Welfare

La riabilitazione si fa cavallo

Scheda di "associazione italiana di riabilitazione equestre"

di Antonietta Nembri

Si occupano di riabilitazione equestre e di equitazione ricreativa con handicappati: sono i soci dell?Anire, l?Associazione nazionale italiana di riabilitazione equestre sorta a Milano a metà degli anni Settanta e che oggi è presente in tutto il territorio nazionale. La rieducazione equestre non è né una nuova riabilitazione né una nuova equitazione ed è qualcosa di diverso rispetto alla fisiochinesiterapia tradizionale. E? un nuovo modo di collegare, mettendoli insieme, l?uomo e il cavallo con precisi scopi medico-riabilitativi attraverso l?esercizio equestre. Tra gli scopi che si è prefissa l?Anire vi sono inoltre la promozione della ricerca scientifica in questo settore, la diffusione e l?organizzazione della riabilitazione equestre in Italia, la formazione di operatori specializzati nella terapia con il mezzo del cavallo (in sigla Tmc). Da quasi vent?anni 924 operatori, medici e paramedici, sono stati specializzati, di questi oltre cinquecento operano negli oltre 130 centri Anire, nei quali lavorano anche moltissimi volontari. Importanti sono anche, tra le attività promosse dall?Anire, la partecipazione alle principali manifestazioni del mondo equestre e la promozione di corsi nazionali di perfezionamento per gli operatori medici e paramedici. Inoltre vengono promossi convegni e dibattiti e mantenuti contatti con le associazioni che operano all?estero. Da questi contatti si è costituita la ?Associazione internazionale di equitazione per il disabile?, la nascita del ?Riding for the disabled international? è considerata dall?Anire un fatto storico di estrema importanza anche per la possibilità di migliorare e sviluppare l?attività grazie alla collaborazione e agli scambi con le realtà presenti in una trentina di Paesi dall?Australia alla Gran Bretagna agli Stati Uniti. Ma esattamente come si inquadra la terapia della riabilitazione equestre? Innanzitutto il cavallo rappresenta una presenza concreta come oggetto di polarizzazione affettiva e come strumento per sollecitare fantasie emotive. Inoltre, non solo l?andare a cavallo, ma anche il solo stare a cavallo, l?ippoterapia nella quali il portatore di handicap non guida il cavallo, ma è in sella in modo passivo, arricchisce le possibilità terapeutiche di rilevanti contenuti relazionali. In pratica, la possibilità di, per così dire, ?padroneggiare? la situazione attraverso un?interazione con il cavallo si traduce nel recupero di sentimenti di sicurezza e autostima con forti spinte all?autonomia. Certo, a questo livello di padronanza possono arrivare solo quei portatori di handicap il cui livello cognitivo, neuromotorio e relazionale, permettono la gestione autonoma del cavallo. Questo ha portato a differenziare nell?ambito della riabilitazione equestre tre categorie: l?ippoterapia, la rieducazione attraverso l?equitazione e l?equitazione ?pre sportiva?. L?ippoterapia comunque non è una cosa di oggi. Se si va a guardare la storia si scopre che già Ippocrate, nel IV secolo avanti Cristo prescriveva l?equitazione come rimedio contro l?insonnia, mentre Asclepiade nel I secolo a. C. la consigliava come trattamento contro l?epilessia e in diversi casi di paralisi. Una storia antica dunque che dopo un periodo di silenzio e di una certa indifferenza, ha ritrovato nuova linfa soprattutto dopo la prima guerra mondiale quando il cavallo è entrato definitivamente nella terapia medica. L?Anire ha anche svolto uno studio attraverso la sua équipe tecnico-scientifica che ha rilevato, nella maggior parte dei casi in esame, un miglioramento neuromotorio oltre a un miglioramento delle capacità espressive.


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