Casa Bianca anti-Esg

La prima delle Sette sorelle prova a frenare Trump sulle fonti fossili

Clamoroso da Baku, il numero uno della più grande compagnia petrolifera a stelle e strisce, la Exxon, dichiara che il presidente-rieletto farebbe meglio a non cestinare le politiche di Biden sulla transizione, anche perché Big Oil non saprebbe dove vendere il maggior prodotto che il dietrofront trumpiano permetterebbe

di Giampaolo Cerri

Anche una delle Seven sisters, la Sette sorelle come le chiamava Enrico Mattei, dice “mister President” ripensaci.

Come riporta l’informatissima newsletter Net Zero di Semafor, Darren Woods, ceo di ExxonMobil (che ai tempi di Mattei era la mitica Standard Oil del New Jersey), Darren Woods, dicevamo, ha dichiarato che «l’amministrazione Trump non dovrebbe eliminare le normative dell’amministrazione Joe Biden sulle emissioni di metano e ha avvertito che un aumento a breve termine della produzione petrolifera statunitense non è all’ordine del giorno». Stiamo parlando, è bene ricordarlo, della più grande compagnia petrolifera statunitense. Tra l’altro Woods ha reso questa dichiarazione in quel di Baku, dove seguiva l’apertura del vertice sul clima Cop29. Non che facesse il turista in Azerbajan: puntava a convincere i leader mondiali che eliminare i combustibili fossili non è necessario per raggiungere gli obiettivi climatici globali.

Così parlò Mr. Woods

Riporta Semafor, che secodo Woods «il panorama in continua evoluzione delle normative ambientali statunitensi ha reso più difficile affrontare la transizione energetica, ma che l’azienda sta ancora perseguendo nuove tecnologie come l’idrogeno nel tentativo di ridurre la propria impronta di carbonio operativa». Non solo, mr. Woods ha anche sottolineato che il mercato del petrolio e del gas «è già ben fornito», e di non sapere se ci sia «l’opportunità di liberare molta produzione nel breve termine».

Intanto Zeldin, normalizzatore di Epa,
ammette il cambiamento climatico

Più o meno: caro Trump se pensi di stracciare l’agenda climatica per farci produrre e vendere di più, sappi che non ne abbiamo bisogno, anche perché non sapremmo a chi vendere il nostro gas e il nostro petrolio. Un velato, Not in my name, mentre in molti osservano che il neodirettore dell’Environmental Protection Agency, Lee Zeldin è sì un ex-membro repubblicano del Congresso di New York, è sì uno che ha fatto grandi battaglie contro l’indirizzo ecologista dell’Epa, è sì uno che tirerà fuori dagli armadi, dai cassetti, da ogni dove, le documentazioni più scottanti sulla gestione Biden, ma è anche uno, dice il curatore di Net Zero, Tim McDonnell, che «a differenza di Trump, ha riconosciuto pubblicamente che il cambiamento climatico provocato dall’uomo è reale».

Le altre pedine sullo scacchiere anti-ecologista

Diverso, per esempio, da Marco Rubio, il senatore nominato dal presidente ri-eletto alla guida del dipartimento di Stato; secondo Alice Hill, esperta di energia consultata da Semafor, ha un «approccio duro nei confronti della Cina e scetticismo nei confronti del cambiamento climatico causato dall’uomo [che] rende ancora meno probabile la cooperazione sulle questioni climatiche tra Cina e Stati Uniti».

Le due prossime pedine sullo scacchiere di The Donald chiariranno però se le sue promesse anti-green della vigilia saranno mantenute: si tratta del dipartimento dell’Energia – «determinante nel portare avanti, o meno, numerosi programmi multimiliardari per sviluppare le industrie statunitensi per la produzione di batterie, la produzione di idrogeno e altre tecnologie nascenti» e il Tesoro che avrà in mano «le regole per i crediti d’imposta sull’energia pulita nell’Inflation Reduction Act».

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