Sostenibilità
La Rete di Lilliput a Porto Alegre
Un esempio di contenuti: il workshop della rete sugli indicatori
PORTO ALEGRE. Su quali parametri giudichiamo i nostri politici? Se ci pensiamo bene sono soprattutto tre (li indico in ordine di importanza): il PIL (anche se molti non sanno cos’e’), l’inflazione e il tasso di disoccupazione.
Prendiamo il PIL. E’ stato ideato negli anni Quaranta dall’economista Simon Kuznets con lo scopo di valutare se l’economia americana poteva far fronte allo sforzo bellico della seconda guerra mondiale. Da allora, ha sviluppato una vita propria:
Kuznets stesso, come molti altri esperti di contabilità nazionale hanno provato per anni a impedire il suo utilizzo come indicatore di benessere, ma senza successo. Eppure e’ chiaro ai piu’ che funziona solo per indicare la situazione economica (ma anche in
questo campo ha dei limiti perche’, ad esempio, non tiene conto dell’economia sommersa), mentre una sua crescita a volte puo’ coincidere con una riduzione del benessere generale. Due esempi: il terremoto In Giappone dell’inizio degli anni Novanta (diverse
migliaia di vittime) ha causato un aumento di 2-3 punti percentuali del PIL, e si pensa che avverra’ lo stesso negli USA dopo gli attentati del 11 settembre.
E allora? Per “costruire un nuovo mondo”, per gestirne la complessità occorrono altri strumenti, piu’ adeguati, per dare alla società civile, ai decisori politici, alle associazioni e le forze politiche piu’ elementi per decidere.
La Rete di Lilliput ne propone due. Uno e’ il “Dashboard of sustainability” (traduzione letterale “cruscotto della sostenibilità”), sviluppato da un piccolo gruppo sotto l’egida dell’International Institute For Sustainable Development (Canada). Si basa su oltre
50 parametri – come l’aspettativa di vita, le emissioni di CO2, ecc… – e da’ un quadro sintetico sullo stato di una nazione o di una regione. La novita’ e’ che il “Dashboard of sustainability” colora in modo diverso ogni stato o regione: dal verde scuro (per indicare uno
stato-regione che ha raggiunto risultati molto positivi) al rosso (molto negativi). Con un colpo d’occhio si legge la situazione.
L’altro e’ la gia’ piu’ conosciuta “Impronta ecologica”. I 6 miliardi di persone che abitano la terra devono dividersi circa 13 miliardi di ettari di terra produttiva. Cio’ significa 2,1 ettari a testa. Oggi invece ogni abitante della Terra usa – in media – 2,9 ettari. La media,
ovviamente, nasconde dati molto diversi: si va da valori di 0,7 ettari per abitante in India, ai 12,5 ettari pro capite degli – indovinate un po’ – USA. Oltre alla evidente situazione di ingiustizia, l’indice mette chiaramente in evidenza che viviamo al di sopra dei mezzi
biologici della Terra. Se diventasse un indice di riferimento per la classe politica porterebbe immediatamente a scelte drastiche.
Dimenticavo, il “Dashboard of sustainability” puo’ essere scaricato in forma zippata da http://esl.jrc.it/envind/db_it.htm. Il download dura circa due minuti. La quantità di dati, grafici, correlazioni e le cartine colorate in funzione dello stato dei vari parametri e’
impressionante.
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