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La Rai diventa una fondazione?

Presentata oggi la riforma: "Barocca e complessa", dice Gasparri (An), "base per il rilancio Tv pubblica", Lusetti (Dl), bene anche dalla verde De Zulueta. Al via il dibattito pubblico

di Redazione

Cinque traguardi da raggiungere con altrettante scelte operative collegate per centrare due obiettivi ‘non optional’ per la Rai del futuro: liberta’ e qualita’, ovvero ”piu’ autonomia dal potere politico e maggiore diversificazione dalla tv commerciale”. Cosi’ il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni ha sintetizzato lo scopo delle sue ”linee guida per la riforma della Rai” che saranno oggetto dai prossimi giorni e fino a fine febbraio di una consultazione pubblica con tutte le istituzioni e categorie interessate per arrivare entro marzo alla presentazione del ddl governativo.

La riforma in concreto
Gentiloni propone che a governare in futuro la Rai sia una Fondazione che ”diventera’ azionista della Rai” e il cui vertice sara’ costituito da un Consiglio composto da 6 membri (4 indicati dal Parlamento e 2 dalle Regioni e nominati con voto parlamentare) piu’ il presidente (indicato dai presidenti di Camera e Senato e sottoposto ad un voto a maggioranza qualifata). La novita’ principale e’ che ”il consiglio non si rinnova mai completamente”: alcuni membri durano infatti in carica 6 anni ma un terzo cambia ogni due anni. Il ministro propone inoltre che la nuova Rai sia divisa in ”tre societa’: una per la gestione degli impianti e due societa’ di produzione”. ”La prima si occupera’ delle due reti e delle attivita’ finanziate prevalentemente dal canone; la seconda gestira’ invece la rete che sara’ interamente finaziata dalla pubblicita”’.

I Cda delle tre societa’ sono ”nominati dal Consiglio della fondazione e rispondono al codice civile”. Lo scopo della nascita della Fondazione e del suo vertice e’ – ha sottolineato Gentiloni – ”garantire innazitutto l’autonomia della Rai dal goerno, rappresentare i cittadini-telespettatori, difendere l’autonomia dell’azienda dai diversi poteri, verificare l’andamento del contratto di servizio, verificare il rispetto degli indirizzi della commissione di Vigilanza, definire gli statuti delle societa’ e nominarne i vertici”.

Le linee guida proposte dal ministro prevedono inoltre che il contratto di servizio tra Stato e Rai duri 6 anni, che il canone di abbonamento venga rivisitato ogni 3 anni e che l’azienda riceva le ”risorse necessarie al pieno recupero dell’evasione, che potra’ essere accompagnato da alcune misure sociali come l’esenzione per gli anziani non autosufficienti”. Solo cosi’ (anche se Gentiloni ammette di essere aperto alla discussione su ipotesi alternative, alcune dlele quali vengono gia’ citate anche nelle linee guida) sara’ possibile per il ministro raggiungere i cinque traguardi che la riforma si prefigge: ”sfuggire alla tendenza di omologazione del servizio pubblico alla tv commerciale”; ”ridurre la dipendenza della tv pubblica dalla pubblicita”’ aumentando il peso del canone come accade in tutti gli altri servizi pubblici europei; ”scommettere sull’innovazione”; ”conquistare l’autonomia dal governo e dalla politica”; ”dare alla Rai regole di funzionamento tipiche di un’azienda normale”.

Il ministro annuncia che i primi incontri nell’ambito della consultazione pubblica sono gia’ stati fissati e riguardano: i dipendenti Rai, il mondo dei giuristi, gli operatori del settore (dai produttori agli autori ed attori) ed un confronto a Ginevra con i vertici di tutte le tv pubbliche europee. Ma sul sito del ministero partira’ da subito un ‘call for paper’ per raccogliere proposte e suggerimenti scritti che vogliano contribuire al dibattito.

A chi gli chiede se dietro la scelta di societarizzare una rete e farla finanziare dalla pubblicita’ non ci sia in realta’ la volonta’ di arrivare alla sua vendita ai privati, il ministro risponde: ”Mi rendo conto che la domanda e’ leggittima ma io propongo che la proprieta’ di questa societa’ rimanga sempre a prevalente proprieta’ pubblica”.

Le prime reazioni
Se per il centro destra parla Maurizio Gasparri (An), definendo la riforma Gentiloni “barocca a complessa”, il centro sinistra fa la ola: Ds, Dl, verdi, e pure Prc accolgono la riforma Rai come necessaria, radicale, e benvenuta. Di parere contrario il ministro delle comunicazioni nel governo Berlusconi, Gasparri secondo cui la riforma “rischia di ingessare la Rai e di impedirle di essere competitiva sui mercati della comunicazione nazionale e internazionale”. ”In ogni caso – aggiunge l’esponente di An – la materia radiotelevisiva va discussa nel suo insieme, senza procedere con diversi disegni di legge con modalita’ confuse e caotiche”. ”Non possono essere prese alcune decisioni con un disegno di legge che riguardi anche l’assetto e il numero di reti della Rai ed altre in un altro ambito. Bisogna far diradare il fumo che circonda questi discorsi e prendere atto -rileva Gasparri- che l’impianto attuale puo’ essere migliorato ma all’insegna della chiarezza e non con questo gioco di scatole cinesi che certamente non portera’ a nessuna riforma delle leggi vigenti”.
A cui si aggiunge il presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai, Mario Landolfi: ‘Di solito quando un governo vuole riformare un settore presenta un articolato, un progetto di legge. Qui invece si apre un dibattito il cui fine ultimo e’ lo spezzatino della Rai e la svendita a qualcuno”.

Documenti:
Scarica Le linee Guida per la riforma della Rai


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