Volontariato

La protesta delle ambulanze

Anpas e Misericordie scendono oggi in piazza con la protesta “Fermi tutti”, per portare l'attenzione sui tanti cavilli che ostacolano il servizio di trasporto sanitario. A cominciare dall'addio al telepass gratuito

di Sara De Carli

Cosa succederebbe se le 5mila ambulanze e gli oltre 200mila volontari delle Pubbliche Assistenze Anpas e delle Misericordie decidessero di fermarsi? Chi garantirebbe il soccorso e la salute dei cittadini e delle comunità? In Italia il 70% del soccorso sanitario è garantito dai volontari dell’Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze (Anpas) e della Confederazione delle Misericordie D’Italia, che giovedì 3 aprile scenderanno in piazza per la prima volta in maniera così forte, per protestare contro i troppi e nuovi vincoli imposti da istituzioni nazionali, enti locali, concessionarie pubbliche e private che stanno rendendo sempre più difficile il loro operato.

Nessuno stop del servizio, ma molte ambulanze la mattina presto si faranno sentire nei pressi dei caselli autostradali e poi, più tardi, faranno un cordone lungo la zona rossa attorno a piazza Montecitorio, a Roma. Dalle 10 due ambulanze saranno invece in piazza, sotto i palazzi della politica, per informare i cittadini e sollecitare un intervento del Governo e del Parlamento: molti parlamentari hanno già annunciato che si fermeranno a parlare con i volontari di ANPAS e delle Misericordie, per raccogliere le loro istanze.

Molti i problemi segnalati da ANPAS e Misericordie, ma la goccia che ha portato in piazza è l’imminente scadenza della convenzione con Autostrade per l’Italia per il rilascio di telepass gratuiti per le ambulanze: convenzione che scadrà il 24 maggio nel caso di Anpas e che  invece è già scaduta per le Misericordie, con una proroga fino al 15 aprile. «Ci è stata proposta una formula a rimborso dietro presentazione di giustificativi. Dovremmo forse far fermare ai caselli le ambulanze che stanno facendo un servizio di emergenza?», chiede incredulo Roberto Trucchi, presidente della Confederazione nazionale delle Misericordie. Il telepass è un problema, ma non l’unico. C’è il rinnovo di accordi con gli enti locali sull’affidamento dei servizi sanitari e sociali, la portata delle ambulanze, la definizione dei veicoli speciali, l’introduzione della patente di servizio per gli autisti soccorritori, il trasporto familiari su mezzi di soccorso. Per non dire di un adeguato finanziamento e riforma della Legge 64 sul Servizio Civile Nazionale e della stabilizzazione del 5 per mille.

«Le normative prevedono che chi guida mezzi oltre le 3.100 tonnellate abbia la patente C: con tutte le attrezzature che la legge prevede a bordo, le ambulanze ormai le superano o sono al limite. Questo significa obbligare i nostri autisti a fare la patente C, che è un costo. Siamo o non siamo un servizio pubblico?», gli fa eco Fabrizio Pregliasco, presidente Anpas.  E sempre parlando di patenti, c’è il fatto che mentre gli autisti della Croce Rossa hanno una patente di servizio, quelli di Anpas e Misericordie guidano con la loro patente personale, rischiando personalmente punti. O ancora l’immatricolazione con targa speciale, come i mezzi CRI, che risolverebbe il paradosso che i veicoli di Anpas e Misericordie oggi, essendo veicoli privati, devono essere destinati appunto ad uso privato: «Per svolgere alcuni servizi ci vorrebbe una licenza comunale, o dovremmo configurarci come mezzi a noleggio con conducente. Troppe complicazioni», sospira Trucchi.
Lo scorso autunno Anpas e Misericordie avevano incontrato il ministro Lupi, ma la situazione nel frattempo non si è sbloccata: «Tra i nostri volontari c’è molto fermento e voglia di partecipazione, i problemi sono davvero tanti», conclude Trucchi.


 


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