Le parole di Francesco
La pena e il senso di umanità
Uno dei primi atti di governo di Bergoglio fu l’abolizione dell’ergastolo in Vaticano. Lo fece nel luglio 2013, pochi mesi dopo esser stato eletto. «Un messaggio anche per l’Italia», dice la presidente di Nessuno Tocchi Caino. «La nostra Costituzione dice che “le pene” non possono essere contrarie al senso di umanità»

Se penso a questo decennale di pontificato di Papa Francesco non posso che partire dalla parola “pena”, quella dell’ergastolo, che lui volle abolire per la Città del Vaticano, nel luglio 2013, pochi mesi dopo esser stato eletto.
Un messaggio anche per l’Italia. Anche la nostra Costituzione, all’articolo 27, parla di pena, seppure al plurale. Ricorda che “le pene” non possono essere contrarie al senso di umanità. E d’altra parte le nostre carceri sono definite istituti penitenziari, c’era evidentemente già in chi ha scritto questi testi fondamentali, la volontà di punizione che, nel gergo giuridico, sarebbe “retribuzione”. C’è anche la parte risocializzante, come recita l’articolo 27, quando parla di rieducazione: una parte, come sappiamo, che nella realtà lascia molto a desiderare.
Anche nell’immaginario collettivo la pena viene sempre associata al carcere, non si considerano pene le pene alternative, che sono comunque forme di punizione. Non si considera pena la detenzione domiciliare, l’affidamento in prova ai servizi sociali, la semilibertà. Misure che sono previste dal nostro ordinamento, nel quale sono state rafforzate anche grazie alla riforma Cartabia, la messa alla prova e le pene sostitutive.
Sull’ergastolo, di Papa Francesco mi ha colpito moltissimo, perché la reputo di altissimo spessore, sia politico sia giuridico, quella lezione magistrale che fece ai giuristi dell’Associazione internazionale di diritto penale, nel 2014. In quell’occasione infatti cominciò a usare espressioni anche molto forti: «L’ergastolo è una pena di morte nascosta», disse, e quindi è ipocrita cercare di mascherarla. Oppure, anche rispetto al carcere duro, in quella lectio, parlò dell’isolamento e dei luoghi che causano sofferenze psichiche e fisiche che finiscono per incrementare sensibilmente la tendenza al suicidio.
Per me Francesco resta il pontefice che ha lavato i piedi ai detenuti in occasione della messa in Coena Domini. Uno dei massimi gesti di umiltà, lavare i piedi. Cominciò nel carcere minorile di Casal del Marmo, nel 2013, e poi a Rebibbia, a Regina Coeli e ha continuato nelle carceri di Paliano e di Velletri.
Pensiamo a tutti quelli che dicono “buttiamo via la chiave” e pensiamo al pontefice che, chinandosi sui piedi di questi uomini, usava l’espressione: “Perché tu e non io?». (…)
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Rita Bernardini è presidente di Nessuno tocchi Caino. Foto Luca Bruno, LaPresse
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