Formazione
La paura di amare
I "cowboy gay" di Ang Lee: più tenerezza che scalpore
I segreti di brokeback mountain
di Ang Lee, Usa
con Jake Gyllenhaal e Heath Ledger
E poi? ci sono i condizionamenti sociali. Due uomini che vivono insieme (o vorrebbero ma proprio per la paura dei condizionamenti sociali non lo riescono a fare) – orrore e disprezzo; che «raccolgono margheritine» – patetici; che si amano – tradimento.
Ecco appunto: ?poi? ci sono i condizionamenti, le convenzioni, i pregiudizi. Ma arrivano dopo. È il prima il vero e più forte argomento di questo film di Ang Lee: I segreti di Brokeback Mountain racconta ciò che accade quando ?prima? non si accetta l?amore. Cioè non ci si legittima ad accogliere quello che di eccessivo, spiazzante e talvolta terribile l?amore può racchiudere. L?esporsi, l?esprimersi, il darsi: momenti che ci riconducono tutti allo stesso ?prima?.
È appunto quanto non sanno fare i due protagonisti di questa relazione più che ventennale. Li vediamo all?inizio annusarsi diffidenti; parlarsi del più e del meno in una seconda fase e poi concedersi brevi istanti di affettività nel corso degli anni, fuggendo dai rispettivi matrimoni. Si sono ritagliati un loro spazio, il Brokeback Mountain del titolo appunto, e lì, nella solitudine più completa, cercano di vivere la relazione che in fondo non hanno saputo accogliere. Certo, ciascuno al suo modo. Egualmente paralizzati. Che il tempo passi lo capiamo da piccoli dettagli (i baffi, le automobili, gli abiti), mentre la natura che li ospita è sempre uguale, cristallizzata come loro. Ed è forse per questo che il regista accompagna il racconto con una scelta così estetizzante.
Il loro Wyoming – campi lunghi e lunghissimi, bellezza mozzafiato – è la cartolina illustrata nella quale i due vivono il pathos del loro non amore. Una cartolina che fa quasi da contrappasso (al loro stato d?animo) e da compensazione (al loro desiderio). Mentre la ?civiltà? è per lo più ritratta con uno sguardo critico: un?America ancora una volta vista nei suoi lati meno affascinanti, rudemente volgari se non proprio squallidi.
Come si vede, un film senz?altro più complesso rispetto alla definizione di comodo spesso accolta dalla pubblicistica, la storia dei cowboy gay. Una pellicola che peraltro qualche difetto ce l?ha (una certa lentezza nella prima parte, un eccesso di patetismo qua e là), accanto al merito di aver voluto esplicitare un tema generalmente lasciato fra le righe, avvalendosi del personaggio più ?fondativo? per la cultura americana, il cowboy, macho dei boschi e delle praterie. Per la cronaca: non è la prima volta che questo avviene. Ci aveva già pensato, nel 1968, Andy Warhol realizzando Lonesome Cowboys.
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