Welfare

La posta

di Flaviano Zandonai

Ho provato a scrivere prima dell’apertura delle borse europee, ma ormai è tardi. Volevo evitare che in questo clima di panico anche l’ultima delle più strampalate opinioni fosse la scusa per un qualche, ulteriore downgrade. Scherzi a parte, in questa fase si ha bisogno di certezze. Difficile averne sugli esiti di questa tempesta perfetta. Ma sarebbe già utile, anche se poco consolatorio, capire qual’è l’obiettivo della speculazione. A cosa mira questa entità astratta? Agli stati più deboli? Alle banche più esposte? All’euro? La posta in gioco è il modello sociale dei paesi occidentali, europei in particolare. Il Welfare, principale e crescente voce di costo dei debiti pubblici, è sotto tiro perché è evidente la sua incompatibilità rispetto alle nuove forme e alle nuove piattaforme della produzione di ricchezza economica e sociale. Pensioni, assistenza, sanità, educazione sono mantenute in essere come se ancora esistesse il sistema produttivo che ne ha garantito la sostenibilità: le imprese su base nazionale, la centralità del manifatturiero, le relazioni industriali, lo stato regolatore, il non profit sostitutivo, ecc. Niente, o poco, di tutto questo è rimasto. E da qualche decennio ormai. A capirlo, in questa fase, è proprio il sistema capitalistico che, in piena fase di distruzione creativa per dare spazio al suo nuovo assetto, sta cercando di liberarsi di quello che a tutti gli effetti è ormai un corpo estraneo. Paesi come il nostro poi pagano un sovracosto in termini di inefficienza, clientelismo, scarsa mobilità sociale e così via. Quel che preoccupa non è solo il governo (e altre istituzioni sovranazionali), ma il fatto che le parti sociali – confindustria, sindacati e pure le centrali cooperative – sono l’espressione di quel sistema di welfare che sta per essere smantellato. Mancano, perché ancora poco strutturate, escluse o fagocitate nell’ancien régime, rappresentanze della nuova economia e della socialità e che, con tutta probabilità, dovranno attrezzarsi per “Vivere senza welfare”, come si intitolava un libro di Edoardo Narduzzi uscito lo scorso anno. Cronache dal futuro. Che oggi, puntualmente, si realizzano.

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