Welfare
La povertà? Non ha pietà per i minori, ma cala per gli anziani
Il direttore della Fondazione Zancan: «Sono 1 milione e 292mila (dal 10,9% al 12,5%) i minori in stato di indigenza, mentre per gli anziani l'incidenza è passata dal 4,5% nel 2005 al 3,8% del 2016. Perché? La struttura degli aiuti non funziona»
L’Istat ci ha ancora messo di fronte alla cruda realtà di 1 milione e 619mila famiglie in povertà assoluta, corrispondenti a 4 milioni e 742mila persone (il 7,9%). La povertà non ha pietà dei “minori” che ormai sono 1 milione e 292mila (dal 10,9% al 12,5%). I poveri assoluti 18-34 anni sono 1 milione e 17mila (il 10,0%), gli anziani 510mila (il 3,8%). Dal 2005 l’incidenza sui “minori” è quadruplicata, è triplicata tra i 18-34enni (da 3,1% a 10,0%). Tra i 35 e i 64 anni è passata dal 2,7% al 7,3%. Per gli anziani è in diminuzione (dal 4,5% nel 2005 al 3,8% del 2016). Può avvenire in una società che non fa spazio e non accoglie la vita.
Le stime Bankitalia sul Pil sono al 1,4% (erano 0,9%) ma il debito è salito a 2.279 miliardi. Sono contraddizioni di una società dove le disuguaglianze vincono e si moltiplicano. Vincono anche le promesse di lotta alla povertà fatte di contributi, trasferimenti, sussidi, bonus, … cioè di “aiuti che non aiutano”. Dal 1999 al 2015 oltre 19 miliardi di euro sono stati aggiunti ai 50 miliardi annui per dare assistenza sociale, senza risultati sostanziali, come con gli antidolorifici che riducono la sofferenza ma non curano la malattia, assistendo i poveri per lasciarli nella loro condizione.
Dal 1999 al 2015 oltre 19 miliardi di euro sono stati aggiunti ai 50 miliardi annui per dare assistenza sociale, senza risultati sostanziali, come con gli antidolorifici che riducono la sofferenza ma non curano la malattia
«I poveri non rispettati vi odieranno» diceva Augusto Palmonari, a proposito di conseguenze psicosociali delle disuguaglianze. L’Istat ci parla di povertà e non di poveri, ma la lotta alla povertà è impossibile senza le persone. Chi pensa di trasformarle in assistiti è il peggio che possa fare, ad esempio con burocratizzazioni che riempiono il vuoto di relazioni necessarie per fare la differenza. Georg Simmel diceva oltre 100 anni fa che “le azioni centrali lottano contro la povertà e quelle locali aiutano i poveri”. È difficile accettarlo in un momento in cui la centralizzazione delle “misure contro la povertà” è dominante. Il riscaldamento della terra ci sta esponendo a violenze climatiche impensabili. Anche nel sociale sono in atto squilibri sistemici tra generazioni, con parti uguali tra disuguali, bambini impoveriti, giovani senza futuro… È recessione di umanità?
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