Welfare

La reflex del welfare

di Flaviano Zandonai

Pare che gli urbanisti non guardino più le planimetrie. O almeno lo facciano con molta meno assiduità che nel passato. Preferiscono  partire dal contatto diretto con gli interventi, perché rendendo conto di quel che si vede si possono valutare i contenuti delle politiche che guidano lo sviluppo urbano. Sarà scontato, ma messo in pratica, con la necessaria pazienza e acutezza metodologica, questo approccio contribuisce a svelare proprio i più clamorosi dati per scontato. Ad esempio il “verde” (parchi, spazi gioco, sport, ecc.) che di default lo si considera “pubblico” perché luogo di coesione, incontro, comunità, viene in realtà utilizzato sempre più spesso come trincea per separare i diversi blocchi insediativi. O, all’opposto, come radura spogliata e piatta per ragioni di “sicurezza”, col risultato di lasciarla senza vita. E’ solo un esempio ripreso da un interessante seminario del pomeriggio durante il quale, a un certo punto, il relatore invita anche gli operatori del welfare a muoversi nella stessa direzione. Parafrasando si tratterebbe di pendere sempre meno dalle labbra dei Piani di zona direzionandosi invece verso i servizi di protezione, cura, inclusione che, a loro modo, infrastrutturano i contesti sociali. Il tutto non per denigrare i documenti di pianificazione, anzi per dar loro spessore e legittimazione “materiale”, frutto di una valutazione sul campo. Sì, ma come si fa? Urbanisti e architetti corredano i classici strumenti della rilevazione sociologica (soprattutto qualitativa) con un robusto apparato fotografico. Nel caso del welfare quale materiale di prima mano si può utilizzare? Forse si potrebbe recuperare, valorizzandola, la conoscenza che scaturisce dalla narrazione dei servizi fatta dagli operatori sociali. E’ gran parte orale, perché restituisce in modo più immediato sfumature e note di contesto e perché spesso deriva di una riflessività condivisa. Ma la narrazione può diventare documento scritto a più mani, senza renderla schiava dei formalismi legati a certificazioni, gare d’appalto, ecc. Le tecnologie di condivisione possono dare un grande aiuto e sono facilmente accessibili: file wiki, blog, forum, chat. Basta anche un giro di mail ben gestito. Ne uscirebbero immagini del welfare davvero ben definite.


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