Welfare

La pasta al pomodoro unificò l’Italia più del Manzoni

A tavola con Gino Girolomoni.

di Gino Girolomoni

Alla fine dell?800 tra i deputati italiani sorse un dibattito sul dover contribuire all?unificazione anche con la cucina, in quel momento così variegata tra nord-est, nord-ovest, centro, sud e isole. Rispose a quest?esigenza l?opera di Pellegrino Artusi La scienza in cucina, nella quale il figlio del droghiere di Forlimpopoli fuse elementi della cucina napoletana e siciliana, inventò nuove ricette, e soprattutto scartò le ricette troppo povere e troppo sontuose, adeguando i gusti più piccanti a una media accettabile. Ma il successo di quest?opera si spiega meglio se si tiene presente che l?Artusi s?inserì in un periodo di decadenza della cucina italiana, tutta regionale o francesizzante. Artusi santifica l?uso del pomodoro quale condimento principe dalla pasta. Di lui Piero Camporesi afferma: «bisogna riconoscere che La scienza in cucina ha fatto per l?unificazione nazionale più di quanto non abbia fatto Alessandro Manzoni con I Promessi Sposi e che i gustami artesiani sono riusciti a creare un codice di identificazione nazionale». Per il grano, invece, si recupera quello che l?imperatore Vespasiano aveva introdotto nelle nostre contrade importandolo dalla Crimea: il grano duro. Alla fine dell?800 si va a ricercare proprio quel grano dal nome leggendario per i pastai Taganrog, che conteneva nientemeno che il 20 % di sostanze azotate totali e il 17 % di glutine sul secco. Il suo apparato genetico era diverso dagli altri grani con 28 cromosomi contro 42 e una gran capacità d?assorbire e tenere la cottura.


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