Welfare
La Relazione del Garante: carceri sovraffollate e alto numero di suicidi
Sono 1.319 i detenuti in carcere per esecuzione di una sentenza di condanna a meno di un anno e altre 2.473 per una condanna da uno a due anni: i numeri della Relazione presentata dal Garante dei diritti delle persone private della libertà personale
di Luca Cereda
Dopo il picco al ribasso del 2020 – concomitante con l’inizio della pandemia – le carceri italiane sono tornate ad essere sempre più affollate. Il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale Mauro Palma ha presentato la Relazione annuale al Parlamento, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Secondo la relazione del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale Mauro Palma, dei 53793 detenuti (per una capienza pari a circa 47.000 posti effettivi disponibili) presenti nelle carceri italiane e dei 38.897 che stanno scontando una sentenza definitiva, «sono addirittura 1.319 coloro che sono in carcere per esecuzione di una sentenza di condanna a meno di un anno e altri 2.473 per una condanna da uno a due anni. In tutto il 7% del totale». Per Palma, «è superfluo chiedersi quale possa essere stato il reato commesso che il giudice ha ritenuto meritevole di una pena detentiva di durata così contenuta; importante è piuttosto riscontrare che la sua esecuzione in carcere, pur in un ordinamento quale il nostro che prevede forme alternative per le pene brevi e medie, è sintomo di una minorità sociale che si riflette anche nell'assenza di strumenti di comprensione di tali possibilità, di un sostegno legale effettivo, di una rete di supporto».
Nelle carceri italiane, dai suicidi alle torture
Il Garante ha richiamato anche l'attenzione sui suicidi in carcere – 29 a oggi nel solo 2022 a cui si aggiungono 17 decessi per cause da accertare – e sulle violenze avvenute per esempio Santa Maria Capua Vetere, che richiedono secondo Palma «capacità di accertamento rapido e rapida individuazione di responsabilità anche a tutela delle persone su cui pende una incriminazione così grave quale di tortura o quella altrettanto grave di favoreggiamento nei confronti di coloro che di tale reato sono imputati». Il garante presentato la relazione al Parlamento ha offerto una visione della pena in sintonia con quanto prescrive la nostra Costituzione all’articolo 27: «La pena carceraria deve essere ridotta al minimo, vanno ridotti i reati e vanno ridotte le pene a quelle strettamente necessarie. La marginalità sociale va ricollocata nel mondo del welfare – spiega Mauro Palma -. È con strumenti sociali, e non penali, che va affrontata».
Garante contro riforma ergastolo ostativo
Il Garante ha anche criticato il testo licenziato dalla Camera sull'ergastolo ostativo, cioè l'impossibilità di interrompere la pena detentiva nei casi in cui il condannato, ad esempio per reati mafiosi, non voglia collaborare con la giustizia. La riforma dovrà essere approvata dal Senato prima dell'8 novembre, nel rispetto del nuovo termine che la Consulta ha dato alle Camere – che introdurrebbe «disposizioni decisamente peggiorative rispetto alla disciplina su cui essa è intervenuta». Al 31 marzo 2022 sono 1.822 le persone condannate all'ergastolo, di cui 1.280 all'ergastolo ostativo: «È francamente difficile ricondurre quest'opera di riforma ai princìpi e ai parametri di revisione delle preclusioni assolute previste dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, segnati, i primi, e indicati, i secondi, dalla pronuncia della Consulta», scrive il Garante, che segnala anche l'aumento del termine di tempo, da 26 anni a 30, per l'accesso alla richiesta di liberazione condizionale dei condannati all'ergastolo ‘ostativo' e quello di durata della libertà vigilata, passata da 5 anni a 10. «Il punto che appare di maggiore tensione rispetto alle indicazioni della Corte, tuttavia, sta proprio nei presupposti prescritti per l'accesso a qualsiasi beneficio – tutti, inclusi i permessi premio – o misura alternativa previsti dalla legge nonché alla liberazione condizionale. Una serie complessa di adempimenti probatori di difficile se non impraticabile adempimento e che, soprattutto, sono rivolti al passato, alla storia della persona spesso condannata in un tempo lontano oltre che riferiti a previsioni prognostiche che tanto somigliano a una prova diabolica».
Carcere e migrazioni: nei Cpr, lunga permanenza e rimpatri al 49%
Il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale lancia l'allarme anche sulla condizione dei Centri per il rimpatrio, anch'essi sovraffollati: «Non è cambiata la percentuale dei rimpatri relativamente alla permanenza nei Centri per il rimpatrio: attualmente nei 10 Cpr, con una complessiva capienza di 711 posti, si è mantenuta attorno al 49% delle persone che sono state ristrette, in media per 36 giorni. Il che apre la questione della legittimità di tale trattenimento quando sia già a priori chiaro che il rimpatrio verso quel determinato Paese non sarà possibile».
A fronte di 44.292 persone registrate negli hotspot nel corso del 2021 – tra esse anche 8.934 minori – le persone rimpatriate sono state 3.420. Il dato delle registrazioni in hotspot è così tornato simile a quello del 2017, «ma il tema – denuncia il Garante – continua però a essere affrontato, nei suoi miglioramenti e nelle persistenti problematicità, in termini emergenziali e non strutturali: quasi fosse ancora un problema nuovo, rispetto al quale deve essere sviluppata una politica solida e non congiunturale, a livello italiano ed europeo. L'attuale modalità, fatta di hotspot, di Cpr, di tentativi di rimpatrio, di numeri asimmetrici tra gli arrivi, i rimpatri e i positivi inserimenti nella collettività, fatta soprattutto di molta inutile sofferenza e grande dispendio di mezzi, persone e denaro non ha le caratteristiche di una effettiva ‘politica' adottata di fronte a un tema che non diminuirà nei prossimi anni e che anzi, aumenterà in dimensione anche in considerazione dei molti conflitti armati in varie regioni del pianeta e, in particolare, dell'ultimo ancor più prossimo a noi».
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