Per i 55 anni di Ail

La prima cura nella malattia? «Vicinanza, piena di compassione e tenerezza»

L'udienza privata dal Pontefice è stata un'occasione di incontro per una comunità, quella dell'Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma, coesa e attiva, capillarmente presente nei territori, «testimone di solidarietà e vicinanza», come ha detto Papa Francesco, ringraziando i presenti per la loro attività costante e consegnando loro tre parole: «Illuminare, dono e piazza».

di Nicla Panciera

«Grazie per la vostra visita e soprattutto per quello che fate» sono state le prime parole del Pontefice alle oltre tremila persone, moltissimi i bambini, rappresentanti della capillare rete dell’Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma Ail, ricevuti oggi in udienza privata in aula Paolo VI in Vaticano. «Siete prossimi, quindi compassionevoli e testimoni di solidarietà e vicinanza; cosa molto importante in questo mondo segnato sempre più dall’individualismo».

In sala pazienti, famigliari, caregiver, ematologi, operatori sanitari e molti altri, tutti parte di una comunità viva e coesa, dall’entusiasmo tangibile per quel ritrovarsi insieme e vivere un momento comunitario fianco a fianco, per una volta fianco a fianco e non solo idealmente, nella quotidiana condivisione dei valori e comunanza di intenti.

Una sala piena di donne e uomini arrivati da tutta Italia, ben cinque i gazebo predisposti dall’associazione per l’accredito delle 83 Sezioni e degli oltre 83 mila volontari, all’insegna del motto “Insieme illuminiamo il futuro” scelto per la giornata perché esprime la tensione verso il domani che è l’obiettivo da 55 anni dell’Associazione. E dallo slogan parte anche Papa Francesco: «Vorrei consegnarvi tre parole e la prima è illuminare. La malattia fa precipitare le persone e le famiglie nel buio del dolore e dell’angoscia. A livello sociale la sofferenza è percepita come una sconfitta da nascondere ed eliminare. Si scartano i malati, si marginalizza la sofferenza che ostacola i progetti e fa paura; invece, bisogna rimettere al centro la persona malata con la sua storia, per trovare senso al dolore e risposta ai tanti perché. Perché quando tutto sembra perduto serve qualcuno che porti la luce per far riaccendere la speranza, con l’amicizia, la vicinanza e l’ascolto».

La seconda parola scelta è «dono, perché le persone che portano luce sono i donatori, ogni volta che si dona la cultura dello scarto viene indebolita e il consumismo viene sconfitto da questa logica virtuosa».

Infine, la terza parola «Piazza: la vostra associazione è nelle piazze, non resta chiusa nel proprio orticello ma sa essere segno tangibile e presenza visibile ma mai invadente per i pazienti. Con il vostro impegno manifestate la volontà di stare con la gente per condividere il dolore, dono che fate alla società; un dono visibile non per voi stessi ma per le persone che ne hanno bisogno. Siete il tassello della costruzione della speranza della cura e delle terapie più aggiornate. Oggi è San Giovanni della Croce che ricordava che alla sera della vita saremo esaminati sull’amore. Andate avanti con dedizione e competenza. Grazie per l’amore che donate».

Il pontefice con Giuseppe Toro, presidente di Ail

La comunità di Ail saluta il Pontefice

Parole che hanno scaldato la platea, avvezza alla fatica e alle dolore della malattia e per questo capace di apprezzare incoraggiamenti e sostegno.

«Abbiamo scelto il simbolo della lucciola che con molta umiltà e in silenzio illumina le tenebre e cerca di dare fiducia e speranza. I due obiettivi fondamentali della nostra mission sono, da una lato, quello di salvaguardare il creato, quindi impegnarci molto sull’ambiente, oltre che nella ricerca di nuove terapie. Ci mettiamo tutta la nostra forza, tutto il nostro impegno perché le istituzioni fanno loro parte ma se non fosse stato per la società civile almeno il 50% dei risultati ottenuti non si sarebbero avuti» è il commento di Giuseppe Toro, presidente nazionale di Ail, circondato da amici e colleghi, tutti intenti a parlarsi e confrontarsi, prima e dopo l’udienza. «Poi, c’è l’attenzione al paziente. Quello emato-oncologico convive con la sua malattia per mesi e per anni, quindi è fondamentale prendersi cura. Le difficoltà ostacolano una buona qualità della vita. C’è un problema di accesso alle cure, di solitudine, di difficoltà economica. Tutto il movimento di Ail è finalizzato ad aiutare e lo fa con l’assistenza domiciliare, con il servizio psicologico, supportando attraverso i viaggi solidali e le Case alloggio. Il ritrovarsi oggi insieme è stato emozionante, non era assolutamente scontato considerato il periodo; sapevamo di trovare in Papa Francesco  una persona che un po’ identifica questi bisogni ed è un portatore di questi valori di solidarietà e vicinanza che non sono religiosi ma anche laici»

La comunità di Ail si è quindi riunita in Piazza San Pietro per una rappresentazione coreografica per celebrare i 55 anni di attività dell’associazione; volgendo un cartoncino rosso verso l’alto, hanno creato un effetto luminoso di grande impatto che ha formato il simbolo “55 AIL”.

Flash Mob in Piazza San Pietro con la composizione della scritta “55 AIL”

Foto di apertura credits © Vatican Media

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