Non profit
La rete solidale ha bisogno di nuove forze
Crescono le associazioni, ma non il numero dei volontari: la capacità di attrarre i giovani è la sfida del futuro
di Chiara Sirna
Parola d?ordine, rinnovamento. «Il volontariato toscano, infatti, sta vivendo una fase di buona salute, ma anche di transizione». Il neoeletto presidente del Cesvot – Centro servizi per il volontariato regionale, Patrizio Petrucci, sintetizza così i dati contenuti nel secondo rapporto del Cesvot. Continua a crescere il numero delle associazioni (l?incremento annuale si aggira intorno al 2-3%), «ma non quello dei volontari». Il che si traduce in difficoltà organizzative e operative. «Di questo passo andiamo incontro a una fase di invecchiamento dei quadri dirigenti», aggiunge Petrucci, «quindi va affrontato in maniera incisiva il problema del ricambio generazionale, che pure è e dev?essere fisiologico. La presenza dei giovani è fondamentale: sta alle associazioni saperli accogliere e inserire in modo più elastico. Anche quelle più strutturate devono essere in grado di ridurre la mobilità dei nuovi volontari, facendoli gravitare nella propria cerchia».
Obiettivo che peraltro ben si accorda con la ?motivazione? che la metà dei volontari sostiene di avere nel suo approccio all?esperienza solidaristica. E che in parte dovrebbe giocare a favore dell?arruolamento. «Noi partiamo da un vantaggio», dice in tono soddisfatto Patrizio Petrucci, «il 50% dei nostri volontari si rifà a una forte motivazione etica. L?associazionismo toscano è nato nel solco di una tradizione di giustizia sociale e solidaristica, che fosse in grado di attenuare le emarginazioni: è su questo che bisogna insistere».
Non a caso infatti il settore storicamente più sviluppato a livello regionale (78%) resta quello dell?assistenza sociosanitaria, a vantaggio della fasce più deboli. «Veniamo da una cultura di assistenza, dalle Misericordie all?Anpas», aggiunge Petrucci, «è solo insistendo sulla sensibilizzazione e l?apertura all?accoglienza che vinceremo la sfida della crescita, cominciando a dare maggior peso per esempio anche al servizio civile nazionale, che non solo è un?ottima porta d?accesso, ma permette anche di cambiare il sistema valoriale delle persone in senso solidaristico».
Diversificazione
In parallelo però bisogna anche sapersi innovare, per trovare nuovi modi di comunicazione e nuovi campi d?intervento. «In parte lo stiamo facendo, ma la strada è ancora lunga», conclude Petrucci, «nei nuovi settori, dalla protezione civile ai beni culturali, fino all?ambiente, la cooperazione internazionale e l?integrazione degli immigrati, il volontariato sta iniziando a sviluppare reti d?intervento preziosissime, mobilitando diversi attori dell?associazionismo e degli enti locali, convogliando così sullo stesso obiettivo molte più risorse umane ed economiche».
Quel cordone ombelicale
Con ancora una pecca però: quella di mantenere una forte dipendenza dal sistema di finanziamenti pubblici: il 49,6% delle entrate continua a venire dalle casse della pubblica amministrazione. «Bisogna vedere però se questo cordone ombelicale sia un male o meno », commenta Petrucci, «perché grazie alle convenzioni con gli enti locali l?associazionismo ha potuto radicarsi sul territorio, insieme ai cittadini. Certo il rischio latente resta la mancanza di autonomia, ma basta gestire correttamente i rapporti, in modo che il volontariato non sia un erogatore di servizi, ma un attore attivo nella programmazione e nell?intervento sociale, alla pari degli altri».
Altro capitolo su cui investire: la formazione interna. Che, pur avendo fatto passi da gigante (mentre nel 1998 solo il 38% delle organizzazioni di volontariato toscano ha usufruito di corsi di aggiornamento, nel 2003 la percentuale è salita al 65), ha ancora margini di crescita importanti. Soprattutto per una realtà fatta di realtà associative piccole e medio- piccole, che costituiscono la stragrande maggioranza delle 2.643 associazioni operative sul territorio regionale: il 51% delle associazioni toscane conta meno di 20 volontari. Piccole dimensioni e forte legame con il territorio, di cui sono spesso un ?pezzo di storia?: il 48,6% delle associazioni vanta dai 5 ai 14 anni di vita, il 39% più di 15 anni e soltanto il 12,6% da 1 a 4 anni. I volontari superano i 115mila e tra questi più della metà, il 59%, risulta «attivo in modo continuativo e gratuito», mentre i beneficiari dei servizi sociali ammontano a quota 200mila.
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