Non profit

La protesta di Greenpeace contro Esso e Avela corre sul web.

Greenpeace ha lanciato due campagne di boicottaggio contro Esso ed Avela.

di Riccardo Bagnato

Voi fate la guerra e noi vi boicottiamo. Al grido di “Stop Esso”, Greenpeace ha lanciato da qualche tempo una campagna di boicottaggio contro la multinazionale del petrolio. La organizzazione non governativa ambientalista ha da subito sviluppato siti web per sostenere la campagna, gestiti dalle sedi nazionali dell?associazione, in cui sono ben evidenziati gli interessi che la multinazionale del petrolio avrebbe nel caso di un eventuale conflitto in Iraq.

Grazie a questi siti Greenpeace ogni giorno dà notizia delle azioni che gli attivisti intraprendono, come nel caso del boicottaggio delle 115 stazioni di servizio della Esso in Gran Bretagna. Ma Stop Esso è anche un logo, uno slogan, conciso e ben evidente sui siti.

E così la multinazionale del petrolio ha pensato bene di citare in giudizio Greenpeace per appropriazione indebita di marchio e deformazione dello stesso. Campeggia, infatti, al centro del marchio StopEssoWar, la dicitura E$$0.

Diversamente però da quanto le recenti decisioni sulla libertà d?espressione in Internet ci hanno indotto a pensare, è notizia di qualche giorno fa che la Corte d?appello francese ha riconosciuto a Greenpeace il diritto di deformare il marchio perché, in tal modo, perseguirebbe i propri scopi istituzionali (l?intera documentazione è scaricabile sul sito di Greenpeace Francia).

“Greenpeace si felicita di constatare come la giustizia francese ritenga la libertà d?espressione e il diritto alla parodia più importanti dei diritti sui marchi”, ha dichiarato Yannick Jadot, direttore delle campagne per conto di Greenpeace France (Greenpeace – STOP ESSO).

Stessa cosa dicasi per Avela, altra multinazionale, altra campagna (Greenpeace France – Campagne Nucléaire). In modo analogo, infatti, la Corte d?appello transalpina ha riconosciuto il diritto di procedere di Greenpeace, modificando il logo della multinazionale che, secondo gli ambientalisti, scaricherebbe ogni anno milioni di scorie radioattive nella Manica.

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