Welfare

La protesta degli ergastolani e l’augurio di un nuovo carcere

Caro Direttore/ In molti istituti penitenziari italiani centinaia di uomini condannati alla pena dell’ergastolo hanno iniziato uno sciopero della fame...

di Riccardo Bonacina

In molti istituti penitenziari italiani, centinaia di uomini condannati alla pena dell?ergastolo hanno iniziato uno sciopero della fame, per sensibilizzare l?opinione pubblica e la politica, sulla possibilità di abolire il ?fine pena mai?. Indipendentemente dagli slogan usati e dai manifesti proposti che veicolano questa protesta pacifica, la loro è un?istanza da ascoltare. Ergastolo, ?fine pena mai?, il dazio da pagare per il male fatto agli altri, una pena che affligge, punisce e separa dalla collettività. Una pena che sancisce un tempo che non passa mai, un tempo che non esiste. Che non ti assolve. In questa manifestazione non dovrebbe colpire l?uso improprio delle parole, bensì il constatare che il carcere è peggiore di come era prima della riforma, non sorprende quindi il pessimismo che accompagna il destino di tanti uomini: certamente ciascuno differente per vissuto personale e percorso esistenziale intrapreso. Ergastolo, sbarre appese alla memoria per ricordare: 30 anni di carcere scontato non sono un?astrazione, decenni di ferro sbattuto sui rimorsi che lasciano un segno, un?apnea che restringe i polmoni.

Neppure le parole usate sembrano avere significato, nella bocca del detenuto diventano suoni, parole svuotate di tutto ciò che invece intendono portare con sé. ?Fine pena mai?, storie blindate e anonime, per cui giorno dopo giorno il passato ricompone la sua trama, e passato, presente e futuro sono lì, ben allineati nel presente, in un attimo dove il domani non esiste. A volte una cella, uno spazio chiuso fa strani effetti, ti riduce, ti restringe, ti limita, ti spegne. Eppure, a fronte di questa morte annunciata, c?è il sorprendente incontro con gli altri, c?è lo stupore di ritrovarsi al cospetto dell?universo interiore che è in noi, che ci conduce alla scelta di rinnovarsi, di cambiare, per tentare di essere un uomo libero nonostante le catene ai polsi.

Mentre questi uomini usano il linguaggio del corpo sofferente, forse occorrerà riflettere, ritornare a pensare all?opportunità di un cambiamento radicale, dall?interno all?esterno della persona, dal cuore al viso, come ha detto qualcuno. Forse c?è davvero la necessità di ricominciare attraverso percorsi condivisibili e con nuovi impegni, nuove responsabilità, per mezzo di una pena che, partendo dalla dignità della persona, dalle sue capacità e risorse, nel rispetto di una doverosa esigenza di giustizia della vittima, ricerca e scopre nuove occasioni di riscatto e riparazione.
Vincenzo Andraous, Pavia

Risponde Riccardo Bonacina

Dal 1° dicembre circa 800 ergastolani in Italia fanno lo sciopero della fame, supportati da circa 11mila persone tra parenti e amici. Vincenzo Andraous è stato ristretto per 28 anni e condannato all?ergastolo: oggi è tutor-educatore presso la comunità Casa Del giovane di Pavia. Il suo augurio è anche il nostro.


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