Formazione
La porta dell’impegno
Politiche giovanili /3. Il servizio civile: non solo una fondamentale esperienza formativa, ma anche un importante accesso al lavoro
di Chiara Sirna
Una leva strategica. Così definisce il servizio civile Maria Paola Tavazza, responsabile nazionale del settore per Confcooperative/Federsolidarietà. E i numeri le danno ragione: 3.165 le strutture accreditate coinvolte, per un totale di duemila persone impiegate tra operatori e responsabili locali di progetto o enti accreditati, tutor e formatori. Dal 2001 al 31 dicembre 2005 sono stati 4.946 i giovani arruolati come volontari nel sistema Confcooperative/Federsolidarietà. Quest?anno, tenendo conto dei soli avvii di settembre e ottobre, i ragazzi in servizio sono già arrivati a quota 1.744 (di cui 1.392 donne), per un numero complessivo di 214 progetti attivati. E altri se ne aggiungeranno con le prossime partenze del bando straordinario.
Canale d?accesso
«Per noi è sempre stata e resta una leva strategica per far conoscere ai giovani il mondo del sociale», spiega la Tavazza, «ma anche per preparare le nuove leve del nostro mondo. La cooperazione sociale del resto ha addetti molto giovani e il servizio civile è stato, è e resta una delle strade per formare anche la fascia dirigenziale del futuro». Una novità degli ultimi anni? No: il travaso di risorse e il passaggio dal ruolo di semplici volontari a quello di lavoratori a tutti gli affetti c?è sempre stato. «Basta pensare», aggiunge la Tavazza, «che la base delle nostre cooperative sociali viene dagli obiettori di coscienza gravitati nell?orbita delle nostre attività e ancora oggi continua a rimanere saldo il legame tra coloro che svolgono il servizio civile volontario e coloro che rimangono a lavorare».
Il 30% degli ex volontari in media resta nei ranghi della cooperativa per cui ha svolto il servizio (il più delle volte con contratto di collaborazione, che poi può anche trasformarsi in vera e propria assunzione), altri ritornano come volontari nei periodi liberi, soprattutto d?estate, e altri ancora modificano il proprio corso di studi. «Sono frequentissimi i casi, soprattutto tra le donne, di chi dopo aver fatto certe esperienze si iscrive a facoltà del tutto diverse da quelle che stava frequentando, modificando radicalmente le proprie scelte di vita», conferma la responsabile di Legacoop, Sabrina Mancini, che conferma come molto spesso il contatto che si crea col servizio civile sia destinato a rimanere vivo: «È facile che i ragazzi ritornino come volontari per libera scelta. Ed anzi è proprio questo il valore aggiunto di un istituto come il servizio civile, perché consente di abbinare l?esigenza di rispondere ai cittadini con servizi ad hoc, con quelle di far acquisire ai ragazzi competenze e capacità specifiche». Ammontano a 79 i progetti attivati quest?anno da Legacoop, per un totale di oltre 500 volontari.
Eppure, per quanto i segnali positivi continuino a registrarsi, non mancano segni di cedimento: 50 i posti ancora scoperti per Legacoop; aumentata la percentuale di turn-over e rinunce nel sistema Federsolidarietà, passata dal 5 al 9% con gli ultimi bandi, soprattutto a Nord, dove la prospettiva occupazionale rende più faticoso trovare candidati, mentre la fame di lavoro al Sud continua ad attrarre almeno il doppio delle forze richieste. «Se prima avevamo una media di dieci domande per ogni posto», riconosce la Tavazza, «adesso ce ne arrivano più o meno sei». «È per questo», continua, «che anche come Consulta vorremmo istituire un monitoraggio costante e dettagliato: se l?aspetto economico non è più un incentivo, allora bisogna capire dove stiamo andando a parare. Il sistema andrebbe riformato con l?aiuto di tutte le parti coinvolte, centrali e periferiche. Ma per farlo bisogna prima capire in quale modo intervenire».
Settori deboli
I servizi di cura e assistenza per i disabili e gli anziani, così come quelli destinati all?accoglienza o al reinserimento di tossicodipendenti e malati psichici, per esempio, continuano ad essere molto meno richiesti. «Sono settori», aggiunge la Mancini, «che necessitano di una motivazione molto forte. Per il futuro si potrebbe pensare di dare una formazione molto più specifica e particolareggiata sulle mansioni che si andranno a svolgere, rafforzando proprio i contenuti dell?intervento».
Per far fronte al gap di richieste nei settori meno ambiti, Federsolidarietà ha invece provato a cambiare rotta e sistemi d?approccio. «Quest?anno abbiamo cercato di orientarci prevalentemente verso modalità di servizi più innovative», aggiunge la Tavazza, «accentuando l?attenzione sull?animazione culturale e territoriale». Ovvero, in altre parole, mettendo i volontari al centro di un progetto di rete. «L?obiettivo», precisa ancora la Tavazza, «è spostare le persone dalla semplice cura della persona alla cura del contesto, facendo così attivare tutti i servizi territoriali per l?inserimento lavorativo, piuttosto che altre emergenze. In questo modo, lo stesso volontario non si limita a fare assistenza nel quotidiano, ma impara a porsi come leva innovativa sul territorio».
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