Cultura

La Pax Vietnamita: come il dialogo porti più frutto delle crociate

Dietro la svolta nei rapporti tra il Vaticano ed Hanoi, di Lucio Brunelli

di Redazione

Non ha avuto il rilievo che meritava la notizia dello storico disgelo fra il Vaticano e la Repubblica socialista del Vietnam. Lo scorso 25 gennaio il primo ministro Nguyen Tan Dung è stato ricevuto in udienza dal Papa. Per la prima volta un premier di Hanoi varcava la soglia del palazzo apostolico. Un comunicato ufficiale della Santa Sede, rilasciato al termine dell?udienza, ha definito la visita «un nuovo e importante passo verso la normalizzazione dei rapporti bilaterali». Riconoscendo i «concreti progressi» degli ultimi anni, con l?apertura di «maggiori spazi di libertà religiosa per la Chiesa cattolica in Vietnam». L?annuncio del ristabilimento delle relazioni diplomatiche, interrotte nel 1975 dopo la conquista di Saigon da parte dei vietcong, potrebbe essere imminente.

La croce del cardinale

Il Vietnam è il Paese asiatico con la più alta percentuale di cattolici dopo le Filippine. Conta oltre 6 milioni di fedeli. Per quasi trent?anni sono rimasti isolati oltre la cortina di bambù. Isolati e perseguitati. La figura più luminosa fu quella del cardinale van Thuan, scomparso nel 2002. Apparteneva a una famiglia nella cui storia erano impresse da secoli le stimmate del martirio. Ben prima che arrivassero al potere i comunisti. Nel 1885 tutti gli abitanti del villaggio di sua madre furono bruciati, in odio alla fede, nella chiesa parrocchiale.

Il suo bisnonno gli narrava da piccino che ogni giorno, all?età di 15 anni, faceva a piedi 30 chilometri per portare a suo padre, in prigione perché cristiano, un po? di riso e un po? di sale. Quindi van Thuan era preparato. E accolse con un mesto sorriso le guardie rosse che vennero a imprigionarlo il 15 agosto 1975, festa dell?Assunta. Rimase in carcere 13 anni, nove in isolamento. Lo spogliarono di tutte le insegne della dignità episcopale. Non potè avere in cella nessun libro religioso. Nemmeno il Vangelo. Ma alla fine anche i suoi carcerieri si affezionarono a quest?uomo mite. Uno gli passò di nascosto un pezzetto di legno da cui ricavò una piccola croce. Un altro gli fece avere una catenella, alla quale, lui legò la croce. Quando fu liberato (1988) e creato cardinale (2001) non accettò in dono pettorali d?oro o d?argento ma continuò a portare al collo quella preziosa croce, frutto della carità dei suoi aguzzini.

Il disgelo fra il Vaticano e il Vietnam socialista è in gran parte merito suo. Della sua grande fede. Dalle sue labbra non è mai uscita una parola di risentimento contro i suoi persecutori. Ha sempre parlato del periodo della prigionia come un periodo di grazia, per la sua fede. La conciliazione fra la Roma dei Papi e la nazione di Ho Chi Min è merito anche dell?azione paziente, silenziosa, tenace di alcuni diplomatici della Santa Sede. In particolare di monsignor Claudio Celli e di monsignor Silvio Parolin. Guardo caso, uomini legati per storia o formazione alla vecchia e oggi denigrata Ostpolitik vaticana. Ben quattordici missioni compiute in Vietnam. Senza grandi proclami. Seguendo una politica di piccoli passi. Accettando all?inizio alcuni compromessi, ad esempio nella scelta dei vescovi. Ma guadagnando infine la fiducia dei governanti. Che hanno imparato a non vedere più nei cattolici la longa manus delle potenze coloniali, o strumenti della ?reazione?. E poi il Vietnam aveva bisogno, per uscire da un pericoloso isolamento economico, di aprirsi all?Occidente. Per accedere al Wto doveva mostrare buona volontà sul piano dei diritti umani. Spiragli che la diplomazia vaticana ha sfruttato con saggezza, senza infierire sullo stato di necessità dei suoi interlocutori, preferendo il dialogo riservato e cordiale (nella chiarezza) alle dichiarazioni roboanti.

Quei cattolici urlatori

Oggi vanno di moda i cattolici urlatori, quelli che si sentono cattolici tutti di un pezzo perché da qualche salotto televisivo o dalle colonne di qualche giornale le cantano giù dure ai nemici della fede. Si compiacciono della loro superiorità morale nei confronti di quei cattolici pavidi che provano a tessere qualche filo di dialogo persino con i regimi atei. Ma poi loro, i cattolici urlatori, di solito combinano solo guai e finiscono molto spesso per peggiorare la già difficile condizione delle minoranze cristiane. Onore, dunque, ai silenziosi artefici della pax vietnamita.

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