Oltre la pena

La pasta della speranza: ecco a cosa servirà l’ultima donazione di papa Francesco

Ecco la storia del pastificio Futuro, nato nell'istituto penale minorile di Casal del Marmo nel 2013 dopo la visita di Bergoglio. A loro papa Francesco, poco prima di morire, ha fatto una donazione di 200mila euro. Il cappellano Nicolò Ceccolini: «Useremo i soldi per il mutuo, ma il Papa ci ha dato soprattutto una grande iniezione di fiducia»

di Ilaria Dioguardi

Dodici anni fa Papa Francesco andò a visitare l’istituto penale minorile–Ipm “Casal del Marmo” di Roma. All’allora cappellano padre Gaetano Greco disse che occorreva «dare non solo una casa ai ragazzi, ma anche un lavoro. Per non farsi rubare la speranza». Dal 2017 cappellano del carcere minorile è don Nicolò Ceccolini che, due anni fa, quando Bergoglio tornò all’Ipm, gli fece benedire una prima trafila di pasta da vendere al pastificio Futuro: «Così si chiuse un cerchio», dice. Prima di morire, Francesco ha lasciato la sua ultima donazione di 200mila euro proprio a quest’azienda artigianale.

Don Ceccolini, come nacque il pastificio Futuro all’interno dell’istituto per minori Casal del Marmo?

L’idea del pastificio nacque dopo la prima visita del Papa nel 2013, quando venne la prima volta a Casal del Marmo per il Giovedì Santo. In quell’occasione Bergoglio disse a padre Gaetano Greco, che fu cappellano dell’Ipm dal 1982 al 2017, che occorreva «dare non solo una casa ai ragazzi, ma anche il lavoro. Per non farsi rubare la speranza». Così padre Gaetano cominciò a cercare all’interno del carcere un edificio dove poter fare qualcosa. Venne trovato questo stabile, abbandonato da una ventina d’anni, venne demolito e ricostruito ex novo, con l’idea di offrire lavoro ai ragazzi.

Soprattutto perché, dopo il 2014, ci fu la modifica legislativa che introdusse i giovani adulti nelle carceri minorili: i ragazzi con reati fatti da minorenni potevano restare negli Ipm dai 18 ai 25 anni. Si pose il grande problema di cosa far fare a tutti questi ragazzi. L’idea nacque per offrire lavoro ai maggiorenni. Per inaugurarlo ci vollero 10 anni di burocrazie e di accordi vari con il Dipartimento della Giustizia minorile.

Santità, quel sogno che aveva lanciato durante la prima visita, di offrire lavoro ai ragazzi per non farsi rubare la speranza, si è concretizzato. Gli facemmo benedire una prima trafila di pasta da mettere al pastificio. Il cerchio si chiuse

don Nicolò Ceccolini, cappellano a Casal del Marmo

Quando ha aperto il pastificio?

È da due anni che è attivo. L’inaugurazione ufficiale è stata a novembre 2023, ma già era aperto da qualche mese. Quando ritornò il Papa ad aprile di due anni fa, gli dissi: «Santità, quel sogno che aveva lanciato, durante la prima visita, di offrire lavoro ai ragazzi per non farsi rubare la speranza, si è concretizzato». Gli facemmo benedire una prima trafila di pasta da mettere al pastificio. Il cerchio si chiuse con la sua seconda visita.

Padre Gaetano Greco, cappellano dell’Ipm Casal del Marmo dal 1982 al 2017, e Papa Francesco durante la visita nell’istituto penale minorile del 2013

Finora quanti ragazzi ci hanno lavorato?

Nel pastificio sono passati una decina di ragazzi, sia dell’area penale esterna sia tra quelli detenuti a Casal del Marmo. Un ragazzo sta continuando a lavorare, anche dopo aver scontato la sua pena. Per un’altra ragazza è stato il trampolino di lancio per trovare un suo lavoro all’esterno, essere assunta e fare ciò per cui aveva studiato. Era arrivata al carcere che doveva ancora diplomarsi e, negli anni di detenzione, si è laureata in Psicologia: il pastificio è stato un passaggio intermedio. Lei aveva cominciato a entrare ed uscire dall’istituto grazie all’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario, usciva dal carcere per lavorare e rientrava la sera.

Futuro, un nome che dice già tutto.

Il nome è stato scelto perché questa sia una realtà che possa guardare al di là delle mura di cinta, che permetta di progettare qualcosa per il dopo. Il Papa, nel 2013, diede una spinta a questo progetto, la sua è stata una continua attenzione al mondo del carcere. Un mondo che è invisibile e fa notizia solo quando ci sono i problemi.

La notizia di questa donazione che il Papa ha lasciato a pastificio Futuro, di 200mila euro, com’è stata accolta?

Con grande gioia. Il Papa ha dato un sostegno, oltre che economico, morale e spirituale. Ha dato al progetto una grande iniezione di fiducia. Mentre per alcuni ragazzi il percorso è stato positivo, altri non hanno saputo cogliere l’opportunità: sono rientrati in carcere, oppure uscivano dall’istituto per venire a lavorare ma la direzione ha deciso di non farli più uscire perché avevano avuto un comportamento sbagliato.

Il nostro progetto non ha solo lo scopo di dare lavoro ai ragazzi, ma anche di far loro riscoprire una dignità: si viene educati a una vita nuova, alla cura di sé

don Nicolò Ceccolini

È chiaro che il nostro progetto non ha solo lo scopo di dare lavoro ai ragazzi, ma anche di far loro riscoprire una dignità: si viene educati a una vita nuova, alla cura di sé. A fianco dei ragazzi c’è un’équipe di educatori e anche un esperto agronomo, che accompagnano i ragazzi nella produzione della pasta.

Come si pensa di utilizzare la donazione di Francesco?

La donazione serve per sanare parte del mutuo bancario che il pastificio ha contratto per sistemare la struttura. All’interno, i ragazzi curano tutti i passaggi, si è cercato il più possibile di rendere meno meccanici e industriali possibili i processi per poter assumere il più possibile. Noi potenzialmente potremmo assumere 20 ragazzi, sia del carcere che dell’area penale esterna. I ragazzi seguono tutta la produzione, dal mettere la farina dentro la macchina impastatrice fino all’impacchettamento e al deposito in magazzino, e anche alla consegna nei supermercati, nei luoghi dove la pasta viene richiesta.

I prodotti del pastificio dove si possono acquistare?

C’è un punto vendita interno, a cui le persone possono accedere dall’esterno per acquistare i prodotti. Poi è possibile l’acquisto online e su Roma e provincia alcune catene di supermercati – le principali sono Esselunga, Coop, Conadhanno dato la loro disponibilità a inserire la pasta nella propria offerta. Poi ci sono singoli operatori nel campo della ristorazione, che soprattutto in questo periodo si sono affacciati a noi con interesse.

Senza Francesco, il pastificio non ci sarebbe stato?

Il Papa ha messo il suo grande contributo, la sua forte presenza, la sua spinta ideale, morale, spirituale, la sua continua attenzione alle carceri. Poi c’è stata anche la tenacia, la forza che padre Gaetano ha avuto in questi anni nel portare avanti e concretizzare il progetto. Senza la spinta del Papa e senza la tenacia di padre Gaetano, che non si è lasciato scoraggiare dalle difficoltà, anche in termini di rapporti con l’istituzione, il pastificio non ci sarebbe stato. Tutto è nato grazie ai fondi della Caritas Italiana e al contributo dell’8 per mille della Cei. Se non ci fosse stato questo coinvolgimento diretto non sarebbe nato nulla.

E ora quanti ragazzi lavorano nel pastificio?

Adesso, compresi gli educatori, sono in tutto una decina di persone e i ragazzi sono solo tre. Avendo noi il carcere minorile di Casal del Marmo come bacino principale in cui prendere il personale, visti gli ultimi mesi molto burrascosi nell’istituto, c’è stata una grande difficoltà. A volte mi sembra che l’istituzione carceraria sia miope di fronte a certe risorse che potrebbe impiegare, che potrebbe mettere in campo per cogliere le opportunità che ci sono. C’è un grande impegno, un grande dispendio di energia anche in questo gesto del Papa, però vediamo che non viene colta l’importanza, da chi dovrebbe coglierla.

Bisogna dare ai ragazzi non solo una casa, ma anche un lavoro, per non farsi rubare la speranza

Papa Francesco

Secondo me il problema principale è legato a questioni organizzative interne al carcere. I ragazzi che lavorano, quelli più meritevoli, quelli che escono grazie all’articolo 21, i “permessanti” dovrebbero essere in una zona del carcere a parte, non a contatto con tutti gli altri. Perché altrimenti il rischio è di vivere sempre sotto ricatto degli altri detenuti, invece potrebbero fare una vita più tranquilla e serena. Ma è una decisione che deve essere presa dall’istituzione. Finché non si crea una separazione di questo tipo, anche il pastificio ne risente perché dal carcere, se la situazione continua a essere questa, non si riescono a prendere altri ragazzi per il momento. Ma il pastificio esiste per i ragazzi, non per noi.

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Foto Pastificio Futuro. In apertura, Papa Francesco benedice la prima trafila di pasta, nel 2023

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