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La politica folle dei fanatici indù al potere. India, lIslam sotto tiro
Questo grande stato al nord dellIndia è stato la culla del Bharatiya, il partito al potere. Che punta sulle tensioni contro le minoranze etniche.
Prendiamo il caso di un grande Paese governato da un regime fascista. L?anno scorso questo regime si è reso responsabile di un genocidio a danno di una minoranza etnica. Nel dicembre scorso, il primo ministro di questo Paese ha dichiarato che i risultati delle elezioni seguite ai massacri erano stati ?spettacolari? per il suo partito e che si riproponeva di seguire questo ?modello? per tutto il 2003, anno in cui ci saranno numerose elezioni parziali e, soprattutto, per il 2004, anno delle elezioni generali.
Stiamo parlando dell?Iraq? Di Timor Est? No: nell?indifferenza generale, nel disinteresse dei media, nell?approvazione tacita dei governi occidentali, l?India è stata teatro, l?anno scorso, di spaventosi massacri di musulmani: i morti nello Stato del Gujarat sono stati più di 2mila, i senza tetto oltre 150mila. Mentre la Cnn guardava altrove e i telegiornali italiani si appassionavano del festival di Sanremo, il partito-regime del Gujarat, lo stesso Bharatiya Janata Party che governa a Delhi, organizzava scientificamente i pogrom sotto la guida di Narendra Modi, la cui trasparente ambizione era di diventare così il delfino del primo ministro, l?anziano Atal Behari Vajpayee. Fu proprio Atal Vajpayee, congratulandosi con Modi per la rielezione, a indicare il Gujarat come ?modello? cui ispirarsi.
Se fosse Saddam
Come ha scritto Arundhati Roy, la più famosa scrittrice indiana vivente, “a dicembre, il governo che ha orchestrato la strage è stato rieletto a maggioranza. Nessuno è stato punito per il genocidio. Narendra Modi ha cominciato il suo secondo mandato come primo ministro del Gujarat. Se fosse Saddam, ogni sua atrocità apparirebbe sulla Cnn. Ma visto che non lo è, e visto che il mercato indiano è aperto agli investitori globali, il massacro non è neppure un incidente imbarazzante”.
Tutto è iniziato con l?attacco a un treno a Godhra, un?azione di estremisti musulmani, o forse una provocazione, che finì con 58 morti. Il giorno dopo ci furono 86 morti nella città di Ahmadabad, tutti musulmani: le donne erano state preventivamente stuprate, in molti casi bruciate vive. Secondo un rapporto di Human Rights Watch reso pubblico il 14 gennaio, “gran parte della violenza (in Gujarat) fu pianificata ben prima dell?attacco di Godhra e fu realizzata con l?approvazione e la regia dell?apparato statale. Funzionari statali e poliziotti furono direttamente coinvolti nella violenza: in molti casi la polizia era all?avanguardia, usando le sue armi da fuoco per uccidere i musulmani che si trovavano nel mirino della folla (indù)”.
Il rapporto di Human Rights Watch cita specificamente il Bajrang Dal, l?organizzazione giovanile del partito nazionalista indù, e il Vishwa Hindu Parishad, che si presenta come un?associazione caritatevole: entrambi sono in realtà emanazioni del Corpo nazionale di volontari, quel Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss) che ammirava Hitler e i giapponesi e fu all?origine della violenza interetnica al momento della partizione tra India e Pakistan, nel 1948. Fu un membro del Rss a uccidere Gandhi. Lo stesso partito Bharatiya Janata Party fu fondato nel 1951 come ?ala politica? del Rss, per dare un?apparenza di rispettabilità al fanatismo indù. Con lo stesso obiettivo fu creato nel 1964 il Vishwa Hindu Parishad.
Il caso Ayodhya
Ci volle lo stato di emergenza imposto da Indira Gandhi negli anni 70 e poi il logoramento del partito del Congresso, lo storico partito laico attorno cui si è costruita la democrazia indiana, perché il Bharatiya Janata Party riuscisse a far dimenticare il marchio d?infamia e diventasse una forza in grado di competere per il potere.
Il Bharatiya deve le sue fortune politiche quasi interamente al ?caso Ayodhya?, la distruzione di una moschea costruita, secondo la tradizione inventata sul momento, sul luogo di nascita del dio Ram. Da oltre 15 anni la politica indiana è avvelenata dal caso Ayodhya, su cui né il parlamento né la Corte Suprema hanno preso una decisione: i pellegrini indù uccisi a Godhra stavano appunto tornando da Ayodhya.
Al potere, il Bharatiya ha deciso di sfruttare le tensioni religiose, mai sopite a causa della guerriglia alimentata dal Pakistan nel Kashmir (uno Stato a maggioranza musulmana attribuito all?India nel 1948), e di confinare il Congresso al ruolo di partito di opposizione. La debolezza della leadership, ora nelle mani della vedova italiana di Rajiv Gandhi, Sonia, favorisce il suo progetto. Il fatto che il Congresso non riesca a selezionare dei leader al di fuori della dinastia Nehru (cui succedettero come primi ministri la figlia Indira e il nipote Rajiv Gandhi, ucciso nel 1991 in un attentato) è il sintomo più evidente della sua crisi. Sonia, malgrado le sue capacità, resta vulnerabile all?accusa di essere una ?straniera?.
Forte della sua maggioranza parlamentare, il Bharatiya ha già iniziato a riscrivere la storia presentando la storia del Paese come una lotta millenaria tra ?ariani?, di religione indù, e ?stranieri? ossia musulmani, cristiani, sikh. Il punto culminante del ?revisionismo? è stata la cerimonia con cui, il 26 febbraio, è stato inaugurato un ritratto di Vinayak Savarkar, collocato di fronte a quello di Gandhi nel salone centrale del Parlamento indiano.
Chi uccise Gandhi
Il carattere paradossale di questa cerimonia è comprensibile soltanto se si ricorda che Savarkar conosceva personalmente Nathuram Godse, l?assassino di Gandhi. Molti storici sono convinti che Godse non avrebbe commesso il delitto senza il via libera di Savarkar, che fu processato e assolto perché non si trovarono prove contro di lui. Il fondatore del fascismo indù morì nel 1966 dopo una vita spesa a combattere il laicismo dello Stato e la tolleranza religiosa predicate da Gandhi.
Se davvero il ?modello Gujarat? fosse stato premiato dal successo, come speravano Radendra Modi e Atal Behar Vajpayee, per l?India il 2003 sarebbe potuto diventare uno degli anni più bui della sua storia. Fortunatamente, nelle elezioni tenute a fine febbraio in quattro Stati di frontiera, il partito di governo ha subito tre sconfitte. Nello Himachal Pradesh, il Congresso ha ottenuto due terzi dei seggi e governerà senza problemi. Negli Stati orientali di Meghalaya e Tripura il Congresso ha ottenuto un buon risultato nel primo, dove è il partito di maggioranza relativa e governerà con l?appoggio di una coalizione di centrosinistra.
In Tripura, dove c?è dal 1992 un governo di sinistra, gli elettori hanno confermato il partito comunista indiano alla guida della coalizione. Solo in Nagaland una coalizione di partiti regionali, di cui fa parte anche il Bharatiya, ha ottenuto la maggioranza. Si può quindi ipotizzare che Vajpayee terrà a freno le teste calde del suo partito e cercherà di arrivare alle elezioni mantenendo alta la tensione religiosa, ma senza ricorrere a ulteriori pogrom.
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