Famiglia

La Protezione civile non è una combriccola, ma un patrimonio da difendere

L'intervento di Riccardo Bonacina, direttore editoriale di «Vita»

di Redazione

Non dimentichiamoci mai che in Abruzzo è riuscita a mobilitare in pochi giorni 70mila volontariConosco Bertolaso dal 1991, quando era capo dipartimento agli Affari sociali, da allora mi è capitato spesso di raccontare il suo lavoro e quello della Protezione civile e perciò ho avuto modo di apprezzarlo, ed anche di criticarlo, senza sconti. Come quando la Protezione civile, struttura dello Stato, si mise a raccogliere fondi dei cittadini per interventi nei Paesi colpiti dallo tsunami nel 2004, o come quando nel luglio scorso a L’Aquila chiesi a Bertolaso com’era possibile che la Protezione civile, a fronte della movimentazione di 70mila persone messe in sicurezza e assistite e a fronte di un programma di ricostruzione dettagliato e trasparente (ogni gara di appalto e i suoi risultati erano disponibili online in tempo reale sul sito della Protezione civile), come mai, dicevo, a fronte di tanta efficienza non avesse dedicato neppure un piccolo pensiero alla necessità della ricostruzione di un nuovo tessuto comunitario di una città nella diaspora.
Che dire ora, dopo che il Gip di Firenze ha firmato l’ordine di arresto per quattro persone (il presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Angelo Balducci, l’ingegner Mauro Della Giovampaola, l’imprenditore romano Diego Anemone e l’ingegnere Fabio De Santis) e l’avviso di garanzia per 40 indagati tra cui proprio Guido Bertolaso? Che dire ora di fronte ad un’accusa che non risparmia termini come “cricca di banditi” e che attraverso una sessantina di perquisizioni e la solita sequenza di intercettazioni e foto “rubate”, abbondatemente rese note da giornali e tv, racconta della «combriccola della Protezione civile» (testuale), come di una banda di puttanieri corrotti?
Prima considerazione. L’inchiesta della Procura di Firenze ha senza dubbio una grande portata politica. La spiega con grande efficacia Ezio Mauro su La Repubblica: «L’inchiesta sulla Protezione civile colpisce il cuore del berlusconismo. Il Cavaliere ha fretta, procede per immunità e scorciatoie, riduce la politica a prospettiva di pura forza che travolge anche ogni orizzonte di riforma costituzionale condivisa». Insomma, Bertolaso ha un grande peccato (assai peggiore di tutto ciò che gli viene attribuito nell’ordinanza): ha dato l’immagine di una amministrazione pubblica che sa agire e raggiungere gli scopi prefissi se messa in condizione di non impantanarsi nelle pastoie burocratiche che caratterizzano “l’ordinario” di questo Paese. Cosa peggiore, poi, è quella di aver addirittura portato consensi a Berlusconi che nella sua retorica del fare, ha sempre portato l’emergenza rifiuti a Napoli e il sisma in Abruzzo come esempi di buon governo. Dopo aver fatto questo, Bertolaso sperava di farla franca? Come minimo si poteva aspettare che lo avrebbero accusato di “farsi” Francesca. Alle deduzioni investigative esplicitate nell’ordinanza non credo, sino a prova contraria che mi auguro non arrivi tra una decina d’anni.
La seconda. L’inchiesta della Procura di Firenze, indubbiamente, palesa un ampio territorio del malaffare tra costruttori e funzionari dello Stato che non a caso riguardano non le funzioni proprie della Protezione civile (prevenzione e intervento nelle emergenze) ma gli eventi per cui Bertolaso e la sua struttura era invocato da tutti, a destra e a sinistra. Infatti, mentre sulle emergenze la Protezione civile ha sempre fornito il dettaglio di ogni gara di appalto, e per questo l’abbiamo sempre ammirata come ente pubblico più trasparente d’Italia, sul resto non esiste un’accountability accessibile e trasparente.
La terza. È importante sottolineare, nei giorni del tritacarne quotidiano, che la Protezione civile è struttura che mette al lavoro un patrimonio di centinaia di professionalità invidiato in tutto il mondo e una partecipazione del volontariato organizzato che, solo per restare all’Abruzzo, è riuscita a mobitare circa 70mila volontari per oltre 650mila giornate lavorative. A gratis.


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