Cultura

La presidenta Cristina e Papa Francesco

Il difficile rapporto fra la presidente dell'Argentina (molto vicino al giornalista Horacio Verbitsky) e Bergoglio nasce dalle critiche che il nuovo Pontefice in questi anni ha mosso alla Casa Rosada.

di Paolo Manzo

Partiamo da un premessa fondamentale. Se la presidente dell’Argentina Cristina Fernández de Kirchner avesse potuto scegliere lei il Papa  di certo non avrebbe eletto per il soglio di Pietro il gesuita 76enne Jorge Maria Bergoglio. Per l’inquilina della Casa Rosada sarebbe stato infatti meglio chiunque fuorché lui, dal brasiliano vicino ai focolarini e all’Opus Dei Dom Odilo Scherer, l’arcivescovo di San Paolo a quello di Milano, l’italiano discepolo di Giussani il fondatore di Comunione e Liberazione, Angelo Scola. Ma anche un Papa africano, asiatico, europeo o di un qualsiasi altro paese americano.

Bergoglio però no e per rendersene conto è sufficiente limitarsi alla cronaca spiccia. Quando la sorpresa dell’habemus papam è arrivata in quel di Buenos Aires, stridente e significativo è stato il contrasto tra la gioia dei fedeli che affollavano la Cattedrale della capitale, a due passi dalla Casa Rosada, ed i parlamentari kirchneristi che non hanno interrotto neanche per un minuto l’omaggio alla memoria del comandante della revolución bolivariana Hugo Rafael Chávez Frías per applaudire la notizia del primo Papa Argentino (ma anche americano) della storia millenaria della Chiesa. Un no, nonostante le proteste dell’opposizione che, invece, quell’applauso ha chiesto a gran voce.

Solo per rimarcare le differenze e sottolineare la maggior preparazione- politica, diplomatica e di comunicazione- tra Buenos Aires e Caracas, basti dire che lo stesso delfino di Chávez, il candidato bolivariano alle prossime elezioni del 14 aprile, l’intelligente e sottovalutato dalla stampa internazionale Nicolás Maduro, ha interrotto il suo discorso alla fiera del libro per annunciare con il sorriso stampato sul volto che “habemus papam, hanno eletto poco fa per la prima volta un sudamericano, l’argentino Jorge Mario Bergoglio”. E giù applausi scroscianti di giubilo dalla platea.  “Sarà il 266esimo Papa”, ha continuato, sempre felice, Maduro che, poi, ha spiegato che “il dibattito era  tra un Papa africano ed un sudamericano”. Poi una breve pausa, sguardo a destra e sinistra, e infine la battuta, trascinante per tutti i presenti in aula che sono scoppiati in risate ed applausi: “non so, noi sappiamo che il nostro comandante è asceso all’empireo, è faccia a faccia con Gesù Cristo. Avrà influito in qualche modo perché fosse nominato un Papa sudamericano. È arrivata una mano nuova e Dio gli avrà detto, ‘va bene, è arrivata l’ora dell’America del Sud’. Da un momento all’altro credo che convocherà una Costituente del Cielo per cambiare la Chiesa perché sia il puro popolo di Cristo a governare il mondo”. Una frase detta tra il serio e il faceto ma di grande impatto e, soprattutto, una nomina accolta con gioia, più a Miraflores che alla Casa Rosada.

Già perché mentre Maduro faceva il suo show elettorale, e mentre migliaia di fedeli si riunivano davanti alla Cattedrale di Plaza de Mayo, più delle parole spese su Twitter ancora una volta decisivi sono stati i fatti. Ed i fatti narrano che avvisata della notizia ad Olivos, poco prima di un suo discorso pubblico a Tecnópolis, la città della scienza kirchnerista, Cristina ha accolto con freddezza la novità storica per il suo paese. E così, mentre molti kirchneristi sfogavano immediatamente sui social network la loro rabbia, la prima reazione ufficiale di Cristina ha tardato oltre un’ora. Insoma, la Presidenta, si è dovuta riprendere e ha dovuto pensarci su anche se alla fine il suo scritto dimostra di il fatto di essersi arresa e di aver fatto di necessità virtù. Eccolo: “Per la prima volta nella Storia è stato eletto Papa un cittadino dell’America Latina. E’ una grande gioia per ogni sudamericano. Noi non possiamo che benedire questa scelta e augurargli buona fortuna e buon lavoro con tutto il nostro cuore. Auguriamo a Papa Francesco che possa trionfare nella sua missione spirituale e che possa portare, a nome di tutti noi, il nostro messaggio alle grandi potenze oligarchiche, agli enti deputati, ai colossi finanziari, alle banche internazionali, affinchè li possa convincere a gettare un’occhiata alla gente che soffre nel disagio sociale, per riagguantare il proprio diritto alla dignità come persone. Confidiamo in questa missione pastorale per aprire un dialogo di fratellanza e solidarietà tra i popoli, le nazioni, le etnie, le religioni, nessuno escluso e per nessun motivo. Con l’augurio sincero che finalmente le cause giuste dell’umanità trionfino e si affermino in questa martoriata e benedetta terra che noi chiamiamo il nostro pianeta. Che Dio lo benedica”. (Cristina Kirchner, Buenos Aires 13 marzo 2013, 17.30 ora locale).

Il motivo di tanto astio da parte della presidente argentina– è bene chiarirlo- non è per le accuse a Bergoglio di Horacio Verbitsky, un giornalista argentino vicino al kirchnerismo ed ai diritti umani “a la carte” del centro di potere che ruota attorno a Cristina –lo stesso “mondo” che ha organizzato una grigliata per migliaia di persone all’Esma, il campo di concentramento più terribile dell’ultima dittatura e dove c’era anche un forno crematorio per festeggiare l’ultimo Capodanno. A dipanare le ombre riesumate per l’occasione da Verbinsky e i suoi fans, di una possibile collusione dell’attuale Pontefice con il regime militare ai tempi della dittatura ci ha pensato nientedimeno che il premio Nobel Adolfo Pérez Esquivel, attivista argentino per i diritti umani di quelli incorruttibili e assai poco sensibile alle sirene dei flussi di cassa. “Ci sono stati vescovi complici della dittatura- ha dichiarato Pérez Esquivel che chi scrive ha avuto il piacere di conoscere e intervistare. Ma Bergoglio no. Non c’è nessun legame che lo colleghi alla dittaura”.
 
No, Cristina Kirchner ce l’ha con Bergoglio semplicemente perché lui, peronista come lei, è da sempre in prima linea per difendere i più deboli e, nonostante sia stato bellamente ignorato dal 2003 sino all’elezione al soglio di Pietro, ha fatto molto per i poveri delle villas miserias che circondano la capitale. Ignorato dunque negli anni di presidenza made in Kirchner e ciò per un semplice fatto: da buon sacerdote peronista più vicino ai descamisados di oggi, ovvero i poveri, che ai politici, Papa Francesco ha criticato sempre con raffinatezza ma assai duramente tutti i presidenti con cui si è dovuto confrontare da Arcivescovo di Buenos Aires, da Menem a De la Rúa, da Duhalde a Néstor e Cristina Kirchner. La differenza rispetto ai precedenti inquilini della Casa Rosada è che Néstor e Cristina lo hanno isolato per 10 anni, non sopportando di buon grado le critiche. Per questo, quando l’habemus papam ne ha decretato la trasformazione da Bergoglio in Francesco, l’unica a non sorridere è stata proprio Cristina Fernández de Kirchner. Anche perché a detta di alcuni analisti, così come Papa Wojtyla fu scelto in funzione anti-comunista, Bergoglio sarebbe stato eletto per combattere i populismi latinoamericani. Personalmente non concordo con questa “interpretazione” ma, di certo, sarà comunque interessante vedere l'incontro, il prossimo 19 marzo in quel di Roma, tra la presidente Kirchner e  il “suo” Papa.


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