Cultura

La Piattaforma del Forum per le prossime politiche

Quale ruolo per il Terzo settore alle prossime politiche del 13 maggio? Il Forum nazionale apre la discussione sulla base di un documento. E tu cosa ne pensi?

di Redazione

Di seguito il documento del Forum del Terzo settore in vista delle prossime elezioni. Se vuoi commentare o dire la tua scrivi a redazione@vita.it

Il Forum Permanente del Terzo settore, in vista della prossima competizione elettorale, intende indicare a tutte le forze politiche le priorità programmatiche per un percorso concreto che vede il terzo settore protagonista del rinnovamento del Paese.

Le nostre opzioni e scelte riguardano anzitutto democrazia, solidarietà e giustizia sociale, e un’idea di progresso ecosostenibile che intende la globalizzazione non solo dal punto di vista del mercato e dell’economia ma anche una opportunità irripetibile per fare uscire dalla povertà i 2/3 dei paesi del nostro pianeta. E poi i temi dei diritti civili, della difesa ambientale, della costruzione/ricostruzione del Welfare, dell’inclusione sociale, della rivoluzione sotterranea che attraversa la domanda di cultura, di informazione, di nuove pratiche della corporeità.
Siamo insomma portatori di una domanda complessiva di cittadinanza attiva che non confonde la modernizzazione e lo sviluppo con la pura espansione dei consumi secondo il noto modello della cittadinanza passiva. E lo facciamo in nome di tutte le organizzazioni che in questi anni non hanno atteso lo svolgimento di controversi itinerari legislativi per immaginare nuove forme di Stato sociale: lo hanno già costruito nei territori con laboratori e nuovi embrioni della società del Welfare.

E’ inutile ribadire che il Terzo settore non costituisce quanto vi è di residuale rispetto allo Stato e al Mercato, né si rassegna a compiti di supplenza istituzionale. Esso si pone, invece, al crocevia di un nuovo sistema di relazioni e di rappresentanza sociali, ne interpreta le potenzialità e le contraddizioni, identifica con la sua stessa esistenza la distinzione fra ciò che è puramente statale e ciò che vuole essere pubblico. E chiede di avere sedi e strumenti per rappresentare questo composito universo, la cui vitalità istituisce la differenza fra lo Stato della burocrazia e lo Stato dei cittadini.

Uno sguardo al percorso compiuto, l’esperienza della società civile organizzata

L’azione politica è stata a lungo ricondotta a due principali forme di aggregazione e a due distinte modalità di rappresentanza.
Da un lato, i cosiddetti movimenti sociali, orientati ai valori, tendenzialmente conflittuali rispetto all’ordine sociale e costruiti sul primato dell’identità. Nei movimenti sociali i contenuti rivendicativi concreti – per definizione negoziabili – risultavano subordinati a ragioni etico-culturali, per definizione non negoziabili.
Dall’altro, i gruppi d’interesse, orientati allo scopo e legittimati presso la propria area di riferimento dalla capacità di conseguire benefici concreti attraverso un’azione di pressione, negoziazione e rivendicazione.
In questa tipologia i movimenti sociali – come le classiche forme partito – conservavano la vocazione a essere sintesi di domande universalistiche e di esigenze generali. I gruppi d’interesse tendevano, invece, a concentrare la loro azione di tutela e rivendicazione su obiettivi specifici e vertenze più o meno circoscritte.
Di fatto, questa distinzione, oggi risulta inadeguata a rendere ragione delle esperienze più dinamiche e originali prodottesi in Italia. Esiste oggi la vasta realtà del Terzo settore che, a partire da forti identità e patrimoni culturali di qualità, ha dato vita nel Paese ad una nuova soggettività capace di rappresentare nuove istanze e nuovi bisogni.
Le Organizzazioni che si riconoscono nel Forum Permanente del terzo settore sono espressione di una cultura politica composita, in cui coesistono ragioni e ispirazioni di tipo strategico e funzioni di concreta rappresentanza e tutela di interessi più o meno specifici.
E’ questo profilo originale a spiegare, forse, la capacità di adattamento che organizzazioni sociali e movimenti di tali dimensioni e complessità hanno mostrato, sopravvivendo alla crisi del sistema politico (anni Ottanta/Novanta), a una transizione incompiuta e faticosa (anni Novanta) e a una ininterrotta sequenza di tensioni che hanno interessato il fragile compromesso su cui si era fondato lo Stato sociale italiano: crisi degli equilibri finanziari internazionali e gestione dei vincoli di Maastricht, crisi di legittimità di un sistema politico riformatosi in maniera imperfetta e assenza di una condivisione ampia degli obiettivi di cambiamento.

Ci candidiamo a riformare la Politica.

L’esistenza di un ricco e articolato tessuto di associazionismo di terzo settore, di movimenti di rappresentanza e di advocacy, di imprese sociali a vocazione solidaristica costituisce una formidabile risorsa a disposizione del mutamento politico, oltre a rappresentare una realtà economica importante e significativa.
Una realtà che però rischia di rimanere compressa e mortificata nelle spire di una dialettica politica esasperata da logiche di schieramento e da posizionamenti elettorali che degradano le legittime opzioni di ciascuno a pratiche di allineamento preventivo o a opportunistiche scelte di campo.
Si tratta allora di ritrovare voce e ruolo in un processo politico che non si consumi in una interminabile, logorante e un po’ paranoica guerra di posizione.
Le organizzazioni che hanno voluto impegnarsi nel Forum permanente del Terzo settore, vogliono essere consapevolmente espressione di un movimento di azione collettiva e insieme agire come un composito gruppo d’interesse. Abbiamo matrici culturali, vocazioni e modalità organizzative differenti, ma possediamo anche importanti ed estesi obiettivi comuni. E condividiamo le preoccupazioni sull’esperienza della contrattazione parcellizzata, giocata in questi anni attorno ai tavoli della politica tradizionale e di istituzioni che si è mostrata non sempre in sintonia con i problemi reali del Paese, hanno alimentato.

Vogliamo impedire che il processo di modernizzazione si areni

Questo impegno programmatico non può non dare una valutazione positiva sull’azione riformatrice degli ultimi governi. Abbiamo alle spalle anni di produzione legislativa intensa e complessivamente orientata a rendere più adeguata e funzionale la struttura e la stessa “ragione sociale” del nostro sistema di Welfare.
Ed è legittimo, da parte nostra, rivendicare il ruolo di sollecitazione, di stimolo, di vigilanza e di proposta che le associazioni aderenti al Forum, e il Forum in quanto tale, hanno esercitato. La promozione sociale, l’assistenza, il servizio civile, le norme regolatrici dell’inclusione (a cominciare da quelle orientate a dare risposta alla sfida dell’immigrazione), lo stesso sistema sportivo sono stati oggetto di un’iniziativa di innovazione non sempre compiuta e coerente, ma certamente importante e talvolta coraggiosa.

Davanti a noi si pongono nuove sfide che intendiamo raccogliere:
– il processo di modernizzazione e riforma non deve arenarsi, come pure deve proseguire la trasformazione del modello di Stato che sappia porre consapevolmente al centro nuove e talvolta inedite domande di cittadinanza;
– va data attuazione positiva a leggi e provvedimenti già approvati ma ancora attesi alla prova del fuoco dell’implementazione;
– va promossa la via di un federalismo capace di dare giusto riconoscimento alle Regioni e al contempo salvaguardi l’unità del Paese; ci impegneremo, per quanto ci compete, a evitare tanto le derive particolaristiche quanto le interpretazioni riduttive e strumentali;
– va promossa la deburocratizzazione degli apparati statali e il rafforzamento dei poteri di rappresentanza della società civile; il principale caposaldo di questa trasformazione consiste nel passaggio da una idea centralistica e burocratica di governo-amministrazione ad una idea di governo sociale della complessità;
– ed infine la dimensione internazionale e la crescente interdipendenza dei vincoli e delle opportunità che rinviano – pur fra molte approssimazioni concettuali – alle dinamiche della globalizzazione, ci sollecitano ad assumere una prospettiva non più confinabile al solo contesto nazionale.

La trama valoriale condivisa e maturata in questi anni ci consente di valutare senza pregiudizi e senza subalternità programmi e strategie. Nella consapevolezza che l’Italia – Paese membro del club esclusivo dei poteri forti planetari ma anche crocevia di tutte le contraddizioni dello sviluppo – attende e merita un’effettiva trasformazione della politica.

LINEE GUIDA

1) Per un nuovo patto tra generazioni: Educazione e Formazione.

Il Terzo settore si candida a svolgere nei prossimi anni una azione imponente di formazione continua e permanente e di promozione dell’innalzamento delle conoscenze tra i cittadini, in particolare tra giovani e anziani.
Un nuovo patto per l’educazione, che coinvolga, oltre la scuola e l’università, i numerosi soggetti che oggi, in modo qualificato, producono cultura e formazione: enti, fondazioni, università popolari, associazioni.
Chiediamo una più giusta ripartizione delle risorse a disposizione tra scuola, università e enti del terzo settore.

Chiediamo:
– un impegno di cura di alcuni filoni culturali: la dimensione interculturale; la conoscenza del territorio e la cura della memoria e delle radici; la dimensione della cittadinanza e della partecipazione;
– un piano di informatizzazione e di conoscenza delle nuove tecnologie per giovani e anziani;
– misure di deducibilità fiscale che incentivino il consumo buono di formazione e cultura;
– la formazione professionale e la valorizzazione degli enti non profit nei percorsi di implementazione dell’obbligo formativo;
– la promozione dei diritti dell’infanzia;
– il rilancio forte dell’esperienza del servizio civile;
– la conoscenza delle lingue e la mobilità dei giovani;
– lo sport per tutti;
– la definizione dei luoghi di rappresentanza dei giovani nelle istituzioni nazionali ed europee.

2) Una new economy del sociale.

La crescita di occupazione nel Terzo settore è in costante aumento e le imprese sociali già offrono un significativo contributo all’espansione della base occupazionale. Non solo. L’impresa sociale possiede una grande capacità di coinvolgimento responsabile di gruppi sempre più estesi di cittadini e delle fasce sociali più svantaggiate che in tal modo vengono recuperate dal circolo vizioso della marginalità e dell’assistenzialismo.
E’ necessario avviare una nuova stagione di politiche di sostegno che vari una normativa di incentivazione per l’imprenditoria sociale e provvedimenti di politica attiva per il settore dei servizi alla persona. La legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e dei servizi sociali, appena approvata, è il primo passo per costruire una rete di solidarietà e di assistenza non orientata al semplice sollievo dei bisogni, ma alla rimozione delle cause di ingiustizia e di disagio che ancora affliggono la nostra società. Un compito che lo Stato può compiere stringendo con il terzo settore una alleanza paritaria e di grande respiro.

Chiediamo:
– misure fiscali che introducano la deducibilità dei costi sostenuti per prestazioni socio-assistenziali così da mettere in condizioni singoli e famiglie di rivolgersi ad imprese sociali anziché ricorrere al lavoro nero;
– l’espansione di numero e di consistenza delle imprese sociali con il conseguente e prevedibile incremento occupazionale, il tutto senza oneri per la finanza pubblica la cui riduzione di gettito per le deduzioni risulterà ampiamente compensata dalle maggiori entrate per i versamenti Inps e Irpef relativi ai nuovi occupati;
– il riconoscimento all’interno del Terzo settore, di nuove forme di organizzazione del lavoro fondate sulla maggiore partecipazione e autodeterminazione di contenuti, tempi e modi del lavoro da parte delle persone impiegate;
– un disegno di legge orientato a una riforma complessiva e coerente degli articoli del libro I e V del Codice civile che preveda nel nostro ordinamento altre forme di impresa sociale così come già accaduto in altre legislazioni europee.
– una fiscalità più favorevole e meno punitiva per incrementare il volume della donazioni di imprese e singoli cittadini verso il terzo settore.

3) La riforma del welfare e la sussidiarietà orizzontale.

Nel nostro modello di sviluppo le politiche sociali, sono il punto privilegiato dell’azione di governo sia a livello centrale che locale.
Vogliamo un welfare fondato sui principi di responsabilità, equità, partecipazione democratica, solidarietà.
Un vero welfare comunitario
che garantisca ai cittadini un sistema universalistico di protezione gestito da una pluralità di soggetti;
che aumenti la capacità di autodeterminazione della società civile e il potere di scelta dei cittadini;
che valorizzi la mutualità volontaria integrativa;
che promuova la persona e sostenga la dimensione di responsabilità delle reti familiari, in un ottica non settoriale o assistenzialistica, ma orientata a dare una “qualità solidale” al modello di sviluppo della nostra società.

Chiediamo:
– sia aumentata l’offerta di servizi e la dimensione di appartenenza (contro l’esclusione) alla comunità locale a quei soggetti esclusi dalle reti più forti di cittadinanza;
– sia incentivata la creazione di un mercato sociale con regole precise e chiare garantite dalle Amministrazioni;
– sia realizzato un decentramento che tuteli e renda omogenea per tutti i cittadini la garanzia dei diritti;
– sia realizzato un sistema che rifugga da logiche improntate a meccanismi sostitutivi delle prestazioni pubbliche, di privatizzazione strisciante e di tagli indiscriminati ai bilanci;
– sia promosso, infine, un grande sforzo di formazione-riqualificazione–aggiornamento dei funzionari e dirigenti della pubbliche amministrazioni per passare da un “Stato pagante” ad uno “Stato garante”.

4) Cultura e Ambiente: per rileggere i temi della sicurezza e il fenomeno dell’ immigrazione

Il territorio, l’ambiente, la cultura non sono un vincolo ma risorsa potente per lo sviluppo del paese, soprattutto del sud.
La cultura, in particolare, è un collante efficace di coesione sociale e di politiche di welfare innovative, capaci di riconoscere le attività culturali tra gli indicatori utili per misurare la qualità della vita di un territorio. In questa prospettiva la lotta al razzismo e il tema dell’immigrazione saranno il terreno su cui si misurerà la capacità nostra di far fronte alla realtà inarrestabile della composizione multietnica. L’incontro con altre culture “costringerà” il nostro paese a fare memoria del suo immenso patrimonio culturale depositato nei millenni, a valorizzarlo, a saperlo comunicare come reale opportunità per chi oggi arriva nel nostro paese.
L’obiettivo è crescere insieme e migliorare imparando gli uni dagli altri.
Nella medesima logica è possibile anche affrontare la questione scottante della sicurezza che non è solo forza e repressione ma ricerca del dialogo, capacità di costruzione di legami e presenza di presidi culturali diffusi su tutto il territorio.
Inoltre la diffusione culturale è oggi uno dei maggiori volani per la creazione di nuova occupazione; nuova in tutti i sensi: in qualità, in capacità di coinvolgimento delle persone e dei processi partecipativi all’interno delle realtà locali.

Chiediamo:
– che tra gli indicatori statistici di qualità della vita e di misura della efficienza-efficacia degli interventi economici siano inseriti gli indicatori culturali;
– la riforma integrale degli strumenti comunitari pensati per favorire lo scambio, la mobilità e il dialogo culturale;
– venga istituita una commissione ad hoc che disegni i nuovi profili professionali che emergono dal settore cultura;
– sia istituito e finanziato un apposto capitolo nel bilancio del Ministero dei Beni culturali per le iniziative svolte in collaborazione con le associazioni di volontariato;
– sia ampliato e riconosciuto il sistema dei presidi culturali gestiti dal terzo settore.

5) La dimensione internazionale: l’Europa della solidarietà, per una nuova cittadinanza.

Vogliamo che sia messo al centro delle politiche e del processo di unificazione europea la globalità dello sviluppo sociale dell’intero continente per una efficace lotta all’esclusione.
Siamo pronti a mettere a disposizione l’esperienza del Terzo settore italiano affinché lo Stato si impegni nella definizione di una nuova cittadinanza europea. Vorremmo che i contenuti strategici dell’azione solidale, delineati a Seattle e a Porto Alegre fossero parte di un progetto sociale non estemporaneo e non effimero. La clausola sociale, la clausola ambientale, la Tobin tax, la cancellazione del debito, la riforma democratica delle istituzioni europee non sono formule generiche, buone a tutti gli usi ma un chiaro programma politico.

Chiediamo:
– che il nuovo Parlamento si impegni nelle sedi comunitarie a favorire una legislazione europea sul terzo settore: per una lotta più efficace all’esclusione sociale, per favorire nuova occupazione, per ridefinire un ruolo positivo dell’Europa nell’impegno per lo sviluppo dei paesi poveri e per la pace e la prevenzione dei conflitti;
– siano aumentate le risorse per la cooperazione internazionale, motore (e non succube) di una politica internazionale più articolata, che sappia valorizzare appieno le azioni di solidarietà internazionale promosse dalle organizzazioni della società civile, compresa la rete degli italiani all’estero, testimonianza di una presenza attenta da sempre alla solidarietà e alla tutela dei diritti umani;
– sia incrementato lo stanziamento da destinare agli aiuti pubblici allo sviluppo, oggi inadeguato e non consono a quanto sottoscritto dal nostro Paese in sede di Nazioni Unite, vincolandolo ad un reale coinvolgimento dei soggetti di società civile e delle ONG italiane;
– siano coinvolte le organizzazioni della società civile nella preparazione delle agende degli organismi della concertazione mondiale e a garantire loro adeguata rappresentanza e visibilità, per un impegno comune –società civile e istituzioni- nella costruzione di una maggior giustizia sociale a livello mondiale;
– siano coinvolte le organizzazioni nei tavoli bilaterali promossi dall’Italia per l’allargamento della Unione ai Paese dell’Est;
– il futuro governo si impegni a promuovere l’Italia come polo europeo del terzo settore;
– un osservatorio presso il Ministero per le politiche comunitarie sulla produzione legislativa nazionali e comunitaria del terzo settore.

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