Famiglia

La politica nell’età dell’orrido

Intervista a Gavino Sanna

di Maurizio Regosa

Intervista a Gavino Sanna.

Il più famoso pubblicitario italiano, autore di tante campagne che hanno fatto storia, giudica slogan e cartelloni di questa tornata elettorale. «A livello di slogan e di grafica abbiamo toccato il fondo. Salvo solo qualcosa della comunicazione di Veltroni. Ma la sinistra non si deve illudere. Berlusconi tiene sempre il centro, ormai è un po? come Padre Pio: tutti lo vogliono toccare»

Tra i primissimi amici di Vita, quando questo giornale era ancora solo un progetto, c?è proprio lui, il guru della pubblicità italiana, l?allievo di Andy Warhol alla New York University, colui che ha vinto sette Clio, oscar della pubblicità in America, e sette Leoni a Cannes. Lui è Gavino Sanna. Suo il logo di Vita, suo l?incoraggiamento a fare un giornale proprio con quel nome, suo il disegno del primo quartino che informava del progetto e che era intitolato semplicemente «Caro lettore?». Ci siamo ritrovati dopo tanti anni, ci eravamo salutati esattamente otto anni fa, nel 2000 quando Gavino Sanna decise in un giorno di uscire dal rutilante mondo della pubblicità («Non ho avuto un minuto di rimpianto», ci dice) ritirandosi a scrivere libri e a produrre vino (nelle valli di Sant?Anna Arresi dove la sua azienda Mesa coltiva vitigni autoctoni, Cannonau e Carignano del Sulcis). Un mese fa, Sanna ritrova Vita esposto in un?edicola a Venegono e il richiamo del logo è irresistibile: «L?ho comprato. L?ho letto. Mi sono accorto che era ridisegnato, bello, con una certa sapienza grafica, contenuti mai banali e ben scritti. Un bel salto, bellissimo. Perciò vi ho subito chiamato. A differenza di molti miei colleghi, soffro d?insonnia. Dormo dalle due alle tre ore: così di notte lavoro, disegno. Ho molto materiale a disposizione. La gente pensa che essere in pensione significhi portare al parco il cane e poi tornarsene a casa. La mia vita da pensionato è frenetica. Mi piace fare mille cose. La caricatura, in particolare politica, per me è sempre stata la professione del cuore».

Vita: Ha iniziato così del resto, e su Vita l?appuntamento con la sua caricatura era appuntamento settimanale…
Sanna: Sì. Del resto il mio primo lavoro è stata una caricatura. Ero ancora studente all?istituto d?arte di Sassari quando il direttore de La Nuova Sardegna, Aldo Cesaraccio mi chiede di fargli un disegno di Antonio Segni. Io torno a casa, recuperai una caricatura di Segni fatta da Paolo Garreto per Epoca. Con grandissima faccia tosta presento il lavoro che viene pubblicato e mi fa guadagnare una rubrica. Avevo 13 anni e da allora non ho mai smesso. Anche se la caricatura non è mai diventata la mia professione.

Vita: Come invece le campagne pubblicitarie per i partiti o i candidati…
Sanna: La prima l?ho fatta in Sardegna, per un amico ingegnere. Poi è venuta quella per Giubilo sindaco a Roma, per Soru, per Berlusconi. Io non ho mai votato in vita mia. Ma da pubblicitario qualsiasi lavoro è una sfida. Se faccio una campagna a sinistra mi incuriosisce vedere come risponde la destra. È stimolante. E vale dal grande nome al signor nessuno…

Vita: Che è stato lo slogan per Giubilo…
Sanna: Sì. Ma la cosa più eclatante è stata l?invenzione di un personaggio come Renato Soru, che per certi versi ha fatto la stessa cosa di Berlusconi quando era sceso in campo. Fra parentesi, mi sono sempre chiesto se qualcuno si è mai preoccupato di vedere l?origine di questa espressione «scendere in campo». La usa Hitler in Mein Kampf. L?avessero saputo, forse non l?avrebbero usata…

Vita: Tornando a Soru…
Sanna: Un personaggio strano. Mi telefonò per chiedermi se ero disposto a rivedere il logo e l?immagine della sua azienda. Poi sparì per due mesi. Mi richiamò dicendomi «forse ha letto che sono sceso in campo». È venuto a casa mia, a Milano, e mi ha raccontato una storia bellissima di una Sardegna possibile, più educata, con meno paure. Mi ha convinto. L?ho preso per mano e l?ho fatto sedere nella sua poltrona di governatore. Con tutti i problemi di un carattere che ha mille anfratti, ha fatto tutto quello che gli ho detto di fare, tranne una cosa.

Vita: Quale?
Sanna: Era stato sfidato in televisione dall?allora presidente uscente, fra l?altro un mio carissimo amico (che però non mi ha mai chiamato). Io gli avevo suggerito di non andare, perché i suoi avversari stavano costruendo la loro comunicazione su quello che lui diceva o faceva. Ma è andato e ha perso. La sera delle elezioni, stravinte, ho ricevuto un sms: «Congratulazioni. Renato». Non l?ho più visto o sentito. In seguito, quando il suo staff mi ha chiamato per ridisegnare l?immagine della Sardegna e i suoi avversari mi hanno attaccato, lui non ha detto una parola. Allora ho fatto una cosa carina: ho scritto un piccolo libretto, La pipì contro vento, in cui ho raccontato quello che era successo. Uno scandalo regionale, facevano a gara a fare fotocopie.

Vita: Come inventa una campagna?
Sanna: Parto spesso proprio dalle caricature. Ne avevo fatto una con una didascalia: «Meglio Soru che male accompagnato». Diventò lo slogan della campagna vincente, un primo manifesto uscì con «Meglio Soru», dopo una settimana abbiamo aggiunto il resto.

Vita: Ha sempre un certo gusto per il gioco di parole…
Sanna: Sì. Ho sempre pensato che nessun copy avrebbe mai potuto inventare quella frase che si leggeva anni fa andando da Sassari ad Alghero: «Non è tutto loro quello che luccica». Io l?ho presa e ne ho fatto un manifesto per Soru. Un?altra volta in una conferenza, una ragazza gli si è avvicinata e gli ha dato un bigliettino. C?era scritto: «Sorridi. Sei fra amici». Tempo dopo ho usato questo invito per una campagna di vini sardi, all?aeroporto di Cagliari.

Vita: Prima di Soru, mutatis mutandis, c?era stato Richard Nixon…
Sanna: Ho lavorato alla sua rielezione, nel 1972. Una campagna dove non si parlava di politica, ma di quale impegno gli americani dovessero assumere per respingere quello che allora sembrava il pericolo giallo: le auto giapponesi che avevano messo in crisi Detroit… L?headline finale era «L?America funziona solo se funzioni tu». La campagna televisiva presentava diverse situazioni in cui i lavoratori firmavano quello che facevano.

Vita: Molto american style…
Sanna: L?etichetta italiana del ?papà dei buoni sentimenti? me la sono guadagnata perché ho vissuto negli States dove ho capito che per comunicare bisogna emozionare e per emozionare devi usare i sentimenti. La campagna Barilla, ad esempio, ho sempre sostenuto che è una delle cose più banali che possano succedere. Arrivi a casa tardi, chiedi a tua moglie come mai vostra figlia non c?è, poi vedi, in controcampo, che la bambina si è fermata a raccogliere un gattino bagnato per portarlo a casa… Può succedere a chiunque; ciascuno può essere attore protagonista di una storia…

Vita: Lei ha spesso raccomandato: «Attenzione al modo con cui si entra nella casa, nei salotti, nella camera da letto delle persone».
Sanna: Vorrei essere ricordato come un pubblicitario che bussa alla porta delle persone, non uno che invade le loro case. Dall?altra parte c?è qualcuno che sa che tu gli stai vendendo qualcosa. Alla fine, se tu sei educato e hai qualcosa d?interessante, sarà con te. Del resto comunicare è parlare con la gente, non imbrogliare.

Vita: Ma in campagna, lavora assieme al candidato?
Sanna: All?epoca di Soru, ho praticamente vissuto con lui. Stessa cosa con Silvio Berlusconi, nel 2006.

Vita: Ci racconti.
Sanna: Attraverso un comune amico, Berlusconi mi invita a cena, ad Arcore, assieme ad altre persone. Poi mi dice. «Lei ha fatto la più bella campagna pubblicitaria quasi di sempre. Peccato l?abbia fatta per un matto» (si riferiva a Soru). «Il problema è far vincere la gente», gli rispondo. E lui: «Ho bisogno del suo aiuto». Così abbiamo cominciato a vederci. Riunioni ristrette: lui, io e il suo segretario particolare.

Vita: Com?è Berlusconi?
Sanna: Il cavaliere è una persona che ti sorprende. Mentre discuti un problema, ti ferma e ti chiede: «Le ho mai fatto vedere la mia cucina? Andiamo». E ti mostra un ambiente meraviglioso, sottolineando di averlo disegnato lui. È una sirena e ti fa sentire la persona più importante del mondo. Sa anche riconoscere i tuoi meriti. Ricordo che in una riunione con gli americani che avevano fatto una ricerca che confermava una mia tesi (non doveva più fare la lista noiosissima delle cose fatte), lui si girò e di fronte a tutti disse: «Gavino, avevi ragione». Salvo poi che fa quello che vuole… Io non ero interessato a cosa dicesse, quanto volevo scoprire come gli avessero infilato i capelli, il tipo di mascara… Ma niente. Non ho visto niente.

Vita: E la campagna?
Sanna: Tutte le foto del cavaliere sono ritoccate da un centro stampa. Loro fanno delle proposte, lui poi sceglie personalmente. Quando vanno fuori, Berlusconi è il tipo che esce la sera a controllare la luce se batte bene sui manifesti… Tornando alla campagna 2006, presentai una prima campagna, senza facce. Gli dissi: «Devi farla uscire così, se no non ti presento neanche il resto». Lo slogan era «Italia, forza». Non l?ha apprezzato immediatamente, ma poi l?ha comprato. In seguito abbiamo visto due ipotesi. Una molto aggressiva, che rispettava il diktat degli americani, sulla quale io non ero d?accordo. Gli ripetevo: «Dai delle speranze, non fare l?elenco delle cose». La seconda proposta aveva lo slogan «No grazie» preceduto da domande tipo «Volete più immigrati?». È uscita per un po?. Poi non ho più sentito nulla. Un giorno ricevo una telefonata dal tipografo a proposito dei nuovi manifesti. Io non ne sapevo niente: me li faccio descrivere e capisco che aveva preso un pezzo di una campagna, un pezzo da un?altra, aveva aggiunto la sua fotografia… Mi sono arrabbiato così tanto che mi è venuto un quasi infarto. Mi hanno portato all?ospedale. Da allora non l?ho più visto. Questo è il personaggio. Comunque quello di sinistra è sparito a elezioni fatte, l?altro di destra pure. E con tutt?e due ho avuto dei problemi a farmi pagare…

Vita: Cosa pensa degli slogan dell?attuale campagna elettorale?
Sanna: Vorrei piuttosto sottolineare l?inefficacia dei manifesti elettorali. Servono solo a trasformare il Paese in un?enorme istantanea cimiteriale. Un grande cimitero dove tutti si sono preoccupati di farsi fotografare al meglio con ritocco. Siccome sono – purtroppo – dei nessuno, pensano di farsi ricordare attraverso cose che non gli appartengono. Non c?è inventiva. I manifesti sono come la campanella della scuola: utili solo a dire che le elezioni sono cominciate. Il cuore della gente lo tocchi con altre cose. Gli spot televisivi hanno un?altra presa, ma con la par condicio… È un peccato perché il nostro Paese ha una tradizione fortissima di grafica politica. Molti non sanno che la prima tessera del Pci l?ha disegnata Guttuso. Adesso siamo all?orrido. Ci sono stati due o tre bei marchi: l?Ulivo, per esempio non era male. Ma come si fa a passare dal primo marchio di Forza Italia, pulito, efficace, a quello di adesso con tutte quelle scritte… Di più: molti, mettendoci la propria faccia, pensano di appropriarsi di un valore. Che un pezzo di carta non può darti. Da noi ancora non si capisce che i manifesti appiccicati ogni dove creano immondizia, hanno un impatto ambientale pesantissimo. Quelli che fanno più tristezza sono i grandi personaggi: guarda in cinque minuti cosa sono diventati Bertinotti e Pannella, che vecchi. Casini è giovane, bello, ricco e se ne frega. Ha i soldi di Caltagirone. Può dire tutto quello che vuole. Ma è appunto come recita la mia caricatura, «Il divo mignolo»…

Vita: Non salva proprio nessuno?
Sanna: L?unico, con il suo compitino fatto benino, è Veltroni, che però non ha inventato niente: sta facendo l?Obama di paese, mentre Obama fa il Kennedy di una volta. Sono anche contento che questa volta non si sia scesi su un livello sgradevole, di attacchi eccessivi. Forse perché non c?è niente da dire: le proposte sono praticamente le stesse. Con la differenza che la sinistra continua a non capire: quando Berlusconi strappa il programma del Pd, raggiunge un obiettivo: che si parla sempre di lui e dà un?emozione. È sempre lui in groppa, e la sinistra a dirgli che il cavallo non ha gli zoccoli lucidi… È un?ingenuità veramente straordinaria. Lui non ha pudore. E lo usa benissimo. Anche la faccenda con Casini… È di un?ovvietà. Io lo capisco Fini: vuole diventare leader della coalizione e sa che questo è l?ultimo giro di Berlusconi. E chi c?è dietro Berlusconi? Fini appunto.

Vita: Veltroni parla della visione, del miracolo, Berlusconi invece di realismo…
Sanna: Ma alla famiglia che fatica a tirare a fine mese, gli parli dei miracoli? Berlusconi invece dice: «È dura, ma ce la faremo». D?altra parte, per chi non ha soldi né speranze lui rappresenta una sorta di mito. Se nelle piazze c?è tanta gente desiderosa di toccare il cavaliere è perché forse spera che possa rimanere attaccata un po? di fortuna… Del tipo: ho toccato Padre Pio, ho toccato Berlusconi. La gente è così. Non è che la devi inventare: vive di queste cose. E non so se ha la stessa voglia di toccare Veltroni, che parla di un?Italia diversa… Ma noi siamo l?Italia.

Vita: Sui manifesti non si è ancora vista la faccia di Berlusconi.
Sanna: Adesso uscirà. E quello che prima faceva il cavaliere, ora lo fa Veltroni. Quanto a Berlusconi veste come un ragazzino: indossa il doppiopetto Caraceni con le Nike nere. La sua paura è avere l?età che ha. È una vera ossessione ed è per questo che parla delle soubrette, dicendo «noi sapremmo che farne»… Ad un bambino, una volta ha chiesto: «Quanti anni hai?» Sentita la risposta (sei anni), ha ribattuto: «Io alla tua età ne dimostravo quattro».

Su Vita

Gavino ritorna
I disegni di Sanna erano stati uno dei leitmotiv dei primi anni di Vita. Oggi quelle straordinarie caricature sono un ?tesoro? appeso ai muri della redazione milanese. Otto anni dopo, Sanna ha sentito nostalgia di quell?appuntamento settimanale e ha deciso di farlo rivivere. Con la sua capacità fulminante di condensare in una battuta una persona o una situazione, ha trovato anche il modo giusto di battezzare questo suo spazio che si riapre: «Gavino Sanna. La via trucis». Non aspettatevi tenerezze, quindi. L?approccio di Sanna è sempre con la matita e con il colpo di bisturi della battuta. Anche se alla fine si avverte un senso di simpatia. In fondo è grazie a loro che possono nascere disegni così…

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