La ricchezza del poco insegna al vuoto dell’opulenza

Di ritorno dal campo di solidarietà internazionale in Kenya, dove hanno incontrato i ragazzi delle “slums”, tipiche favelas locali, i giovani del “Gonzaga Campus” di Palermo raccontano un’esperienza che ha cambiato il loro modo di approcciarsi al concetto di superfluo che caratterizza la società occidentale

di Gilda Sciortino

Spalancare le porte dell’aula scolastica e portare con sè tutto quello quel che si è letto e imparato, magari con l’aiuto di insegnanti per i quali il banco scolastico è solo il trampolino dal quale lanciarsi nel mondo con un bagaglio di conoscenze da sperimentare sul campo.

Per nulla un compito facile, se consideriamo che oggi la scuola è imbrigliata in programmi da seguire pedissequamente, pena la nota per non averli completati per dicenti e discenti, colpevoli solamente di avere voluto spiccare il volo e aprirsi alla vita.

Grande, quindi, il valore di un percorso come quello proposto dal Gonzaga Campus a 40 tra studenti, docenti e genitori scelti che una volta tornato a Palermo hanno raccontato l’esperienza unica fatta dall'altra parte del mondo in un campo umanitario di condivisione dove hanno potuto incontrare i bambini e ragazzi della “Bishop Mazzoldi School” delle Evangelizing Sisters of Mary, suore che tra le slums – chiamate in altre parti del mondo bidonville, favelas, baraccopoli – simbolo e sintesi di disuguaglianze sociali in cui le privazioni da ogni punto di vista sono in bella vista, hanno dato vita a due scuole nelle quali alle fragilità si risponde con progetti educativi.

In qualunque luogo del modo, ma soprattutto laddove la vulnerabilità colpisce maggiormente i più giovani, rendendoli facili prede di malintenzionati, inghiottiti da un sistema che prevede solamente sfruttamento lavorativo, sessuale o adescamento nelle maglie della criminalità organizzata dedita allo spaccio di droga, la scuola diventa l’occasione per guardare a un futuro diverso, nel quale i sogni non restano sogni da inseguire, ma possono trasformare il loro futuro in una realtà degna di essere vissuta.

«Che emozione partecipare a questa esperienza», – racconta Lucia, 14 anni, di origine spagnola, mentre condivide la sua avventura – «che mi piacerebbe ripetere anche il prossimo anno. Vedere questi bambini, nonostante le condizioni di povertà in cui vivono, così gioiosi e felici del poco che hanno, mi ha spinto a riflettere molto. Ricordo, quando dentro una baracca di lamiera, un padre di 45 anni – che aveva una invalidità a causa di un grave incidente – ci ha raccontato come, uno solo dei suoi 5 figli, andasse a scuola gratuitamente perché era stato vittima di abusi sessuali. Che ulteriore emozione quando ho chiamato al telefono una ragazza del Kenya che sta attraversando un momento difficile, dandole parole di conforto. Contatti che non voglio assolutamente perdere”.

Un’esperienza che è fonte di arricchimento da tanti punti di vista.

«Quando vivi in una società come la nostra non pensi minimamente che si sia realtà di questo genere. Grazie a questa esperienza – aggiunge Francesca La Cavera, 17 anni, studentessa del liceo scientifico STEM dove studia anche il cinese – ho imparato cos’è l'umiltà e la consapevolezza dei propri limiti in situazioni di vita difficili. In Kenia ho ascoltato e toccato con mano la quotidianità vita di alcune persone: dal bambino di 4 anni alla persona di 60 anni. Da tutti loro ho imparato che, nonostante i problemi, si può e si deve sorridere alla vita, valorizzando tutto quello che si ha. Mi ha colpito molto la grande generosità d'animo di una signora che abbiamo incontrato dentro la sua baracca che ci ha offerto del the. Ritornare a Palermo mi ha fatto ridimensionare tutto quello che sono e ho nella mia vita, allontanando quelli che possono essere le lamentele inutili ed i pensieri banali».

Un ritorno in una società dove bisogna cercare se stessi nei luoghi e con le persone che incontriamo.

Un monito che si porta dietro anche Sara Longo, una ex allieva che oggi studia all'Università Scienze dell'Educazione che in questo viaggio ha messo dentro la valigia la voglia di “custodire e fare crescere la speranza che i bambini ma anche gli adulti trasmettono con grande energia positiva attraverso i canti, la musica e i balli”.

Momenti ludici che appartengono e coinvolgono particolarmente il mondo dei giovani. Un compito meno facile, quello degli insegnanti che hanno accompagnati i ragazzi sorprendendosi della loro capacitò di mettersi in gioco. Per Linda Ogana, insegnante originaria del Kenya e da diversi anni a Palermo «è stato per noi motivo di grande orgoglio vederli adeguarsi al cibo sena lamentarsi, passare la notte nei dormitori locali, addirittura accettare l’uso razionato della rete internet. Tutto questo ha permesso loro di vivere con maggiore intensità gli scambi interculturali pieni di forte arricchimento reciproco. Ricordo con grandissima emozione quando ho letto in una loro classe le letterine dall'Italia che avevano scritto i miei alunni di quarta elementare. La gratitudine espressa da questi giovani è qualcosa che mi porterò dentro per lungo tempo. Una volta ritornati a Palermo è stato inevitabile aprire una riflessione sul concetto di 'superfluo' che caratterizza la nostra società occidentale».

Il coronamento di un sogno per tutti, questi viaggio di condivisione, ma anche un forte desiderio rivoluzionario.

«È ciò che coltiviamo da tantissimi anni» – afferma con soddisfazione padre Vitangelo Denora, gesuita e direttore generale del Gonzaga, che nel 2017 ha prestato un anno di servizio missionario in Kenya -. «Credo, infatti, che per la crescita dei giovani, l'incontro delle persone che vivono nelle realtà più ferite del mondo, sia davvero di notevole importanza. Nel nostro caso, l'evidente miseria che emerge, in tutta la sua drammaticità nelle baraccopoli di Nairobi, contrasta in maniera fortissima con la grande vitalità e solidarietà che c'è fra le persone. A testimoniarlo per prima, in maniera meravigliosa sono i bambini e le bambine; i piccoli giocano con poco solo all'insegna dello spirito di completa condivisione, non conoscendo esclusività o individualismi. Danno anche una grandissima importanza alla scuola che considerano una grande opportunità di vita che fa la differenza rispetto ad altri. Negli slums sono poverissimi ma, poi, quando si mettono la divisa, i più grandi accompagnano i più piccoli a scuola, pieni di gioiosa gratitudine. Come cittadini del mondo, abbiamo la necessità di conoscere l'umanità più autentica senza maschere e senza difese perché questo ci aiuta e ci mette molto in profonda discussione».

Un mondo nuovo per le loro esperienze personali, quello alla cui conoscenza vanno i ragazzi del Gonzaga Campus, partendo convinti di andare a fare un viaggio che arricchirà il loro bagaglio di conoscenze culturali e tornando con un altro sguardo verso un orizzonte da guardare con occhi pieni di amore e di speranza, Come la speranza che appartiene ai bambini del “Bishop Mazzoldi School”, dai quali imparare che si può sperare in un futuro migliore da qualunque condizioni si provenga.