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La pausa pranzo? A lezione di migrazioni forzate

Fondazione Zoé invita 200 dipendenti del distretto produttivo di Bresso, compreso il colosso farmaceutico Zambon, ad ascoltare il portavoce dell'Oim, Organizzazione internazionale delle migrazioni, e il fotografo che scatta le foto da ogni frontiera europea di terra e di mare per l'Agenzia Onu dei rifugiati. "La conoscenza può abbattere ignoranza e paure", spiega la presidente della fondazione, che espone anche gli scatti di Malavolta fino al 16 luglio a Palazzo Chiericati a Vicenza

di Daniele Biella

“Senza conoscenza, l’ignoranza dà spazio alle nostre paure, all’ansia di non sapere guardare i profughi per quello che sono: persone”. Sta tutto in queste parole di Elena Zambon, presidente di Fondazione Zoé, il significato di una scelta inedita quanto – si può sperare – pioniera: fare formazione aziendale entrando nel vivo di un tema di attualità che mette la società di oggi in gioco più che mai, ovvero il dramma di chi fugge da guerre e persecuzioni e la necessità di un’accoglienza seria e rispettosa dei diritti di tutti.

“Almeno 200 lavoratori hanno potuto capire quello che accade dalla voce diretta di chi è coinvolto nei salvataggi: Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Oim, Organizzazione internazionale delle migrazioni, ha fornito dati numerici ed economici dettagliati, mentre Francesco Malavolta, fotografo di varie agenzie umanitarie come Oim e Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i diritti umani, ha raccontato cosa vede dall’altra parte della macchina fotografica nei momenti degli sbarchi o quando deve documentare dei naufragi”, spiega Consuelo de Gara di Fondazione Zoé, che sta per Zambon open education. L'incontro ha coinvolto personale dell’azienda da cui nasce la stessa Fondazione, ovvero la multinazionale farmaceutica Zambon Group, e dipendenti di altre ditte del distretto industriale di Bresso, alle porte di Milano, dove l'azienda ha una delle sue sedi (quella centrale è a Vicenza). “Nel mettere a disposizione fonti di prima mano, abbiamo voluto lasciare un segno nel percorso personale di ognuno dei presenti: poi ognuno andrà avanti sulla propria strada, con le proprie idee, ma dopo essersi reso conto che i profughi non sono massa ma persone, e quanto accade non è cronaca ma Storia”, indica De Gara.

“E’ stata un esperienza intensa, mi auguro che altre aziende seguano l’esempio”, riporta Malavolta dopo il suo intervento, “testimoniare direttamente quanto accade è utile per coinvolgere le persone e fare vedere loro che si è tutti coinvolti in quello che sta accadendo. Sono 20 anni che scatto fotografie, fin da quando, a 18 anni, nel pieno dell’esodo albanese in Italia, ho cercato di conoscere e capire perché molti migravano dai luoghi in cui erano nati”. Oggi il fotografo di origini calabresi gira le frontiere europee di terra e di mare con l’obiettivo sempre aperto: “vado spesso incontro a momenti difficili, a storie drammatiche. Mi ricordo come fosse ieri la tragicità e il silenzio assordante dell’aeroporto di Lampedusa quando arrivarono nelle bare i 366 morti nel naufragio del 3 ottobre 2016”, riprende Malavolta, “fare quello foto ha significato fare vedere al mondo intero quanto fosse abominevole una strage nel mar Mediterraneo”.


i profughi non sono massa ma persone, e quanto accade non è cronaca ma Storia

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Le opere di Malavolta sono esposte nel Palazzo Chiericati di Vicenza – il capolavoro palla diano che ospita il più importante museo d'arte della città – fino al 16 luglio nella mostra Popoli in movimento – Migranti alle porte dell’Europa che la stessa Fondazione Zoé ha curato con Spaziobad e il Comune di Vicenza: 50 scatti che arrivano direttamente al cuore (in copertina e nella gallery se ne possono vedere alcune). “L’incontro con i dipendenti e la mostra sono la conclusione di un percorso triennale che la Fondazione ha portato avanti in differenti direzioni – invitando a parlare anche Stefano Boeri, Sergio Staino, Tomaso Montanari – puntando a trattare argomenti di attualità nel vivo, superando pregiudizi e luoghi comuni, partendo dai temi legati alla salute e arrivando all’incontro con il diverso”, spiega de Gara, curatrice della mostra. “La cultura è un ponte di comprensione in cui la fotografia, l’arte possono essere protagoniste, per il bene della nostra società”, aggiunge la presidente di Fondazione Zoé.

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