbero andare anche molto diversamente da come si spera.

E’ per questo che la raccomandazione fatta da tutti gli operatori che si occupano seriamente di questo argomento è quella di farsi supportare dal punto di vista psicologico da professionisti specializzati prima di iniziare il percorso di ricerca delle origini. E se poi si decide di proseguire nella ricerca, continuare a farsi accompagnare.

Cosi come si fanno accompagnare tutti coloro che partecipano al viaggio di gruppo per andare a visitare il Paese ed i luoghi di provenienza.

Un modo di conoscere le proprie origini che vedo avere sempre un buon riscontro.

L’esperienza di gruppo aiuta molto, ci si sente capiti, sostenuti, si possono condividere sensazioni, emozioni, sentimenti che cosi diventano più lievi. La presenza di uno psicologo che prepara il gruppo prima della partenza, che lo accompagna durante il viaggio e che poi, una volta a casa, continua a sostenerlo, permette di far fronte anche a quei momenti particolarmente difficili che sappiamo possono sempre capitare.

Non è il viaggio di gruppo invece il momento per andare alla ricerca dei genitori biologici.

E su questo tema vorrei aggiungere un’ultima considerazione.

Sono molte le persone, specialmente quelle adottate nel millennio scorso, che, andando alla ricerca della famiglia biologica, si sono trovate a confrontarsi con situazioni di adozioni non corrette, con stati di abbandono fasulli o estorti a genitori in condizioni di grande debolezza o non consapevolezza. E’ quello che sembra essere successo anche alla protagonista dell’episodio del programma “Cacciatori”: un’adozione fatta in tempi in cui le regole delle adozioni, specialmente a livello internazionale, ancora non esistevano e funzionava il famoso “fai da te”. Questa realtà è cosi diffusa che l’International Social Service, un punto di riferimento a livello internazionale per tutti coloro che si occupano di adozione, ha pubblicato quest’anno uno specifico manuale per i professionisti che si trovano ad occuparsi di persone vittime di adozioni illecite (Responding to illegal adoptions: a professional handbook – ISS 2016).

E’ quindi ancora più evidente, alla luce di questi episodi, l’importanza di avere imposto delle norme a livello internazionale con la Convenzione dell’Aja del 1993, nata proprio per regolare le adozioni e per prevenire le pratiche illecite. Certo non basta: ancora oggi purtroppo ci sono casi di adozioni illecite ma sicuramente molti passi sono stati fatti, specialmente nei Paesi firmatari della Convenzione.

Dobbiamo continuare a lavorare e ad impegnarci per prevenire e combattere le adozioni illecite, non è solo una questione etica, ma è fondamentale per la vita di tutte le persone coinvolte: bambini, genitori biologici, genitori adottivi.

Perché l’esperienza mi ha convinto che se per una persona adottata è molto importante conoscere le proprie origini lo è ancora di più avere la certezza e la serenità che l’adozione sia stata davvero l’unica soluzione possibile per poter crescere in una famiglia.

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