Cultura

La Pietà a San Vittore? Il ministero dica sì

«È uno straordinario gesto simbolico di civiltà. Impegniamoci perché non venga bloccato», è l'invito alla mobilitazione lanciato dal presidente di Fondazione CittàItalia

di Giuseppe Frangi

«È uno straordinario gesto simbolico di civiltà.  Impegniamoci perché non venga bloccato». È l’invito lanciato dal presidente di Fondazione CittàItalia. Che qui spiega perché ha voluto invitare alla mobilitazione

La Pietà Rondanini a San Vittore: una propsta che ha incontrato tanti consensi a livello di società civile, che ha avuto il suo avvallo con voto unanime di maggioranza e opposzione in Consiglio Comunale a Milano  sta incontrando resistenze a livello di Sovrintendenza. Per questo dalla sua  pagina Facebook Ledo Prato, presidente di Fondazione CittàItalia ha lanciato un appello per sostenere la proposta. Ha scritto Prato: «Una bellissima proposta! Le ultime notizie ci dicono che non c'è il via libera ministeriale. Vorrei chiedere a tutti gli amici di aiutarmi a diffondere questa notizia e di esercitare così una pressione sul Ministero perché autorizzi questo trasferimento momentaneo. Non risolverà il problema del sovraffollamento delle carceri, denunciato anche dall'Europa, ma sarà uno straordinario gesto simbolico di civiltà. Rimbocchiamoci le maniche. Fate girare!».

Professor Prato, perché ha voluto lanciare questo appello?
Perché come ho scritto credo che il portare un capolavoro come la Pietà Rondanini in un luogo ferito come San Vittore sia un fatto di grande civiltà. Mi sembra un’idea straordinaria anche per risarcire un capolavoro che in questi anni è stato troppo dimenticato e marginalizzato.

Si dice che ci sono troppi rischi in  un’operazione come questa. Che ne dice?
Intendiamoci: la tutela di un capolavoro di questo livello è un fattore delicatissimo e da affrontare con la massima scrupolosità. Per questo se la Sovrintendenza ha timori circa determinati rischi, è bene che nello studio di fattibilità del trasporto si approfondiscano bene queste punti. Ma una volta prese le dovute cautele, non c’è motivo per opporsi. Nessun posto è sicuro al 100%, neppure quello dove la Pietà è adesso: quindi la giusta richiesta di di esaminare bene i rischi  deve essere finalizzata a prendere le migliori preacuzioni del caso, non a porre un veto a priori.

Qualcuno dice: questo crea un precedente, poi tutte le carceri chideranno di poter accogliere un capolavoro. Cosa risponde?
Innanzitutto questa non è una richiesta venuta da San Vittore, bensì una proposta arrivata dal Comune e dla suo assessore alla Cultura. In secondo luogo, non sarebbe la prima volta che l’arte entra in una prigione. Certo, non c’è mai stato un caso di opere di tale importanza. Ma questo dice proprio dell’unicità di questa operazione, in cui è così forte il legame tra il ciò che l’opera esprime e il contesto in cui l’opera viene portata. Il peggior torto che si può fare alla Pietà è quello di tagliare il legame con la vita di oggi.

Sta riferendosi in partiocolare alla situazione delle carceri italiane?
Esattamente. Una situazione che riempie di vergogna e per la quale abbiamo avuto anche l’ammonimento della Corte di Giiustizia europea. Un gesto così non serve a porre rimedio a questo dramma quotidiano. Ma quanto meno lo porta in prima piano all’attenzione di tutti.
 


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