Welfare

La povertà deve aspettare

A Bruxelles, i capi di Stato Ue cambiano programma: prima la crisi e poi la povertà. Intervista a Conny Reuter

di Joshua Massarenti

Da Bruxelles – Sulla carta, la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale dovevano farla da padrone. Sarà per una prossima volta. Al Summit europeo che si tiene oggi Bruxelles, i capi di Stato e di governo UE (c’è anche Berlusconi, in foto con il francese Sarkozy e il lussemburghese Junker) non faranno altro che discutere di debito pubblico. Un incubo che metterà in secondo piano gli  obiettivi sociali contenuti nella Strategia 2020 elaborata dalla Commissione Barroso e che i leader europei sono chiamati ad adottare. nel Consiglio odierno “Capisco che la necessità di fare ordine nelle finanze pubbliche debba essere una priorità assoluta, ma non può essere l’unica priorità e soprattutto non può mettere a repentaglio la coesione sociale”. Ne è convinto Conny Reuter, presidente di Social Platform, una tra le più importanti piattaforme della società civile in Europa.

Vita: Quali sono le vostre attese rispetto a questo Summit europeo?
Conny Reuter: Ci aspettiamo un chiaro impegno da parte dei capi di Stato europei sull’adozione del punto 10 della Strategia 2020 che riguarda la riduzione della povertà. Una sfida cruciale finora condizionata da due grandi dibattiti. Il primo ruota attorno alla necessità o meno di imporre obiettivi che costringano gli Stati membri a rendere conto dei progressi registrati nella lotta contro la povertà. C’è chi preferisce lasciare a ogni Stato Membro la libertà di definire le proprie linee guida, gli obiettivi e i modi con cui intende sconfiggere la povertà. Noi abbiamo chiesto al presidente del Consiglio, Hermann Van Rompuy di optare per la prima opzione.

L’altro dibattito chiama in causa il modo con cui si misura la povertà. Noi abbiamo deciso di prendere come punto di riferimento la cosiddetta “povertà relativa”, che include persone che vivono con meno del 60% del reddito medio nazionale di uno Stato membro. Questo riferimento è quello adottato da Eurostat, secondo il quale in Europa ci sono 80 milioni di poveri. Ora, ci sono Stati membri come Germania, Gran Bretagna e Paesi Bassi che si sono opposti a questo parametro. A ruota, si sono intromessi i nuovi Stati Membri che hanno proposto parametri alternativi come le famiglie senza impiego e la privazione materiale. Se aggiungiamo questi riferimenti, i poveri salgono a 120 milioni, il che ci costringerebbe a rivedere al rialzo il numero di poveri da ridurre entro il 2020. Per ora, la soglia minima fissata dalla Commissione è 20 milioni.

Vita: Intanto le politiche di austerità continuano a condizionare tutto il dibattito sulla crisi. Al Summit europeo, la lotta contro la povertà rischia di passare in secondo piano…
Reuter: Il rischio è reale. Del resto, nonostante la sua connotazione sociale, la stessa Strategia 2020 elaborata da Barroso focalizza molto, troppo la sua attenzione sul patto di stabilità e la necessità di mettere ordine nelle finanze pubbliche. Per carità, il debito va combattuto. Ma per piattaforme come la nostra, che toccano con mano il disagio sociale, gli effetti di un tale approccio sono immediati per i più deboli. Oggi siamo molto preoccupati dei tagli budgetari che si stanno verificando nel sociale in tutta Europa.

Vita: Altre fonti di preoccupazione?
Reuter: Il rischio di confusione tra creazione d’impiego e politiche sociali. Gli Stati membri sono convinti che la migliore politica sociale si riassume nella creazione di nuovi posti di lavoro, noi invece siamo del parere che ci sono milioni di poveri che non riescono a reinserirsi nel mondo del lavoro e che si tratta di una fascia sociale da proteggere.

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