Sostenibilità

La posta di FULCO PRATESI n°1

La rubrica della posta di Ecomondo

di Redazione

Mi sto accorgendo che nonostante i mille allarmi e i mille proclami la situazione del traffico nelle nostre strade diventa sempre più allarmante. Capisco che ci siano grandi interessi che tengono bloccata questa situazione. Ma mi chiedo se esistano alternative realmente percorribili, in grado di salvarci da questo disastro senza penalizzare la nostra economia. A volte mi sembra che le alternative stiano sempre nei cieli dell?utopia? Pietro Belloni (RIMINI) In un Paese come il nostro, che detiene il record europeo di automobili rispetto la popolazione (1 auto ogni 1,7 persone), che presenta città a misura di carrozza nei centri storici e massacrate da una speculazione edilizia senza regole urbanistiche, il problema del traffico non è di facile soluzione. Oltre alle cause tangibili enunciate, ve ne sono altre collegate all?indole e alle tradizioni italiane. Cominciamo con la mitologia dell?automobile. Usciti dalla guerra e da un passato rurale, per gli italiani l?auto privata ha rappresentato, più che un mezzo di trasporto, un simbolo irrinunciabile di libertà, prestigio, potere. Una placenta metallica in cui viaggiare, fare l?amore, mangiare, sentirsi padroni del mondo e nemici di tutti gli altri utenti della strada. Una filosofia e che ha significato un incentivo poderoso a una scelta di politica dei trasporti basata sul mezzo privato. E mentre le ferrovie languivano, l?asfalto e la gomma dominavano il territorio, il paesaggio e la società. Dal 1960 al 2000 il traffico interno di passeggeri con mezzi privati (auto più moto) è passato da 59.761 milioni di P/Km (passeggeri/chilometro) a 731.326 milioni di P/Km mentre nello stesso quarantennio l?utenza dei treni è passata da 31.704 milioni di P/Km a soli 47.031 milioni di P/Km. E così, se le ferrovie sono calate da 16.073 Km del 1970 ai 16.008 del 1999, i chilometri delle sole autostrade sono quasi raddoppiati: da 3.913 a 6.621 (fonte: Ambiente Italia 2002). D?altra parte le statistiche ci rivelano, passando al traffico urbano, che l?Italia è agli ultimi posti nella classifica dei passeggeri trasportati sulle reti tranviarie e metropolitane, classifica dominata dall?Austria e seguita da Germania, Francia, Svezia. E non parliamo delle piste ciclabili: siamo agli ultimi posti in Europa. L?uso della bicicletta, rimedio ai drammi del traffico, ci fa capire le ragioni del malessere: se in città con clima ?difficile? come quelle della Padania la bicicletta è diffusa, nel Meridione, in città soleggiate o pianeggianti, la bicicletta è veicolo raro. Questo si collega all?immagine di prestigio legata all?automobile: ancora oggi, in gran parte d?Italia, la bicicletta è considerata un veicolo pauperistico, da poveracci sudati, minacciati da cartelli negli androni dei palazzi che vietano l?introduzione di biciclette. E così queste vengono sostituite dai motorini che, se hanno risolto in parte il problema dell?ingombro (subito riaggravato dalle piccole auto con targa da scooter) peggiorano quello dell?inquinamento atmosferico: pensate che se un auto da 2000 cc di cilindrata consuma 1 litro per 10 chilometri, un motorino da 50 con lo stesso litro percorre poco più di 30 chilometri. Per non parlare dell?olio bruciato dai motori a due tempi dei ciclomotori: se un?auto ne brucia un litro ogni 2/3000 km, un cinquantino ne brucia una quantità 20 volte superiore per la stessa percorrenza. Quali i rimedi, posto che cambiare di colpo la testa alla gente non sia possibile? In primo luogo facilitare al massimo i trasporti pubblici, rendendoli più credibili e funzionali e privilegiandoli sempre nei confronti del veicolo privato. Poi attuare campagne di sensibilizzazione sull?uso della bici, facilitandone l?uso con piste ciclabili, rastrelliere, punti di noleggio e centri di assistenza. Ancora, incentivare il car pooling e il car sharing sistemi che in altri Paesi funzionano benissimo: vedere le strade intasate da macchinoni con una sola persona è uno spettacolo indecoroso e deprimente Fulco Pratesi presidente wwf


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