Analisi
La qualità del cibo è figlia della sostenibilità delle aziende
È quanto emerge dal bilancio aggregato di sostenibilità realizzato da Unione italiana food e Santa Chiara next. Paolo Barilla: «Sostenibilità oggi vuol dire investire sul futuro» e in «un cambio di pensiero molto rilevante per le imprese»
di Alessio Nisi
Più di 8 aziende del settore alimentare su 10 (l’86%) hanno investito in innovazione di prodotto, con riformulazioni che vanno nella direzione di una dieta più sana. Quasi il totale delle imprese del food (il 96%) ha portato a terra almeno un’azione di tutela e conservazione dell’ambiente. Non solo. Oltre il 90% delle società ha almeno il 49% dei dipendenti donne (e il trend è in crescita). Sono alcuni delle evidenze emerse dal terzo bilancio aggregato di sostenibilità realizzato da Unione italiana food e Santa Chiara next (spin-off dell’università di Siena che si occupa del monitoraggio delle imprese sostenibili e della loro competitività).
Il report anticipa gli obblighi al primo gennaio 2024. Abbiamo un’industria italiana di grande qualità che pensa alla sostenibilità
Vannia Gava – viceministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica
Investimenti nella tecnologia e spreco idrico
Alla presentazione ha partecipato il viceministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Vannia Gava. «I dati emersi», sottolinea, «dimostrano come l’attenzione e il costante desiderio di innovare e di risolvere problemi e bisogni, non resta astratto ma venga sostanziato dalle aziende del settore alimentare». Una concretezza che passa per investimenti nella tecnologia «per un prodotto di qualità che sia sostenibile».
Per il viceministro «sapere che i nostri prodotti vanno a riempire gli scaffali all’estero è motivo di orgoglio». Tra gli impegni Gava evidenzia, «l’utilizzo delle acque reflue in agricoltura», in chiave di «lotta allo spreco idrico», l’imparare «a razionalizzare bene le risorse a nostra disposizione» e non da ultimo, in chiave di sostenibilità sociale, «il saper coniugare la tutela dell’ambiente con l’economia». Per Gava stanziare i fondi non basta. «Occorre lavorare insieme per semplificare la messa a terra di investimenti e per sburocratizzare i procedimenti di chi voglia mettere risorse nel nostro Paese».
Dobbiamo impegnarci sempre di più nel formare i cittadini sui temi della sostenibilità. L’obiettivo è fare squadra nella difesa dell’ambiente
Vannia Gava
Quattro tracce
Lo studio è stato condotto su quattro ambiti: il contributo delle aziende ad una dieta sana, la sostenibilità ambientale e sociale nei processi interni, la sostenibilità delle catene di approvvigionamento, le buone pratiche in ambito sociale.
Sostenibilità è qualità
Il documento è basato su 43 bilanci di sostenibilità redatti nel 2022 dalle imprese associate alla stessa Unione italiana food. Per Paolo Barilla, presidente di Unione italiana food (realtà che conta 522 aziende associate, per un totale di 100 mila lavoratori) oggi la sostenibilità è indice di «qualità» del prodotto, esattamente come in passato lo è stato l’accesso al cibo, la sicurezza alimentare e i temi legati alla ingredientistica. Sostenibilità, per Barilla, «oggi vuol dire investire sul futuro, un futuro virtuoso», che comporta «un cambio di pensiero molto rilevante per le imprese, un evoluzione fortissima».
Percorso affascinante e impegnativo
Che la strada della sostenibilità sia sì «affascinante», ma anche «impegnativa» per le stesse imprese lo mettono in evidenza gli altri numeri del rapporto. Ebbene a oggi si rileva che il 70% delle aziende valuta i propri fornitori sulla base dei criteri environmental, social, governance – Esg, oltre il 65% dichiara di aver predisposto un piano di sostenibilità pluriennale con obiettivi di lungo e medio termine, mentre sempre il 65% supporta la comunità locale svolgendo attività a favore delle scuole, del territorio e collabora con organizzazioni di beneficenza per la lotta allo spreco alimentare.
Cibo di qualità, tema strategico per il Paese
In questo quadro, Barilla ribadisce: «La strada maestra è il comportamento delle imprese e l’educazione dei cittadini, a partire dalle scuole». Torna poi sull’importanza di «offrire alimenti di qualità», un tema strategico per il nostro Paese, in cui sono centrali «il buon vivere e il cibo», che poi sono espressione della nostra «cultura di territorio» e «cultura della passione del nostro mestiere». Dunque il report costituisce un po’ «la strada maestra per uno sviluppo sano del Paese e del territorio. Non possiamo», sottolinea, «permetterci che una parte dell’impresa non sia virtuosa».
La reportistica richiederà sempre di più di esplicitare cosa facciamo per la sostenibilità: un cambiamento culturale profondo che riguarda l’idea stessa di impresa
Angelo Riccaboni – professore ordinario di economia aziendale dell’Università Santa Chiara di Siena
Sostenibilità e trasparenza
Per Angelo Riccaboni, professore ordinario di economia aziendale dell’Università Santa Chiara di Siena, «la sostenibilità non è uno stato di arrivo ma è un percorso su cui tutti dobbiamo impegnarci». La premessa dell’importanza di questo cammino per le imprese del settore alimentare poggia su numeri importanti.
«L’Italia è una super potenza nel cibo» e cita i dati del rapporto Federalimentari secondo cui è un settore che vale 179 miliardi (il primo per fatturato in italia), con un peso del 30% sul Pil. «Ma il cibo ha anche un ruolo sociale e identitario, qualcosa di veramente prezioso». Anche Riccaboni torna sull’evidenza di un «nuovo concetto di qualità che vede insieme sostenibilità e trasparenza: i consumatori vogliono prodotti che siano in linea con questi aspetti».
La normativa europea chiede alle banche di privilegiare i finanziamenti alle imprese sostenibili, marginalizzando le altre e quelle che non pagano la grammatica della sostenibilità. Questo farà la differenza, anche in termini di metodologia di analisi
Angelo Riccaboni
Dove vanno i consumatori
Le aziende se vogliono stare sul mercato «devono andare in questa direzione». Non solo. La sostenibilità è anche «qualcosa che conviene. Dobbiamo convincere politici, consumatori e imprese che porta dei vantaggi». Un dato? L’86% dei consumatori ha fiducia nell’impresa alimentare, per il 90% il cibo è importante per il benessere psicofisico, la metà dice che non acquista o acquisterebbe cibo non salutare o non sostenibile. «I consumatori, specialmente i più giovani, vanno in questa direzione».
Foto in apertura di Jony Ariadi per Unsplash. Nel testo foto per gentile concessione di Unionfood
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