Sostenibilità

La rete dei mille si mobilita

La galassia del Forum italiano dei Movimenti per l'acqua

di Redazione

L’ultima in ordine alfabetico si chiama Yaku. Nella lingua dei quechua, uno dei popoli più antichi dell’America Latina, significa acqua. Si definisce una non-associazione e fa parte, insieme alla prima in elenco, l’Abruzzo social forum, del Comitato promotore del Forum italiano dei Movimenti per l’acqua, l’arcipelago delle reti nazionali e territoriali del terzo settore che si oppone alla privatizzazione dell’acqua. Più di mille fra organizzazioni unite da uno slogan: l’acqua è un diritto, non una merce. Onlus, diocesi, associazioni studentesche, Camere del lavoro, comitati cittadini ma anche Comuni, Province e Comunità montane che non intendono, per dirla con le parole della campagna nazionale «Salva l’acqua», consegnare «alle regole del mercato e del profitto la gestione di un diritto umano universale».
Dal 2006, anno in cui si è costituito a Roma, il Forum ha promosso numerose manifestazioni di sensibilizzazione e raccolto nel 2007 più di 400mila firme per un’iniziativa popolare di legge sulla ripubblicizzazione dei servizi idrici che, al momento, però giace in Parlamento. L’obiettivo, ora, è bissare il successo ottenuto durante il governo Prodi con lo stop al decreto Lanzillotta sulla liberalizzazione dei servizi pubblici locali e l’introduzione della moratoria sugli affidamenti ai privati fino al primo dicembre 2008. Per questo il Forum ha lanciato un appello ai parlamentari perché ritirino il decreto 135/2009 varato quest’estate dal governo Berlusconi e agli eletti nei Consigli comunali perché inseriscano negli statuti comunali il riconoscimento dell’acqua come bene comune e la dichiarazione che il servizio idrico è privo di rilevanza economica.
«Siamo allarmati», commenta Paolo Carsetti della segreteria del Forum, «perché abbiamo le prove di cosa significhi l’ingresso dei privati. Le prime esperienze maturate in Italia dimostrano che ha prodotto l’innalzamento delle tariffe e l’aumento del consumo di risorse idriche». Né sono state ridotte le perdite degli acquedotti. «Quanti sostenevano che i privati avrebbero portato capitali freschi», taglia corto Carsetti, «sono stati smentiti. Gli investimenti si sono addirittura ridotti, passando dai 2 miliardi all’anno del periodo precedente l’apertura ai privati ai 700 milioni attuali». Il punto, prosegue l’esponente del Forum, è che non c’è da fidarsi neanche delle società miste pubblico-privato. «Laddove il pubblico è al 51%, come in alcune società toscane, i soci privati di fatto la fanno da padroni».

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