Sostenibilità

La pesca artigianale grande alleata del mare

di Redazione

Sono sempre più vuote le reti dei pescatori artigianali. Il crollo degli stock ittici sfiora ormai il 90% delle specie e non per cause sconosciute: strascichi sotto costa e grandi navi-fattoria che rastrellano i fondali, illegalità diffusa e mal controllata, e poi inquinamento e un mare sempre più caldo che ne “scompone” gli equilibri.
Ma da qualche anno le reti dei pescatori di Torre Guaceto, un gioiello di mare sulle propaggini costiere del brindisino e in principio Oasi WWF, sembrano invertire la tendenza. Nel mare protetto della Riserva i pescatori raccolgono quasi ogni giorno frutti preziosi e sempre di ragguardevoli dimensioni: spigole, seppie, dentici, cefali, triglie, un bottino che si è quasi triplicato negli anni. In realtà la ricetta è semplice: il cuore del mare protetto custodisce la “base” di tutto il ciclo di vita sottomarina e quello che viene pescato è nella fascia più esterna della Riserva, dove pascolano gli “interessi” di un capitale sempre rinnovato. Il “miracolo” delle reti di Torre Guaceto in realtà si sta ripetendo in diverse altre aree protette del Mediterraneo grazie alla spinta del progetto MedPAN che riunisce le esperienze delle tante aree marine protette del Mare nostrum. A Port Cros si sperimenta con successo da anni la pescaturismo, a Cap d’Adge gestori del parco e pescatori hanno avviato progetti di recupero della fauna ittica, a Cabrera in Spagna i pescatori sono diventati le vere sentinelle dell’area protetta contro la pesca illegale mentre a Portofino il nucleo di anziani pescatori ha permesso la creazione del primo marchio UE di prodotti di mare, le tipiche acciughe sotto sale.
Tutte queste ricette di sostenibilità purtroppo rischiano di fallire per una riforma dell’Unione Europea che vorrebbe introdurre elementi rischiosi, dalla commercializzazione degli scarti di pesca alla non considerazione dell’importanza delle aree marine protette come contributo essenziale alla ripresa degli equilibri ecologici, fino alle quote trasferibili di pesca, ovvero la privatizzazione delle risorse comuni del mare. «Dopo anni di sussidi è importante poter dare una mano ad una forma di pesca che ormai ha dimostrato di poter andare a braccetto con la gestione di aree protette», dice Marco Costantini, responsabile Pesca di WWF Italia.


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